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20 Luglio 2025 9:00

Come la cucina scandinava ha conquistato il mondo: la nascita della New Nordic Kitchen

Una storia iniziata vent'anni fa, quando 12 chef scandinavi hanno deciso di portare alla ribalta la propria idea di cucina: nasce così il Manifesto della Nuova Cucina Nordica che si basa sull'utilizzo di ingredienti locali e di stagione, ponendosi in contrapposizione alle cucine europee dominanti.

A cura di Arianna Ramaglia
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Se sei un appassionato di cucina o hai semplicemente visto The Bear probabilmente lo sai già: la cucina nordica, negli ultimi anni, è diventata una delle più influenti al mondo. Non è stata una casualità o una mera questione di moda, ma il frutto del lavoro di alcuni chef che hanno deciso di rilanciare la cucina dei Paesi scandinavi rispetto ad alcune delle più importanti cucine del mondo, come quella francese, spagnola e italiana.

Una rivoluzione iniziata vent’anni fa

Con ogni probabilità, non sorprenderebbe oggi quello che, ormai più di vent’anni fa, 12 chef provenienti da Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda hanno deciso di mettere nero su bianco: una cucina sostenibile, attenta all’ambiente e alla diversità locale, fondata sulla stagionalità e la valorizzazione del territorio. È da questi punti che nasce la cosiddetta New Nordic Kitchen: fautori di questa nuova corrente gastronomica sono stati due chef rivoluzionari danesi, Claus Meyer e René Redzepi, che insieme hanno fondato il famosissimo Noma di Copenaghen.

Il principio era molto semplice: utilizzare soltanto prodotti offerti dalla terra, rispettando la stagionalità e rifiutando ingredienti provenienti dall’estero – tendenza che comunque negli anni è stata piano piano mitigata, come si può notare anche da uno dei piatti più popolari danesi, lo smørrebrød che ora prevede elementi dalle cucine estere – per donare alla cucina scandinava un’identità se non superiore, ma quantomeno pari, a quella delle cucine del resto d’Europa. In questo senso, la New Nordic Kitchen si è fatto portatrice di un desiderio di riscatto culturale e identitario, rispetto all'egemonia dell'epoca delle varie cucine europee.

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In ogni caso però proprio questa chiusura verso l’esterno è stata uno dei principali ostacoli al movimento, in quanto nei Paesi scandinavi vi è una scarsa varietà di ingredienti disponibili, motivo per cui gli chef hanno dovuto adattarsi a ciò che il territorio aveva loro da offrire: radici, bacche, muschi, licheni, pesce affumicato, selvaggina e latticini artigianali. Questa stessa limitazione però ha permesso di stimolare una creatività eccezionale, contribuendo a definire uno stile unico e riconoscibile.

L’utilizzo di tecniche antiche ma rinnovate

Anche le tecniche di cottura rispecchiano tradizioni puramente scandinave: affumicatura, marinatura o preparazioni in salamoia. E tutto ciò ha un minimo comune denominatore, ossia il lungo inverno: una delle caratteristiche principali in cui questo stile di cucina si è concretizzato sono proprio le basse temperature che hanno fatto sì che si sviluppassero alcune tecniche di conservazione degli alimenti. Per cui, se molti cibi che trovate nei Paesi del Nord hanno un sapore salato, affumicato o marinato è in gran parte dovuto all’inverno.

Tutte queste tecniche ovviamente sono state poi reinterpretate in chiave moderna, utilizzando strumenti e conoscenze del presente per innovare ciò che è avvenuto in passato: la nuova cucina nordica può quindi essere definita come un adattamento moderno di antiche tradizioni.

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I protagonisti

Il Noma di Copenaghen, o meglio, René Redzepi è stato senza dubbio uno dei maggiori protagonisti del movimento della cucina nordica: danese di origini albanesi e macedoni, ha rivoluzionato il panorama gastronomico mondiale. Il suo ristorante è diventato nel tempo un vero e proprio laboratorio, dove Redzepi ha sperimentato un approccio innovativo che unisce scienza e natura, riscoprendo tecniche naturali come la fermentazione e introducendo anche il foraging – l’atto di raccogliere il cibo e le risorse della natura – nell’alta ristorazione. La sua è una cucina profondamente legata alla stagionalità, alla sostenibilità e al contesto locale, capace di ispirare un’intera generazione di chef.

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Cozze ripiene con un morbido uovo di quaglia e una goccia di olio al peperoncino – foto via instagram reneredzepinoma

Molti infatti sono stati i cuochi scandinavi che hanno abbracciato questa filosofia e Magnus Nilsson è uno di loro. Svedese, classe 1983, è stato alla guida del ristorante Fäviken (Svezia) fino alla sua chiusura nel 2019: in pieno stile nordico, è lui stesso a coltivare e a cacciare gli ingredienti per le sue ricette. Ma, come abbiamo detto, una delle difficoltà dei Paesi del Nord è rappresentata dalle basse temperature che mettono a dura la prova la conservazione degli ingredienti e Nilsson stesso lo ha confermato, affermando: "Diciamo addio agli ingredienti freschi il primo ottobre e poi non li vediamo più fino ad aprile".

Torniamo a Copenaghen dove troviamo l’unico chef ad aver vinto la medaglia d’oro, d’argento e di bronzo al Bocuse d’Or: parliamo di Rasmus Kofoed, chef patron del 3 Stelle Michelin Geranium. La sua passione per i prodotti provenienti dalla terra inizia fin da piccolo, grazie alla mamma vegetariana, a cui ha recentemente dedicato anche un locale plant-based chiamato Angelika. La sua cucina al Geranium è descritta come lucida, leggera e dinamica: tutti gli ingredienti vegetali presenti nei suoi piatti sono coltivati da un piccolo orto proprio, condotto in biodinamica.

Terminiamo con un altro chef danese, Esben Holmboe Bang, che ha trovato la sua fortuna a Oslo, in Norvegia, precisamente nel ristorante Maaemo, primo nel Paese a ricevere tre Stelle Michelin. Trasferitosi nel 2011 nella capitale norvegese per amore, ha abbracciato in tutto e per tutto l’identità culinaria locale, valorizzando nei suoi piatti il potenziale dei piatti norvegesi: come ben espresso dal Manifesto, anche al Maaemo si presta grande attenzione per i prodotti biologici, biodinamici e selvatici, con un forte impegno verso lo zero waste, riciclando tutti gli scarti alimentari nelle fattorie. Il suo menu cambia a seconda delle stagioni, seguendo rigorosamente la disponibilità naturale degli ingredienti.

Le critiche alla New Nordic Kitchen

Ovviamente non è sempre oro tutto quel che luccica: la nuova cucina nordica, nonostante abbia ricevuto un ampio consenso sia nelle sue terre natali sia nel resto del mondo, è stata anche oggetto di molte critiche. C’è infatti chi l’ha definita troppo elitaria e soprattutto troppo difficile, sia da riprodurre ma soprattutto da sostenere. Se come abbiamo detto questi Paesi sono carenti per quanto riguarda le materie prime, vien da sé che trattare alimenti come radici o licheni richieda un dispendio immenso sia in termini di risorse economiche ma anche in termini di tempo, per rendere certi ingredienti commestibili e appetibili per il consumatore. Proprio questo è stato il motivo della (recente) chiusura del Noma, ristorante simbolo per eccellenza di questa nuova proposta gastronomica: non solo per i costi di produzione, ma anche per l'impiego di risorse umane non adeguatamente retribuite.

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Serre del Noma di Copenaghen

Manifesto per la Nuova Cucina Nordica

"Come cuochi nordici riteniamo che sia giunto il momento di creare una Nuova Cucina Nordica, che per il suo buon gusto e il suo carattere speciale si confronti con gli standard delle più grandi cucine del mondo".

Gli obiettivi della Nuova Cucina Nordica sono:

  • Esprimere la purezza, la freschezza, la semplicità e l’etica che vorremmo associare alla nostra regione.
  • Riflettere l’alternarsi delle stagioni nel cibo che prepariamo.
  • Utilizzare ingredienti particolarmente adatti al nostro clima, al nostro paesaggio e alla nostra acqua.
  • Combinare la richiesta di cibi deliziosi con le moderne conoscenze in materia di salute e benessere.
  • Promuovere la diversità dei prodotti e dei produttori nordici e far conoscere le culture che ne sono alla base.
  • Promuovere il benessere degli animali e la produzione sostenibile dal mare e dai paesaggi coltivati e selvatici.
  • Sviluppare nuovi usi per i prodotti nordici tradizionali
  • Combinare i migliori metodi di cottura e le tradizioni culinarie nordiche con gli impulsi provenienti dall’estero.
  • Combinare l’autosufficienza locale con lo scambio regionale di prodotti di alta qualità.
  • Invitare consumatori, produttori artigianali, pescatori, produttori alimentari su piccola e grande scala, venditori al dettaglio e distributori all’ingrosso, ricercatori, educatori, politici e autorità pubbliche a unire le forze in questo progetto comune a beneficio e vantaggio dell’intera regione nordica.
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Cos’è la New Nordic Kitchen oggi

Di una cosa siamo certi: il movimento della Nuova Cucina Nordica nasce come una provocazione audace per poi consolidarsi come modello di riferimento della gastronomia globale. L’approccio utilizzato dagli chef scandinavi di optare solo per ingredienti freschi e di stagione e la filosofia del farm-to-table ha sicuramente catturato l’attenzione delle cucine di tutto il mondo.

Ad ogni modo però gli anni passano e la moda, se così vogliamo definirla, cambia: la cucina nordica continua a rimanere un pilastro fondamentale nel panorama gastronomico ma, con il tempo, ha cominciato ad allentare un po’ la presa, diventando meno severa su alcuni aspetti: molti chef hanno cercato di rendere la loro cucina meno focalizzata su sperimentazioni estreme, meno chiusa nei confronti di ingredienti esteri ma anche meno elitaria e più accessibile. Questa evoluzione non è una critica al movimento in sé, ma alla rigidità dovuta al suo dogmatismo: alcuni cuochi – come Christian Puglisi ad esempio, ex sous chef del Noma – hanno sottolineato che l’eccessiva enfasi al localismo a tutti i costi e il rifiuto a integrare culture e ingredienti internazionali possano portare a una limitazione della creatività e quindi a risultati forzati e insignificanti.

Il Dogma 95 di Lars Von Trier e la New Nordic Kitchen

Due cose che apparentemente non c’entrano niente, cucina e cinema: ma a quanto pare, come riportato dal professor Jonatan Leer nel suo articolo “The rise and fall of the New Nordic Cuisine”, il manifesto della cucina nordica nasce sull’esperienza di quello redatto qualche anno prima dal regista danese Lars Von Trier, chiamato Dogma 95. Sarà l’aria frizzantina della Danimarca o il sangue che scorre nelle loro vene, ma sta di fatto che, tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000, l’idea è stata quella di portare alla ribalta la cultura danese: come? Cercando di sdoganare alcuni dei fondamenti della cultura europea dominante, nel cinema come nella cucina, per proporre al mondo qualcosa di unico e che appartenesse soltanto agli scandinavi. Infatti, come Von Trier ha scardinato, con il suo Dogma 95, alcuni dei pilastri fondamentali del cinema europeo e americano, allo stesso modo la New Nordic Kitchen è nata in contrapposizione alla cucina francese e mediterranea.

Staccandoci leggermente dall’idea originale di base del regista danese – che non voleva tanto rappresentare la realtà ma dimostrare che alcune delle tecniche più in voga nel cinema, ad esempio hollywoodiano, non erano necessarie a realizzare un film – il modus operandi adottato è stato, da parte di entrambi, quella di eliminare qualsiasi tipo di artificio, di costruzione e spettacolarizzazione, per proporre al pubblico qualcosa che fosse puramente autentico, in termini di realizzazione. Von Trier dal canto suo si è concentrato su tecniche più naturali come macchine a mano, luci naturali e assenza di musica diegetica, così gli esponenti della nuova cucina nordica si sono concentrati su prodotti di stagione, territoriali e tecniche di cucina che portassero sulla tavola il vero sapore del Nord, eliminando l’omologazione della cucina internazionale. Quello che comunque li accomuna, aldilà delle differenze concettuali, è l’aver codificato, all’interno di un manifesto, delle regole specifiche per creare qualcosa di radicalmente unico e innovativo.

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Quello che i piatti non dicono
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