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21 Febbraio 2023 13:00

Cos’è il Pranzo del Purgatorio: a Gradoli il pasto benefico che coinvolge 1600 persone

Si chiama Pranzo del Purgatorio e affonda le sue radici molto indietro nel tempo. Le origini si fanno risalire al 1500 e, oggi come allora, tutto è mosso da finalità sociali e benefiche. Si tratta di un pranzo preparato da 90 persone e condiviso da quasi 1600 commensali. Che si portano le posate da casa...

A cura di Alessandro Creta
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Dalla pagina Facebook Fratellanza del Purgatorio

Non si tiene in una data precisa ma viene organizzato in occasione di ogni Mercoledì delle ceneri. E dopo la pausa forzata causata dal Covid torna in questo 2023 (in data 22 febbraio), rinnovando una tradizione capace di perdurare, con rarissime eccezioni, da 5 secoli. Spostiamoci a Gradoli, un paesino di 1200 abitanti della provincia di Viterbo, alla scoperta del Pranzo del Purgatorio.

Il Pranzo del Purgatorio torna dopo il Covid

Non si è tenuto per 3 anni consecutivi ma in questo 2023 torna l'appuntamento con il Pranzo del Purgatorio.

La pandemia dal 2022 al 2022 ha interrotto una secolare tradizione che, nella Tuscia, rappresenta una delle principali occasioni sociali, solidali e legate alla gastronomia del territorio.

Per risalire alle origini del Pranzo del Purgatorio, infatti, bisogna tornare molto indietro nel tempo, almeno al 1500, quando una fratellanza composta da cittadini locali durante ogni Mercoledì delle ceneri iniziò a prendersi direttamente cura delle persone in difficoltà.

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Gradoli, paesino a pochi chilometri dal lago di Bolsena

Alla base di tutto un forte retaggio solidale e benefico sulle sponde nord occidentali del lago di Bolsena, consolidatosi a tal punto da sopravvivere ancora oggi: una tradizione che, in epoca pre Covid, aveva “bucato” l’appuntamento in appena due occasioni su 5 secoli. E finalmente per la prima volta dal 2019 a Gradoli si torna a stare tutti insieme per celebrare questa occasione. Nel 2020, previsto per il 26 febbraio, il Pranzo venne cancellato pochi giorni prima del “tutti a tavola”, portando gli organizzatori a offrire alla comunità locale tutta la merce in cambio di un’offerta minima pari al prezzo di acquisto.

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Il lago di Bolsena

Per capire la rilevanza storica di questa tradizione basti pensare che, in quasi mezzo millennio, il pranzo non si è tenuto solamente in pochissime circostanze del tutto eccezionali. La prima nel 1809, per protesta della popolazione locale (Gradoli al tempo era sotto lo Stato pontificio) contro l’esilio di Pio VII dopo l’ingresso delle truppe francesi di Napoleone a Roma. Nel 1944 per le vicende belliche e, per l’appunto, dal 2020 al 2022 a causa della pandemia.

Che cos’è e quando si svolge il Pranzo del Purgatorio

Oggi, di primo impatto, impossibile non considerare il Pranzo del Purgatorio come una ricorrenza prettamente legata alla gastronomia, nello specifico alla tradizione cibaria del territorio. Il menu, infatti, si compone (ci piace parlare al presente) di materie prime locali (le vedremo tra poco) e abbondanti porzioni per gli oltre 1600 commensali in arrivo anche da Toscana e Umbria. Tutti a tavola all’interno della cantina sociale di Gradoli.

Scavando più a fondo però scopriamo come la valenza di questa tradizione sia non solo gastronomica, e ci mancherebbe altro, ma prima di tutto solidale. Oggi come 500 anni fa, periodo in cui si fa risalirne l’origine, alla base dell'usanza permane una motivazione benefica. Se, da una parte, sembra che qui nel Medioevo le famiglie più ricche fossero solite, una volta l’anno, offrire dei pasti ai poveri nella speranza di guadagnarsi (se non il Paradiso) quantomeno il Purgatorio, è più certo invece come nel 1500 questa tradizione abbia iniziato a prendere effettivamente piede.

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I membri della Fratellanza del Purgatorio, nel tipico saio marrone – Dalla pagina Facebook Fratellanza del Purgatorio

In quell’epoca infatti un’associazione solidale, chiamata Opera Pia per il Suffragio delle Anime del Purgatorio, inizia a raccogliere in occasione del Mercoledì delle ceneri fondi e beni per le famiglie più bisognose della zona. Questo rito si è mantenuto nei secoli, anche se l’Opera Pia ha cambiato il suo nome in Fratellanza del Purgatorio. La sostanza, però, è rimasta la stessa.

Oggi la mattina del Giovedì grasso i membri dell’associazione (una novantina, tutti uomini) si recano per le vie di Gradoli a raccogliere fondi che possano, quantomeno in parte, finanziare il pranzo. Non solo soldi ma anche beni alimentari, rivenduti a loro volta in un’asta (documentata già nel 1729) tenuta nella piazza del paese il Martedì grasso, giorno prima dell’appuntamento più atteso.

Terminata l’asta, insomma, è tempo di pensare esclusivamente all’organizzazione di uno dei pranzi più partecipati ai quali possiate mai prendere parte. Come detto, infatti, sono circa 1600 le persone ad accomodarsi a tavola, in attesa di assaporare piatti e prodotti strettamente territoriali.

Chi cucina al Pranzo del Purgatorio

Ma chi sono gli addetti a preparare il cibo per tutti i commensali? I membri della Fratellanza del Purgatorio si fanno carico di ogni cosa: dalla raccolta dei fondi sopra citata sino all’organizzazione vera e propria del pranzo. Se gli ospiti iniziano a sedersi a tavola verso le 13, i confratelli si recano presso la cantina sociale alle 3 del mattino, quando vengono accesi i primi fuochi. Tutto, infatti, è cotto in grandi pentoloni (degli enormi paioli) sistemati su fiamme alimentate da circa 50 quintali di legna.

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Dalla pagina Facebook Fratellanza del Purgatorio

Un momento di break attorno alle 10 del mattino, quando ci si ferma (pochi minuti) per fare colazione. A base di pane, focacce, formaggi e pesce fritto. Poi veloci di nuovo in cucina.

Si tratta, inoltre, di una tradizione prerogativa maschile: solo gli uomini infatti fanno parte della Fratellanza, e addirittura fino alla metà del 1900 le donne non potevano nemmeno partecipare al pranzo.

Cosa si mangia al Pranzo del Purgatorio

Se, dal punto di vista spirituale, il Purgatorio è simbolo di attesa ultraterrena dell’anima che ambisce al Paradiso, in questo caso parliamo di un’aspettativa ben più fisica, materiale, legata prettamente al cibo e al servizio. Impossibile dopotutto il contrario: sono più di 1500 i commensali raccolti all’interno dell’enorme cantina sociale e sistemati su lunghissime file di tavoli. Se, insomma, vi spazientite facilmente quando al ristorante una portata impiega quei 5-10 minuti in più per arrivare al tavolo, forse il Pranzo del Purgatorio non fa per voi. Ma, assicuriamo, ne vale la pena.

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Dalla pagina Facebook Fratellanza del Purgatorio

Detto ciò passiamo dunque alla parte prettamente gastronomica di questa tradizione: cosa si mangia durante il pranzo? Il menu, va detto, è lo stesso da che se ne abbia memoria e comprende 250 kg di fagioli locali (piccoli e bianchi, detti per l’appunto del Purgatorio), 600 kg di lucci (preparati in umido), naselli (fritti) e baccalà (bolliti), oltre a 60 chili di tinca. La cui ricetta della zuppa è rigorosamente tenuta segreta dai pochi addetti alla sua cottura. A chiudere il pasto, comprensivo anche di minestra di riso, una mela.

Una delle particolarità del pranzo? I commensali devono portarsi da casa pane, posate, piatti e vino. Sembra strano, ma è una tradizione anche questa.

Quanto costa partecipare al Pranzo del Purgatorio

Seppur nel corso degli ultimi anni il prezzo per partecipare al pranzo sia leggermente aumentato, il costo del biglietto è davvero irrisorio. Considerando, almeno, tutto il lavoro che c’è dietro l’organizzazione e la messa in pratica di questo rito. Per prendere parte al pranzo il ticket è solitamente acquistabile tramite il sito della Pro Loco di Gradoli a una cifra di poco inferiore a 30 euro.

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L’interno della cantina sociale – Dalla pagina Facebook Fratellanza del Purgatorio

E, dopo tutto ciò, cosa rimane a fine giornata? Da parte dei commensali, sicuramente, il senso di sazietà nonché la gioia di aver partecipato a un rituale storico e dal grande valore solidale. Da parte dei confratelli le facce stanche, le mani consumate e le fronti sudate di chi per quasi 12 ore è rimasto davanti al fuoco, addetto alla preparazione delle vivande. Ma con l’espressione soddisfatta e felice di aver rinnovato, ulteriormente, una tradizione di mezzo millennio. E, soprattutto, di aver fatto del bene in prima persona.

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Quello che i piatti non dicono
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