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24 Ottobre 2022 12:15

Che cos’è la “sovranità alimentare” e perché non dovrebbe spaventarci

Almeno in teoria, il concetto di "sovranità alimentare" è molto distante dalle idee conservatrici e dal nazionalismo politico. È un'ideologia di stampo marxsista: ecco cosa vuol dire nello specifico.

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L'Italia ha un nuovo governo, annunciato nei giorni scorsi da Giorgia Meloni, neo presidente del Consiglio. Tra i tanti ministri incaricati sono stati resi noti anche i cambi di denominazione dei ministeri: uno in particolare ha attirato l'attenzione dell'opinione pubblica, il ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare assegnato a Francesco Lollobrigida. Vista la discendenza politica della Meloni e le idee espresse dalla coalizione in questi anni, il termine "Sovranità" ha fatto molto scalpore, perché associato al sovranismo politico e patriottico, un concetto molto conservatore che ha caratterizzato la campagna politica della presidente del Consiglio. In realtà la sovranità alimentare nulla ha a che fare con la chiusura "delle frontiere". Cerchiamo di capire cos'è la sovranità alimentare e tutto ciò che riguarda questa avanguardia filosofica.

La "sovranità alimentare" lo abbiamo copiato dai francesi

Questo nuovo ministero nasce dalle ceneri del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali: almeno sulla carta dovrebbe essere più orientato alla gastronomia e alle tematiche della sostenibilità tanto importanti ai nostri giorni. Diciamo questo perché un organo simile esiste in Francia, introdotto proprio quest'anno: il "ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire", uguale spiccicato a quello italiano. La Francia è la prima nazione in Europa a introdurre questo tema nella propria politica.

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Il concetto di "sovranità alimentare" è molto diverso da quello che il vocabolo ci porta a pensare. È stato coniato per la prima volta ne 1996 da "Via Campesina", un'associazione nata in Belgio "a sostegno dell'agricoltura sostenibile, per difendere il diritto dei contadini alle sementi, per fermare la violenza contro le donne, per la riforma agraria e in generale per il riconoscimento dei diritti dei contadini". In pratica l'associazione vuole risorse alimentari sostenibili, giustizia sociale e autodeterminazione, senza vedere il mercato del cibo sotto l'unica e sola lente del profitto. Questo principio è piaciuto tantissimo ai grandi del mondo, non a caso se ne sono appropriate l'ONU, la Food Secure Canada e la FAO.

La sovranità alimentare è quindi un modello di gestione delle risorse che mette al centro le persone e non il capitalismo. Promuove una produzione sostenibile e rispettosa dei lavoratori, incoraggia le economie locali e punta al chilometro zero per ridurre lo spreco, l'inquinamento e lo sfruttamento del territorio. Il concetto ridà la "sovranità alimentare" in mano a chi queste risorse le produce e le consuma e non più alle grandi aziende, come oggi. Punta a valorizzare le tradizioni e promuove metodi e mezzi di gestione sostenibili dal punto di vista ambientale. Sembra magnifico e soprattutto sembrano tutti concetti di estrema sinistra, portati avanti da un'associazione di stampo politico diametralmente opposta a quella dell'attuale governo. Non a caso i teorici della sovranità alimentare hanno tutti tendenze marxiste. Ci sono però dei lati di cui discutere.

Le criticità della sovranità alimentare

La sovranità alimentare negli ultimi anni è stata messa in pratica dalle nazioni sotto i regimi socialisti e comunisti ed è andata piuttosto male. In Ecuador è stata inserita nella costituzione, da allora hanno seguito Venezuela, Mali, Bolivia, Nepal, Senegal e, più recentemente, l'Egitto. Il problema è che tutte le nazioni citate sono andate incontro a carestie e disagi. L'unica nazione sviluppata ad aver messo questo concetto al centro delle proprie politiche è stato il Canada, nel 2013: un documento del governo del Quebec mai messo realmente in pratica.

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Alcuni studiosi della materia sostengono che questo movimento si basi su presupposti errati: secondo loro l'agricoltura su piccola scala dei Paesi meno sviluppati non deve affrontare le problematiche dei Paesi più sviluppati e viceversa. Inoltre fanno presente che l'agricoltura su piccola scala che ha portato alla sovranità alimentare non è necessariamente uno stile di vita scelto dagli agricoltori, piuttosto un'imposizione dovuta alla posizione geografica, all'idea politica totalizzante, alle situazioni economiche.

Cosa ne pensa il nuovo ministro

In una lunga intervista al Quotidiano Nazionale il ministro Francesco Lollobrigida ha detto la sua su questo concetto tanto distante da noi, specificando che non si tratta di un'ideologia di destra, "non a caso l’hanno messa in costituzione anche paesi socialisti, come Ecuador, Venezuela, Mali. L’autarchia non c’entra. I prodotti d’eccellenza e la qualità vanno difesi mettendo al centro il rapporto con i coltivatori. E io intendo farlo". Secondo l'ex deputato la sovranità alimentare "nasce dal diritto dei popoli di tutelare la loro economia agricola dalle aggressioni indiscriminate di un modello produttivista che non tiene conto del metodo di produzione e spesso produce più quantità che qualità. Noi invece vogliamo un'agricoltura che metta al centro la qualità, sia della produzione sia dei prodotti. Che sia socialmente e ambientalmente sostenibile". Una posizione netta e chiara dunque.

Com'è stata accolta la notizia dalle associazioni italiane

L'opinione pubblica ha letto con sospetto e ironia la proclamazione: effettivamente il termine "sovranità" è irrimediabilmente compromesso e il concetto della sovranità alimentare è ignoto nel nostro Paese. Barbara Nappini, presidente di Slow Food, a Open ha però rassicurato le persone dicendo che questo è un concetto attuale e che la stessa Slow Food "si occupa del tema supportando e promuovendo in tutto il mondo i sistemi locali del cibo in grado di combattere lo spreco alimentare, di valorizzare la produzione di piccola e media scala e di proteggere la biodiversità".

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In un editoriale sul sito dell'associazione rincara la dose: "Non è un’opinione, né qualcosa da sottovalutare o strumentalizzare: la sovranità alimentare è un diritto dei popoli, definito e promosso da convenzioni e organizzazioni internazionali. da molti anni Slow Food si occupa di sovranità alimentare, supportando e promuovendo in tutto il mondo i sistemi locali del cibo, fortemente legati ai territori, basati sulle connessioni, sulle comunità, in grado di combattere lo spreco alimentare, di valorizzare la produzione di piccola e media scala e di proteggere la biodiversità! Sistemi di produzione a bassi input esterni e ad alto tasso di competenze, creatività e buone pratiche". La Nappini sottolinea che sovranità alimentare non è sinonimo di autarchia: "è il diritto dei popoli a determinare le proprie politiche alimentari senza costrizioni esterne legate a interessi privati e specifici. È un concetto più ampio e complesso che sancisce l’importanza della connessione tra territori, comunità e cibo e pone la questione dell’utilizzo delle risorse in un’ottica di bene comune in antitesi a un consumo scellerato per il profitto di alcuni".

Anche Coldiretti, per bocca del presidente Ettore Prandini, ha apprezzato la scelta del nome perché "significa nei fatti un impegno per investire nella crescita del settore; estendere le competenze all’intera filiera agroalimentare;  ridurre la dipendenza dall’estero, valorizzare la biodiversità del nostro territorio. E garantire agli italiani la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità". A un fiera di Montichiari ha poi aggiunto che pandemia e crisi energetica hanno rimesso il cibo al centro del nostro dibattito, insieme "all'importanza di garantire l'autonomia alimentare del Paese in uno scenario globale segnato da distorsioni commerciali, accaparramenti. E speculazioni che mettono a rischio gli approvvigionamenti". Secondo queste dichiarazioni pare che Coldiretti abbia, in realtà, travisato il concetto di sovranità alimentare. Se il governo attuerà delle mosse coerenti con quanto dichiarato noi continueremo a importare ciò che ci serve, compreso il grano ucraino da sempre al centro dei dibattiti sovranisti e nazionalisti.

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