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23 Aprile 2025
16:08

Cosa sono i cocktail sour: i drink equilibristi in bilico tra dolcezza e acidità

I cocktail sour sono tutti quelli che hanno un distillato, un agrume e una parte zuccherina. Tra i più famosi troviamo il Margarita e il Whisky sour.

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I cocktail sour sono una famiglia di drink formati da un distillato, solitamente whisky, il succo di limone e un dolcificante. Sono molto apprezzati e per il perfetto equilibrio tra la componente alcolica, l'acidità del succo di agrumi e la dolcezza dello sciroppo. Al posto del whisky si possono impiegare tutti gli altri distillati: anche il Margarita e il Sidecar sono cocktail sour senza l'uso del whisky (tequila nel primo, cognac nel secondo).

Che cos'è un sour e in base a cosa un cocktail si definisce così

Il termine "sour" deriva dall'inglese e significa "acido", indicando la presenza di un elemento agrumato che conferisce freschezza al drink. Un cocktail sour si compone generalmente di tre elementi fondamentali: una base alcolica (come whiskey, gin, rum o pisco), un succo di agrumi fresco (solitamente limone o lime) e un dolcificante (zucchero o sciroppo semplice). In alcune varianti si aggiunge anche l'albume d'uovo per ottenere una consistenza più vellutata e una schiuma caratteristica.

La storia di questa famiglia risale al XIX secolo, con le prime ricette documentate nel 1862 nel libro "How to Mix Drinks" di Jerry Thomas, considerato il padre della mixology. In questo testo Thomas descriveva il "sour" come una combinazione di distillato, succo di limone e zucchero, shakerata e servita con una guarnizione di frutta. Oltre 150 anni dopo è ancora così che si fanno questi drink.

Quali sono i sour più famosi

Sono cocktail acidi, con pochi ingredienti e questo significa che sono molto difficili da fare perché in mixology, più un drink è immediato, più è semplice da sbagliare. In più c'è la componente affettiva del cliente: sono drink che si conoscono a menadito.

1. Il Whiskey sour

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Il Whiskey sour nasce ufficialmente nel 1862, con la pubblicazione della ricetta nel già citato manuale “How to Mix Drinks” di Jerry Thomas, ma le sue origini sono probabilmente ancora più antiche. Si pensa che il sour, in generale, derivi dalle bevande che i marinai preparavano in mare per combattere lo scorbuto, mescolando limone, zucchero e rum o whiskey. Con il tempo, questa combinazione rudimentale è stata perfezionata fino a diventare il cocktail equilibrato e raffinato che conosciamo oggi.

La struttura base del Whiskey sour è un trinomio semplice quanto efficace: bourbon, succo di limone fresco e sciroppo di zucchero. Il bourbon, con le sue note dolci e caramellate, viene bilanciato dalla vivacità citrica del limone, mentre lo zucchero arrotonda e armonizza il tutto. Ciò che rende davvero speciale questo cocktail è l’aggiunta dell’albume d’uovo, una scelta opzionale ma fortemente consigliata se vuoi un'esperienza più ricca. L’albume non modifica il sapore in modo significativo, ma dona al drink una consistenza setosa e una schiuma morbida che ne impreziosisce l’aspetto e la bevibilità. La tecnica corretta per incorporare l’albume prevede una “dry shake” iniziale (shakerare senza ghiaccio per emulsionare) seguita da una “wet shake” (shakerare con ghiaccio per raffreddare e diluire). Segnaliamo anche Pisco sour, Vodka sour e Midori sour, molto apprezzati in tutto il mondo ma semplici varianti del più antico Whiskey sour. Il primo in particolare è così popolare che in Perù si celebra il "Día del Pisco Sour" ogni primo sabato di febbraio.

2. Il Daiquiri

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Se il Whiskey Sour è l’eleganza vellutata delle atmosfere americane, il Daiquiri è la sua versione più solare, tropicale e minimalista. Pochi cocktail riescono a catturare l’anima di un luogo come fa questo drink con Cuba, la sua terra d’origine. Fresco, asciutto, diretto: il Daiquiri è l’essenza dell’equilibrio tra acidità, dolcezza e spirito.

Il drink nasce nei primi anni del Novecento, nella zona orientale di Cuba, precisamente nel villaggio minerario di Daiquiri. A idearlo fu probabilmente l’ingegnere americano Jennings Cox, che durante una festa improvvisata mescolò gli ingredienti che aveva a disposizione: rum bianco, lime fresco e zucchero. Da lì, il drink si diffuse rapidamente, conquistando bar e palati in tutto il mondo. Tra i suoi fan celebri: Ernest Hemingway, che contribuì a leggendizzarlo (anche se preferiva una versione personalizzata e molto più secca, il cosiddetto Hemingway Daiquiri). Come ogni cocktail sour, anche il Daiquiri si basa sul triangolo d’oro: uno spirito base (in questo caso il rum bianco), un agrume fresco (il lime) e un agente dolcificante (tipicamente sciroppo di zucchero o zucchero di canna liquido). Si serve shakerato e ben freddo, in una coppa cocktail, rigorosamente senza ghiaccio, per mantenere intatta la delicatezza e l’equilibrio aromatico.

3. Il Margarita

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Nato probabilmente tra Messico e California negli anni ’30 o ’40, è oggi uno dei sour più amati e reinterpretati al mondo. La base è tequila, l’agente acido è il succo fresco di lime e il dolcificante è il triple sec (un liquore all’arancia, spesso Cointreau). Questo crea un mix agrumato e asciutto, dove la sapidità minerale della tequila sposa perfettamente la vivacità del lime e la dolcezza aromatica del liquore. A fare la differenza è il bordo del bicchiere, glassato di sale, che aggiunge una nota sapida e stimolante. Il Margarita può essere servito shakerato e liscio, on the rocks, oppure in versione frozen, cioè frullato con ghiaccio.

4. Il Sidecar

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Se il Margarita è la vacanza, il Sidecar è l’abito da sera. Nato probabilmente a Parigi (o a Londra) all’inizio del Novecento, è uno dei sour della grande scuola europea: raffinato, secco, aromatico. La base è il cognac (o talvolta brandy), a cui si uniscono succo fresco di limone e triple sec. Il risultato è un cocktail intenso, profondo, con una struttura più calda e avvolgente rispetto al Margarita. Anche qui, il bilanciamento è tutto: troppo succo di limone e diventa aggressivo, troppo liquore d’arancia e perde in definizione.

Il Sidecar ha un gusto che conquista chi cerca un cocktail sofisticato ma essenziale, con quella nota agrumata che lo rende sempre fresco. Tradizionalmente viene servito in coppa, spesso con il bordo zuccherato.

L'albume nei cocktail sour ci va o non ci va?

Sì, nei sour tradizionali l’albume d’uovo ci va  o meglio, può andarci, e fa parte di una precisa scuola di pensiero nella mixology classica. L’albume non è un ingrediente obbligatorio, ma è ampiamente usato in molti sour (soprattutto nel Whiskey sour, nel Pisco sour, e in alcuni Gin sour) per motivi sia tecnici sia sensoriali. L'albume shakerato si monta e dona al cocktail una schiuma fine e cremosa in superficie. Questo crea una consistenza setosa e piacevole al palato, inoltre ammorbidisce l'asprezza degli agrumi e la forza alcolica del distillato. Quindi: sì, ci va, ma non sempre. Nei sour più "secchi" come Margarita e Daiquiri, ad esempio, l’albume di solito non si usa.

Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.
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