La fermentazione spontanea degli impasti è una tecnica che sfrutta i microrganismi naturalmente presenti nell'ambiente per dare vita a pane e pizza senza l'aggiunta di lieviti commerciali. Devi fare molta attenzione se vuoi provare a farla perché ci sono diversi rischi per la salute. Non a caso i pizzaioli che la mettono in pratica si contano sulle dita di una mano e sono professionisti riconosciuti e stimati a livello mondiale.
È sempre più di moda ultimamente, forse anche a causa dell'ingiustificata fobia per il lievito, quindi cerchiamo di capire insieme una volta per tutte cos'è la fermentazione spontanea degli impasti. Si tratta di una tecnica affascinante e praticamente inapplicabile a livello professionale, ma molto divertente da eseguire a casa , anche se non sempre consigliata e sicura. Questo perché quando parliamo di fermentazione spontanea ci riferiamo a un processo in cui l'impasto lievita grazie all'azione dei lieviti e dei batteri presenti nell'ambiente, quindi tutto ciò che c'è nell'aria e nella farina.
Si parla di fermentazione spontanea quando nell'impasto non usiamo né lievito di birra né lievito madre. Ma come fa a lievitare la nostra pizza? Questo processo avviene attraverso la proliferazione di microrganismi autoctoni, che si insediano nell'impasto e innescano la fermentazione lattica e acetica. A differenza della lievitazione controllata con agenti esterni, la fermentazione spontanea segue i suoi tempi, influenzata da fattori come temperatura, umidità e qualità delle materie prime. Proprio per questo motivo non si può fare in pizzeria e solo pochissimi pizzaioli, tutti molto bravi ed esperti in materia, riescono a riproporre queste tecniche su larga scala.
In un certo qual modo possiamo paragonare la fermentazione spontanea al metodo ancestrale dei vini. È probabilmente il primo metodo di lievitazione scoperto dall'uomo, quindi possiamo vederla come un ritorno alle origini della panificazione. Un processo che richiede passione, conoscenza e rispetto per i tempi della natura, ma che sa regalare grandi soddisfazioni a chi lo pratica. Fare la fermentazione spontanea è difficile perché vai a creare un vero e proprio ecosistema in cui convivono diverse specie di lieviti e batteri, che interagiscono tra loro e con gli ingredienti dell'impasto, dando origine a sapori unici e irripetibili ma non per questo necessariamente piacevoli. Questa tecnica ti permette di creare un mondo, ma non è detto che poi gli abitanti di questo mondo ti piacciano. Proprio come avviene col vino naturale: non sempre ciò che senti poi è ciò che vorresti assaporare. È comunque un metodo che sta tornando in auge tra gli appassionati di panificazione e pizza, grazie alle sue peculiarità aromatiche e alla digeribilità che conferisce ai prodotti finali. Questo non significa che sia una buona notizia: la fermentazione spontanea può essere anche pericolosa per la salute, perché permettere la proliferazione batterica in ambienti comuni non è una cosa priva di rischi, non va presa sottogamba.
Perché è così complessa? La difficoltà sta proprio nello "starter" iniziale: a differenza del lievito di birra, che contiene una singola specie di lievito (Saccharomyces cerevisiae), la fermentazione spontanea coinvolge una varietà indefinita di microrganismi, tra cui diverse specie di lieviti e batteri lattici. Questi microrganismi producono acidi organici, come l'acido lattico e l'acido acetico, che contribuiscono modificare il pH dell'impasto, migliorandone la conservazione e conferendo al pane e alla pizza un sapore leggermente acido e aromatico. È un processo più lento e delicato rispetto alla lievitazione con lievito di birra. Richiede tempo, cura e una buona dose di esperienza per gestire al meglio l'impasto e ottenere risultati ottimali.
Stando a quanto scrive Consultapizza "un impasto a fermentazione spontanea nasce dalla contaminazione naturale di una miscela di acqua e farina e da batteri e lieviti liberi in atmosfera, quindi con lieviti e batteri autoctoni endogeni ed esogeni, che si instaurano nell’ impasto attraverso metodi ben precisi". Questi metodi sono il "water roux" o tang zhong , un antico metodo cinese; l'idrolisi degli amidi del grano spezzato; la pregelatinizzazione dei semi; la farina di segale; le fermentazioni di acqua e frutta. Sono tutte efficaci ma vediamole nel dettaglio.
Il tang zhong, conosciuto anche come "water roux", è un metodo di origine asiatica, perfezionato e diffuso in Occidente dalla food blogger Yvonne Chen. La sua popolarità è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni, grazie alla sua capacità di migliorare la consistenza e la durata del pane fatto in casa. Si tratta di un pre-impasto a base di acqua e farina, cotto a una temperatura di 65°C. Questa cottura trasforma l'amido della farina in un gel che, una volta raffreddato e aggiunto all'impasto principale, conferisce al pane una sofficità e un'elasticità straordinarie.
Non è difficilissimo da fare ma devi essere estremamente preciso. La proporzione ideale è di 1:5, ovvero 1 grammo di farina 00 per 5 grammi di acqua. Farina e acqua vengono mescolate e scaldate a fuoco dolce fino a raggiungere la temperatura di 65 °C. A questo punto, il composto si trasforma in un gel denso e lucido. Può essere realizzato anche con farine integrali o grani antichi, utilizzando una proporzione di 1:5 tra grano spezzato e acqua. In questo caso, la temperatura di cottura è di 90°C, per ottenere un gel che può essere conservato in frigorifero per una settimana e utilizzato come aggiunta all'impasto principale, per migliorarne la lievitazione e la struttura. I risultati danno una struttura più ariosa, una maggiore durabilità e un impasto più facile da modellare.
L'idrolisi è un processo di trasformazione durante il quale l'amido, un carboidrato complesso, viene scomposto in molecole più semplici, come l'amilopectina, l'amilosio e soprattutto il maltosio. Questa reazione chimica produce monomeri di glucosio, un segnale che l'idrolisi è avvenuta con successo. Si fa prendendo la farina di grano spezzato a cui devi aggiungere il sale e acqua quasi bollente, deve stare sui 90-95 °C. Una volta avuta la reazione chimica l'impasto deve riposare per un periodo di tempo che può variare tra le 18 e le 20 ore, a una temperatura di 20-24 °C. Durante questo riposo, l'impasto si arricchirà di aromi e sapori complessi, grazie all'azione dei lieviti e dei batteri presenti nell'ambiente. Trascorso il tempo di riposo, si aggiungono il sale e la farina restante per completare la ricetta. L'impasto viene quindi lavorato, si fanno le pieghe a tre per favorire lo sviluppo del glutine e l'incorporamento di aria, e si lascia riposare per altre 12 ore. Infine, si procede allo staglio delle pagnotte, che vengono lasciate lievitare fino al completamento del ciclo. Il principio chimico i base è identico al water roux ma questo viene fatto a caldo, quello viene fatto a freddo.
Semi di lino, di chia, di salba chia, di grano, di orzo o di farro messi a germogliare in un'acqua che diventa così pregelatinizzata. Dopo circa 48 ore, i semi avranno iniziato a germogliare e l'acqua sarà diventata un ambiente ideale per la fermentazione spontanea. A questo punto, entrano in gioco i microrganismi presenti nell'aria, lieviti e batteri autoctoni che si nutrono degli zuccheri presenti nei semi e nell'acqua, innescando una fermentazione naturale. Questo processo trasforma i semi e l'acqua in un vero e proprio "lievito naturale", ricco di enzimi e sostanze nutritive.
La tecnica è molto complessa: per ottenere una buona contaminazione e un impasto ricco di sapori, è fondamentale far fermentare l'impasto in massa in un mastello a una temperatura di 27-28 °C. Durante questa fase, si eseguono dei "folds", ovvero delle pieghe triple e doppie rovesciate, per favorire lo sviluppo del glutine e l'incorporamento di ossigeno, essenziale per la riproduzione dei microrganismi. Una volta che l'impasto ha raddoppiato il suo volume, si può procedere allo staglio delle pagnotte, che vengono lasciate lievitare per altre 24 ore a una temperatura di 24 °C. Questo processo di lievitazione lenta e naturale permette al pane di sviluppare un sapore intenso e complesso, con una crosta croccante e una mollica soffice e ariosa.
L'acqua fermentata si prepara con acqua, frutta (preferibilmente mele, ma anche altra frutta come uva, prugne o cachi) e miele (o zucchero). La frutta va lavata, tagliata a pezzi e messa in una bottiglia con acqua e miele. La bottiglia va agitata e lasciata riposare per 5-7 giorni a temperatura ambiente, avendo cura di aprirla due volte al giorno per far uscire i gas e agitarla. L'acqua sarà pronta quando si scurirà, si formeranno bollicine e la frutta galleggerà. A quel punto va filtrata con un colino e conservata in frigo in un barattolo di vetro. L'acqua fermentata va rinfrescata circa una volta a settimana aggiungendo acqua, mela e miele, agitando e lasciando riposare per due giorni.
Può essere usata in due modi: come base per creare un lievito madre (mescolando pari quantità di acqua fermentata e farina e lasciando lievitare fino al raddoppio) oppure aggiungendola direttamente all'impasto (seguendo le dosi del lievito di birra e ricordando che la lievitazione sarà più lunga). È adatta a qualsiasi preparazione lievitata, sia dolce sia salata, e conferisce un sapore lievemente fruttato.
I benefici di questo tipo di impasti si limitano al sapore con aromi complessi con note lattiche e acidule. È un impasto estremamente difficile da gestire, che a livello professionale viene fatto solo da Renato Bosco di Saporè a Verona, da Salvatore Kosta di Kore a Torre Annunziata e da pochissimi altri pizzaioli e panettieri. È altamente sconsigliabile farlo in pizzeria e se leggi "impasto con lievitazione spontanea" in menu è probabile che ti trovi davanti a una frode. Quindi occhi aperti.
Le colture preparate in ambienti poco adeguati e gestiti da professionisti senza alcuna formazione in materia di microbiologia sono sconsigliabili. La natura di questi impasti rende "pericoloso" tutto il processo di panificazione perché è incontrollato e questo crea dei rischi per la salute. È una moda che sta uscendo fuori a causa della bolla del business del senza lievito e della psicosi sui lieviti che leggiamo sempre più spesso online. Tra l'altro se prendiamo tre impasti fatti alla perfezione, uno a fermentazione spontanea, uno col lievito madre e uno col lievito di birra, le differenze non sono così evidenti:
Caratteristica | Fermentazione spontanea | Lievito madre | Lievito di birra |
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Microrganismi | Lieviti e batteri ambientali | Coltura di lieviti e batteri selezionati | Saccharomyces cerevisiae |
Tempo di lievitazione | 24-48 ore | 12-48 ore | 2-24 ore |
Sapore | Aromi complessi, note acidule | Sapore acidulo, aromatico | Gusto neutro |
Digeribilità | Molto elevata | Elevata | Elevata |
Conservazione del prodotto | Lunga | Lunga | Media |
La fermentazione spontanea è quindi un processo più lento e delicato rispetto alla lievitazione con lievito di birra o lievito madre. Richiede tempo, cura e una buona dose di esperienza per gestire al meglio l'impasto e ottenere risultati ottimali. Non è sempre consigliata e, a prescindere, non può essere "venduta" come pizza/pane "senza lievito". Non solo perché il lievito, poverino, non va demonizzato ma soprattutto perché il lievito c'è anche in questo caso, si tratta solo di lieviti differenti da quelli a cui siamo abituati ad associare all'alimentazione.