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25 Aprile 2025 11:00

Come riconoscere un cannolo di qualità? Lo abbiamo chiesto al maestro pasticcere Santi Palazzolo

Il cannolo è un dolce tipico della pasticceria siciliana ed è amato in tutto il mondo. Nonostante sia formato soltanto da due componenti, è essenziale che abbia determinate caratteristiche per classificarlo come un vero cannolo siciliano: il Maestro Pasticcere Santi Palazzolo ci spiega come riconoscerlo.

A cura di Arianna Ramaglia
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Che cosa possiamo recriminare alla pasticceria siciliana? Nulla. Ha la capacità di lasciarci sempre a bocca aperta e soprattutto senza parole. E tra i protagonisti indiscussi, ce n’è uno che non possiamo non nominare: il cannolo.

Mangiare il cannolo è una di quelle esperienze che tutti dovrebbero fare almeno una volta nella vita, una di quelle cose che fai ed esclami “ora posso morire felice”. È un’esperienza a 360 gradi, che riesce a coinvolgere tutti i tuoi sensi: sentire con le mani, poi con la bocca e infine con le orecchie la friabilità e la croccantezza della cialda, vedere la bellezza di quell’involucro sacro che contiene una crema alla ricotta così profumata e vellutata che, appena la assaggi, capisci che in fondo il mondo non è poi un posto così brutto. E quel piccolo pezzetto di arancia candita, il primo odore che senti appena lo porti alla bocca, che lentamente lascia spazio alla crema per poi arrivare alla sfoglia che si frantuma in piccolissimi pezzi, creando così un’esperienza quasi onirica. Ma, fortunatamente per tutti noi, il cannolo siciliano non è un sogno: è una cosa vera e soprattutto… è una cosa seria.

Perché se è vero che è formato soltanto da due parti, è anche vero che ci sono alcune lavorazioni eseguite ad hoc che permettono di realizzare quello che possiamo definire il vero cannolo siciliano: per riconoscerlo abbiamo chiesto tutti i dettagli al Maestro Pasticcere Santi Palazzolo, Vice Presidente dell’AMPI (Accademia Maestri Pasticceri Italiani) e proprietario della Pasticceria Palazzolo di Cinisi, in provincia di Palermo. Dalla cialda ai canditi, ti spieghiamo come riconoscere un buon cannolo e cosa bisogna evitare.

Una piccola premessa

In questo articolo non vogliamo parlarti delle origini (incerte) di questo dolce, ma vogliamo raccontare il processo che porta al vero cannolo siciliano. Partiamo subito col dire che il cannolo siciliano fa parte della lista dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani e, come orgogliosamente sottolineato dal maestro Palazzolo, “questo è un valore aggiunto”. In secondo luogo, è un prodotto complesso seppure nella sua semplicità: “Il cannolo ha solo due componenti: la cialda e la crema. Proprio questa semplicità gli conferisce una complessità nella degustazione che lo rendono un prodotto unico: uno mangia la sfoglia che dà croccantezza e friabilità e poi trova la cremosità della crema”. Fatta questa piccola premessa è importante capire come questi elementi vengano lavorati per riuscire a realizzare un prodotto degno del nome che porta.

La cialda

Tre cose contraddistinguono alla vista una cialda: le bolle, il colore e lo spessore. Come spiegato da Santi Palazzolo le caratteristiche bolle del cannolo sono date dalla presenza di alcol nell’impasto e questo avviene perché “l’alcol tenta di evaporare e per riuscirci cerca di spingere fuori l’acqua che crea, appunto, queste bolle”. Piccole o grandi non è rilevante, l’importante è che siano omogenee: infatti “le bolle uniformi sono una caratteristica che ci fa capire che l’impasto ha riposato almeno 24 ore. Il riposo è importante per far sì che la maglia glutinica abbia il tempo di stabilizzarsi e di non provocare un restringimento, un rientro, della massa stessa”.

Nella maggior parte delle ricette presenti su internet, la parte alcolica viene data dal marsala, dal vino bianco o dall’aceto: qual è quello giusto? Sorprendentemente, tutti. Infatti la scelta dell’alcol dipende esclusivamente dalla zona: “Nella Sicilia orientale molto spesso si usa il vino bianco o l’aceto e la cialda risulta un po’ più chiara e dorata rispetto a quelli preparati nelle zone dove si predilige il Marsala che conferisce alla cialda un colore leggermente più scuro” spiega Palazzolo. Per il gusto invece cambia poco e niente, ma se proprio vogliamo essere precisi, possiamo dire che il marsala gli dona un gusto leggermente più pronunciato rispetto al vino bianco o all’aceto.

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Cioccolato sì o cioccolato no?

Poi c’è un’altra annosa questione: la cioccolata all’interno della cialda, sì o no? Potrà sembrare strano, ma in realtà il suo impiego non è nessun sacrilegio verso la ricetta originale. Lo strato di cioccolato serve a evitare che la crema di ricotta inumidisca la cialda: questo vuol dire che se si mangia al momento, inutile dirlo, è sempre meglio riempirli un attimo prima di essere consumati, ma se così non fosse ricoprire la cialda può essere un ottimo metodo per mantenerla fragrante.

Quindi sì, il cioccolato all’interno va bene, però, come sempre, non è tutto oro quel che luccica: molti usano infatti il surrogato di cioccolato che “non è altro che grassi idrogenati vegetali a cui è stato aggiunto del cacao, ma che non hanno nulla a che vedere con il cioccolato vero e proprio”. Il surrogato si scioglie molto più a fatica e può andare a rovinare l’equilibrio del prodotto finale: “L’ideale è quello di utilizzare un cioccolato che ha una percentuale di massa di cacao non altissima – per massa di cacao intendiamo proprio il cacao all’interno del cioccolato – quindi un fondente più delicato che non rischia di sovrastare il gusto della ricotta”.

Ma come capire se si tratta di cioccolato vero o di un surrogato? Purtroppo ci dispiace dirti che non esiste un modo veloce, in quanto il cioccolato è solitamente ricoperto dalla ricotta e quindi impossibile riconoscerlo. Ma sul gusto non c’è alcun dubbio: per Palazzolo “quando si assaggia un cannolo e si hanno sentori di grasso eccessivo in bocca, significa che è stato utilizzato un surrogato. Tecnicamente, il cioccolato provoca una sensazione di astringenza per via dell’amaro, a differenza del surrogato che provoca quell'effetto che si definisce ‘allappante’ (sensazione che “lega” denti e palato n.d.r.) dovuto alla presenza del grasso”.

La ricotta

Lo diciamo subito: o di pecora o vaccina, punto. Originariamente veniva utilizzata soltanto quella di pecora, semplicemente per l’alta presenza di pecore, mentre il latte vaccino era utilizzato per i formaggi. La differenza? “Praticamente quasi nessuna” spiega Palazzolo “quella vaccina è leggermente più delicata, più setosa e un po’ più bianca e ha una percentuale di grassi leggermente inferiore rispetto a quella di pecora”.

È importante comunque anche per la ricotta parlare di stagionalità: perché non solo frutta e verdura prevedono dei periodi in cui è meglio consumare questo o quell'alimento, ma anche prodotti come la ricotta hanno un lasso temporale preciso in cui è preferibile mangiarli. Il periodo migliore va da marzo a giugno, in cui i pascoli sono rinverditi e, essendo la ricotta molto soggetta a ciò che mangiano gli animali, un pascolo verde e fresco darà sicuramente un latte di qualità superiore. Ma quindi per mangiare un cannolo con una ricotta fresca bisogna consumarli solo in quel periodo? Ovviamente no, ma per gustare sempre una ricotta fresca è importante, sottolinea Palazzolo, che il prodotto segua determinati passaggi dopo che questa arriva in laboratorio.

Si tratta di un processo che dura tre giorni: “Nel momento in cui arriva, si mette a decantare in alcune griglie nelle celle frigorifero a una temperatura di 4 °C per circa 24 ore. Questo passaggio serve a eliminare la maggior parte del siero che può provare l’acidità della ricotta stessa. Una volta terminato questo passaggio, la ricotta viene mescolata con una parte di zucchero, intorno al 25-28% su ogni chilo di ricotta, e viene lasciata per altre 24 ore in frigorifero per permettere allo zucchero di sciogliersi completamente e non restare grumoso. Dopodiché la ricotta viene setacciata con dei setacci a maglia molto stretta, molto fine, per poi essere messa in dei mastelli (vaschette) e abbattuta a una temperatura di -30 °C. L’abbattimento è una fase essenziale se si vuole utilizzare la ricotta anche nei mesi successivi: questo perché l’abbattitore è un surgelatore molto potente, dove il freddo arriva al cuore del prodotto e in meno di un’ora raggiunge i -18 °C. Il raggiungimento di queste basse temperature evita che si formino dei cristalli di ghiaccio all’interno della ricotta, che riesce a restare intatta sotto tutti i punti di vista: questo vuol dire che, una volta scongelata in frigo a 4 °C, si mantiene cremosa, liscia e senza presenza di acqua. Rispettati questi parametri e queste procedure, è possibile mangiare tutto l’anno il cannolo con una ricotta fresca”.

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I canditi

Ora la domanda sorge spontanea: frutta o frutta secca? Arancia o ciliegia? Pistacchio o nocciole? Beh, non vogliamo deluderti ma in qualsiasi caso la risposta è sbagliata… ma anche giusta. La ricetta originale del cannolo in realtà non prevede i canditi, che hanno semplicemente una funzione decorativa: “Originariamente veniva utilizzata la ciliegia perché serviva da contrasto con il colore bianco della crema – ci racconta Palazzolo – la ciliegia rossa non è tipica della Sicilia, a differenza delle arance. Ecco perché con il tempo si è preferito sostituire la ciliegia con l’arancia, anche se alcuni continuano a utilizzare la prima per una questione di costi più bassi rispetto a una fettina di arancia candita senza conservanti”.

E qui è importante prendersi una pausa, perché, come puoi immaginare, non tutti i canditi sono trattati naturalmente: e come fare a riconoscere uno artigianale da uno trattato con conservanti industriali? Per Palazzolo la risposta è precisa: “Dall’aspetto”. A differenza della cioccolata nella cialda, che purtroppo non possiamo vedere, per i canditi la situazione cambia: “Quelli artigianali si presentano più lucidi e più morbidi, lo si capisce dal fatto che ‘seguono’ la linea del cannolo, a differenza di quelli industriali, lavorati con anidride solforosa, che presentano il colore della scorza più opaco, più chiaro e anche più rigido, come fossero dei bastoncini”.

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Come scegliere un buon cannolo?

Dopo questo excursus sulle varie componenti del cannolo, possiamo tracciare delle linee guida che ti aiuteranno a riconoscere un cannolo preparato come si deve da uno che si vanta solo di esserlo.

Prima di tutto, un vero cannolo siciliano presenterà una cialda sottile, friabile e con bolle uniformi su tutta la superficie. La crema di ricotta dovrà essere vellutata e cremosa e, cosa più importante, non dovrà presentare nessuna crepa né tantomeno dovrà esserci spazio tra la farcitura e la cialda: questo infatti “è il segnale che quel cannolo non è fresco, ma è stato riempito il giorno prima o la mattina per la sera”.

Meglio poi se consumato subito: in questo caso dovrà essere riempito al momento per evitare che la cialda inumidisca. Ma se destinato a un consumo successivo, è bene che sia ricoperto da uno strato di cioccolato che dovrà essere, ripetiamolo, vero e non un surrogato: se non si vuole correre nessun rischio, dato che la differenza non è quasi mai visibile, puoi optare per comprare cialda e crema separati e riempirli tu stesso al momento del consumo.

Per le decorazioni, la scelta è soltanto tua in base a ciò che più ti piace: arancia, ciliegia, granella di pistacchio o nocciole, va tutto bene. Ricordati però, nel caso prediligessi la frutta, che questa deve apparire morbida e lucente, segno che si tratta di un prodotto artigianale, e non opaca e rigida, conseguenza di una lavorazione avvenuta tramite anidride solforosa.

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Quello che i piatti non dicono
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