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19 Aprile 2025
9:00

Comè fatto il formaggio a fette? Fatti e misfatti del celebre prodotto industriale

Comode, facili da usare, a lunga conservazione: i formaggi affettati a pasta fusa spopolano da anni, amatissime per la loro praticità e per il tocco filante che danno a tantissime ricette. Ma ti sei mai chiesto di che cosa sono fatti?

A cura di Martina De Angelis
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Classici, light, senza lattosio, di gusti diversi: di formaggi a fette ormai ne esistono per tutti i gusti e le esigenze e scommettiamo che è capitato anche a te di preferirle alle classiche fette di formaggio tradizionale. Pratiche e veloci, filanti e a lunga conservazione, i formaggi a fette sono diventate un must da tenere in frigo se vuoi preparare un panino o un toast, ma anche per tutta una serie di ricette “classiche” come lasagne o polpettone.

Ma lo sai che questi tipi di prodotti non sono davvero formaggio? Non del tutto, almeno. Rientrano infatti nella categoria dei formaggi a pasta fusa (o anche solo formaggi fusi), un prodotto alimentare a base di formaggio e altri ingredienti caseari non fermentati mescolati con emulsionanti e additivi di vario genere. Proprio per questo sono un alimento piuttosto grasso e dal profilo nutrizionale non proprio sano, motivo per cui, a lungo andare, potrebbero portare dei disagi all’organismo, soprattutto se consumati regolarmente.

Scopriamo insieme cosa sono, come sono nate e come vengono prodotti questi prodotti, oltre a indagare sui motivi per cui non sono un alimento salutare. Questo, però, non vuol dire che devi demonizzarle o escluderle totalmente dalla tua alimentazione (escludendo i casi con problematiche specifiche di salute): devi solo usarle con moderazione evitando un consumo eccessivo e quotidiano.

Come sono fatti formaggi a fette

Non parliamo di tutti i formaggi a fette, ma di quelli industriali già venduti in forma di pacchetto, che molti chiamano "formaggio americano a fette". Ma sapevi che spesso non si tratta di formaggio vero e proprio? Si tratta di un prodotto a base di formaggio ricavato dalla fusione a caldo di un solo formaggio o più varietà di formaggi diversi uniti emulsionanti, polifosfati e altri ingredienti (es. acqua, latte in polvere, grassi, conservanti e così via). In base al tipo di formaggio e al tipo di additivi aggiunti si hanno diversi tipi di formaggi a pasta fusa, che differiscono tra loro per forma, sapore e colore.

Le più celebri sono a base principalmente di Emmenthal ma, nel corso del tempo, sono nate tutta una serie di varianti che usano come prodotti di partenza anche eccellenze come il Parmigiano reggiano o il Grana padano. La conservazione è più lunga rispetto al formaggio tradizionale, lo scioglimento in fase di cottura è più omogeneo per via del tipo di lavorazione è sottoposto e il costo è inferiore (sia di produzione che di vendita) perché sono prodotte a livello industriale senza seguire i processi di caseificazione convenzionale.

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L’aspetto negativo è che a questi vantaggi si aggiungono tutta un serie di elementi (proteine del latte, burro, sale ma anche additivi di varia natura) che rendono il loro profilo nutrizionale decisamente poco sano.

Questi prodotti fanno male? No, ma li devi consumare con moderazione

A lungo si è dibattuto sulla qualità di questi prodotti e si è diffusa la convinzione che siano un prodotto non benefico: questo è abbastanza vero ma, come in tutti i casi, è necessario fare delle specifiche. È vero che la lista degli ingredienti e il tipo di lavorazione non sono di alta qualità: considera che il formaggio che viene fuso, anche se di nome è un prodotto buono, di solito è un prodotto “di riciclo” proprio come avviene per la carne separata meccanicamente.

Questo vuol dire che di solito si usa per la fusione di un formaggio non più utile alla vendita e quindi di certo non di primissima qualità. C’è poi la questione del sale, che in tutti i formaggi a pasta fusa industriali è presente in percentuali molto eccessive: in media supera i 3 grammi in 100 grammi di prodotto e ogni fettina pesa circa 26 grammi, una quantità eccessiva se consideri che stando alle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in materia il consumo di sale non dovrebbe superare i 5 grammi al giorno per un adulto senza patologie.

A tutto questo bisogna aggiungere la presenza di additivi e di sostanze chimiche aggiunte all’impasto: questi formaggi possono contenere fino a 13 additivi diversi tra conservanti, stabilizzanti e antiossidanti come per esempio l’acido lattico, utilizzato nell’industria alimentare come antiossidante, acidificante o esaltatore di sapidità, e il citrato di sodio.

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Tutto questo vuol dire che fanno male e vanno evitati a prescindere? No, come in ogni caso serve moderazione nel consumo. Ricorda che questi prodotti superano una serie di test di qualità e rigorosi controlli prima di arrivare nei supermercati: questo vuol dire che, anche se la qualità non è eccezionale, non contengono prodotti e sostanze classificate come “dannose” dalle autorità competenti. Tuttavia, trattandosi di prodotti ultra-processati, è meglio limitarne l’uso e usarli solo occasionalmente all’interno di un’alimentazione sana ed equilibrata.

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A cura di
Martina De Angelis
Laureata in Scienze della Comunicazione con indirizzo Editoria e Giornalismo presso la LUMSA di Roma e giornalista pubblicista dal 2016, lavoro come freelance principalmente nel settore food&travel. Amo la cucina e raccontare ciò che mi appassiona, per questo ho iniziato a scrivere per alcune delle più importanti testate del settore, tra cui Cookist e le riviste Marcopolo e Alice Cucina. Sono stata inoltre curatrice della collana “I Quaderni” di Marcopolo, coordinatrice e redattrice della rivista “La Gola in Viaggio”. Mi piace scoprire le storie si nascondono dietro a un piatto o un ingrediente, raccontare le tradizioni dietro le ricette che amiamo e unire più settori: una mia grande passione è ricreare i piatti tratti da film e romanzi.
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