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25 Settembre 2025 16:00

Cos’è il salak o snake fruit: com’è fatto e come usare il “frutto serpente”

Arriva dall'Indonesia, dov'è originario e molto popolare: si caratterizza per una buccia squamosa marrone e la polpa dolce e acidula, da gustare come una mela. Un frutto ancora poco diffuso in Occidente che sembra avere anche delle ottime proprietà benefiche.

A cura di Federica Palladini
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Il mondo della frutta esotica riserva sempre delle belle sorprese per chi è appassionato di cucina, ma non solo. Gli assaggiatori più curiosi, tra jackfruit, carambole e durian, potrebbero presto annoverare nella loro lista anche il salak, conosciuto come snake fruit, ovvero “frutto serpente”. Ma non c’è da aver paura: il termine non rimanda a nessun tipo di veleno o di pericolosità. La denominazione ha a che fare con la buccia, che appare squamosa come quella di un rettile. Le somiglianze si fermano qui, perché la polpa è profumata, soda, dolce e acidula al tempo stesso, molto gradevole e apprezzata in Indonesia, la sua patria, dove si consuma fresca o in veste di ingrediente per preparazioni dolci e salate. Conosciamolo meglio.

Che cos’è il salak?

Diffusissimo in Asia, specialmente in Indonesia, il salak è il frutto della Salacca zalacca, una palma originaria dell’Indonesia – in particolare delle isole Giava e Sumatra – che appartiene alla famiglia delle Arecaceae: una pianta che resta piuttosto bassa, dalle foglie però lunghissime – arrivano a 6 metri – e che produce caratteristici frutti a grappolo dalla forma ovale, leggermente appuntita, simile a quella di un fico, anche nelle dimensioni. All’esterno di presenza con una buccia fine, piuttosto tenace, composta da scaglie sovrapposte di colore marrone-ramato che fanno immediatamente pensare alla pelle di un serpente: da qui il nome internazionale di snake fruit.

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Una volta tolto l’involucro, troviamo la polpa: è carnosa, compatta, bianco-avorio, coperta da una pellicina chiara, quasi trasparente (che non serve rimuovere) e che contiene tre sezioni differenti, che si potrebbero paragonare a dei grossi spicchi di aglio. Al loro interno, proprio come una matrioska, ecco apparire un grosso seme scuro, duro e non commestibile. Solo la polpa, infatti, è edibile: compatta e croccante, è dolciastra e aromatica, asprigna, con note che ricordano l’ananas, la banana, gli agrumi e il miele. Da sapere: stiamo parlando di una pianta che è una vera e propria star dell’area indonesiana e ce ne sono più di 30 cultivar diverse. Una delle più famose è la Gula Pasir balinese, tra le più pregiate grazie ai suoi frutti piccoli, tondeggianti, succosi e particolarmente zuccherini.

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Come si mangia il “frutto serpente”?

Nei mercati di strada di Bali è molto facile imbattersi nel salak: lo si trova in grappoli o venduto singolarmente all’interno di cassette e ceste. Un po’ come la nostra mela, è uno di quei frutti passepartout che viene mangiato fresco, sbucciato e consumato come snack in quanto molto dissetante. Abbiamo accennato prima alla durezza della buccia che, però, essendo sottile si toglie con facilità: afferra lo snake fruit dalla parte più stretta, giralo piano verso destra e verso sinistra e la scorza farà delle crepe che ne agevolano la rimozione completa. Sempre fresco, il salak arricchisce macedonie tropicali, magari affiancato al mango e alla pitaya (altra scenografica delizia esotica, detta anche frutto del drago); per ricette sfiziose si può affettare e friggere o essiccare, per realizzare delle chips, oppure caramellare, ma anche frullare in smoothies – per esempio con il latte di cocco – o in dessert stile pudding, abbinandolo alle spezie, tipo il cardamomo. Nell’universo del salato, viene usato per profumare curry da abbinare a carne e pesce o cucinato in chiave stir-fry in padella, per aggiungere una nota acidulata e si conserva sottaceto, per condire insalate.

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I benefici del salak: un frutto da scoprire

Allo snake fruit sono attribuite tradizionalmente diverse proprietà benefiche, che lo accomunano alla gran parte della frutta tropicale. In particolare, alcuni studi relativamente recenti hanno contribuito a sottolineare la presenza di antiossidanti che lo renderebbero un ottimo alleato per l’organismo, utile per combattere l’invecchiamento cellulare. Povero di calorie (se ne contano circa 82 in 100 grammi), ricco di vitamina C, A (retinolo), beta carotene e flavonoidi rafforza il sistema immunitario e protegge la vista. Inoltre, sempre grazie agli antiossidanti supporterebbe la salute del cuore, prevenendo lo sviluppo di malattie legate all’apparato cardiocircolatorio.

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Si tratta di un alimento ancora poco esplorato scientificamente rispetto ad altre specialità esotiche più note a livello globale – tipo ananas e papaya – di cui si stanno valutando non solo le virtù della polpa, ma anche quelle della buccia, normalmente scartata e che contiene composti come alcaloidi, triterpenoidi, saponine, tannini e flavonoidi, potenzialmente vantaggiosi a scopo terapeutico, in funzione, tra le tante, antibatterica, antinfiammatoria, antivirale e anti-age.

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