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29 Dicembre 2025 11:00

Come riconoscere un’aragosta fresca: 5 dettagli a cui fare attenzione

Un crostaceo dalle carni tenere e pregiate che compare sulle tavole più esclusive: capita di volerlo provare a Capodanno o per un'occasione speciale, ma visto il prezzo molto anno è bene non cadere in acquisti deludenti, dove anche il fattore etico va preso in considerazione.

A cura di Federica Palladini
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Tra i cibi più lussuosi al mondo compare l’aragosta, uno dei crostacei più pregiati che rientra nei menu di Natale, del cenone di Capodanno e delle grandi occasioni, proprio come l’astice. Si tratta di due crostacei decapodi che spesso vengono confusi, ma che in realtà hanno numerose differenze: l’aragosta (Palinurus elephas) appartiene al genere Palinurus ed è senza chele (presenti invece nell’astice), ma si caratterizza per due lunghissime antenne bicolori, con cui si orienta e si difende. Ha un corpo robusto spinoso e il colore del carapace varia dal rosso acceso al rosso-bruno, dove possono comparire delle piccole macchie bianche: a essere un “oggetto del desiderio” sono le sue carni, bianche, delicate, dal retrogusto dolciastro, che si apprezzano soprattutto in ricette al naturale, semplicemente bollite e condite con olio o burro, limone ed erbette aromatiche, oppure in primi piatti come risotti e pastasciutte. Il prezzo è elevato: un’aragosta fresca costa in media 75 euro al kg. Un investimento che deve essere fatto nel migliore dei modi, per non restare delusi.

I metodi per riconoscere l’aragosta fresca

Diciamo subito che le aragoste non si reperiscono comunemente in ogni pescheria: sono un prodotto destinato a un pubblico di nicchia o alla ristorazione, e in commercio si possono trovare anche surgelate, da conservare nel freezer di casa fino al momento dell’utilizzo. Quando si acquistano dal pescivendolo generalmente vengono vendute vive (come quando si trovano negli acquari dei ristoranti), una pratica che viene sempre più messa in discussione, giustificata fino ad ora da un migliore mantenimento delle proprietà organolettiche delle carni. Ma come si riconosce una buona materia prima da una che non lo è? Di seguito, ecco a cosa fare attenzione.

1. Come si presenta la pescheria

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Prima ancora di guardare l’aragosta in sé, è fondamentale osservare come vengono tenuti i crostacei in questo stato di cattività, dal momento in cui vengono pescati fino a quando arrivano in tavola. I crostacei devono essere posti in vasche dedicate, con acqua salata che riproduce il loro habitat naturale: devono avere la possibilità di muoversi, quindi non in sovrafollamento ed essere integri, senza arti amputati o antenne danneggiate. Ti suggeriamo di diffidare dei posti dove i crostacei sono esposti vivi sul ghiaccio e con le chele legate (nel caso degli astici): in Italia non vi è una normativa coerente sul trattamento di questi animali – piuttosto vi è un vuoto normativo – ma se in natura vivono in acque temperate e profonde si può facilmente intuire che non sono condizioni ottimali, subendo quelli che si possono definire dei maltrattamenti, come ben spiegato nella campagna “Dalla parte dei crostacei” promossa dall’associazione Animal Law Italia che chiede lo stop alla vendita di questi esemplari da vivi, alla permanenza in vetrina sul ghiaccio e alla bollitura da coscienti, in quanto molteplici ricerche scientifiche dimostrano che provano sofferenza, proprio come i polpi.

2. Vitalità

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Detto questo, la vitalità di un’aragosta è uno dei criteri per stabilirne la qualità. Significa che quando presa in mano diventa reattiva: muove le antenne, le zampe, il resto del corpo, rispondendo agli stimoli. Se appare apatica o inerme, è probabile che sia stata sottoposta ad alti livelli di stress o che la sua permanenza si stia prolungando più del necessario, compromettendo il suo stato.

In Italia non è vietato comprare aragoste vive, ma cresce l’attenzione sul benessere animale, e sempre più persone evitano la bollitura da viva. Chiedere una morte rapida è visto come una scelta responsabile, non problematica. La soluzione più semplice: chiedi esplicitamente al pescivendolo di ucciderla loro prima di dartela. Molti lo fanno senza problemi, con un colpo rapido e professionale, dopo averla stordita con le basse temperature. È normale, non strano, e non devi giustificarti.

3. Odore

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L’odore quando si tratta di pesce fresco è sempre un indicatore fondamentale. L’aragosta ha un profumo delicato e salino, pulito, che richiama il mare. Non deve mai emanare sentori forti, acidi o di ammoniaca.

4. Aspetto esterno

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Abbiamo detto che l’aragosta deve essere integra e non mostrare nessun segno di danneggiamento, né sul carapace né sulle antenne. La corazza deve essere ben idratata, con la parte ventrale tesa e non molle (segno che potrebbe essere in corso una decomposizione interna) e gli occhi scuri, lucidi e gonfi.

5. Dimensioni e peso

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Le aragoste possono raggiungere dimensioni davvero considerevoli, arrivando a pesare fino a 8 chili, in particolare quelle che abitano l’Oceano Atlantico Occidentale. L’aragosta comune che si trova nell’Oceano Atlantico Orientale e nel Mediterraneo è più minuta, e in cucina si preferiscono esemplari medio-piccoli – sugli 800 grammi per due persone – perché hanno carni più tenere e delicate, in quanto giovani, rispetto alla polpa più fibrosa degli adulti. Come per le anguille, anche le aragoste presentano quel che viene detto dismorfismo sessuale, con le femmine più pregiate, di pezzature più contenute e una coda più larga e ricca di peluria, in quanto deve accogliere le uova.

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