Un formaggio pregiato e raro perché si produce solo con il latte della razza bovina podolica in un lasso di tempo limitato: andiamo alla scoperta di una specialità del Sud Italia strettamente legata alla storia e alle tradizioni del territorio.
Quando si parla di tradizione casearia del Sud Italia, i formaggi a pasta filata occupano un posto d’onore. Tra mozzarelle, provole e scamorze, ecco comparire anche il caciocavallo, un prodotto antico, diffuso in diverse varianti regionali e apprezzato per il suo sapore e la versatilità in cucina. Si tratta di una specialità strettamente legata alla storia e alla cultura gastronomica del territorio: il caciocavallo silano è una pregiata Dop, così come il caciocavallo impiccato è una ricetta simbolo lucana, gustato su una bruschezza dopo essere stato sciolto con il calore delle braci. Senza dimenticare il caciocavallo dell’emigrante: ai tempi delle partenze di massa verso l’America, le forme venivano imbottite di salumi al fine di nasconderli, eludendo le rigide norme sull’immigrazione. All’interno di questo ricco panorama, ecco entrare in scena anche il caciocavallo podolico, che prende il nome dalla particolare razza bovina da cui si ricava il latte: un formaggio raro e prezioso dalle caratteristiche uniche ed esclusive che vale la pena conoscere.
Abbiamo accennato al fatto che ci troviamo nell’Italia Meridionale (e parzialmente centrale), ma dove precisamente? Il caciocavallo podolico affonda le sue radici in Basilicata, Calabria, Puglia, Campania, Molise e Abruzzo, regioni accomunate da un’economia in passato incentrata sull’allevamento del bestiame e sulla pastorizia: del caciocavallo silano, per esempio, si hanno notizie risalenti al 500 a.C.. I pascoli della Sila, del Gargano, così come quelli del Vulture fanno storicamente da sfondo alla transumanza, ancora adesso parte integrante di questi territori. Tra le razze bovine protagoniste del rito c’è la podolica, una delle più antiche d’Europa, utilizzata in principio come animale agricolo: di origine euroasiatica, si dice sia arrivata in Italia attraverso la discesa dei barbari e oggi se ne contano poco più di 100.000 capi, in quanto con la meccanizzazione del lavoro nei campi ha perso rilevanza.
Le sue peculiarità sono molteplici: ha un mantello che va dal grigio chiaro al grigio scuro, lunghe corna sottili e arcuate, è considerata rustica, forte e resistente ed è per questo che è riuscita ad adattarsi all'ambiente spesso impervio dell’Appennino meridionale, diventando di grande importanza al fine del mantenimento della biodiversità. Le vacche podoliche vivono allo stato brado e semibrado, nutrendosi soprattutto delle erbe spontanee e delle piante selvatiche che caratterizzano i boschi e la macchia mediterranea, dal finocchietto al mirto, passando per il trifoglio e la liquirizia: vegetali molto profumati che trasmettono il loro profilo aromatico al latte e, di conseguenza, al formaggio. A proposito di latte: ovviamente è l’elemento che fa la differenza, perché la produzione è poca, con il picco nel periodo della primavera – da marzo a maggio – ma di altissima qualità, conferendo al caciocavallo podolico il titolo di formaggio nobile.
Detto questo, è arrivato il momento di capire com'è fatto il caciocavallo podolico: ci riferiamo a un formaggio a pasta filata semi stagionata e stagionata, grasso, che si ottiene solamente dal latte vaccino crudo e intero di questa tipologia di vacche. Come per gli altri caciocavalli, ha una forma ovoidale, arrotondata o a pera e può presentare o meno la tipica “testina” con strozzatura: le pezzature sono di varie dimensioni, con quelle grandi che si aggirano tra i 4 agli 8 chili di peso. All’esterno, la crosta è più o meno spessa, più o meno chiara, tra il giallo paglierino e il marrone, a seconda del periodo di invecchiamento. La pasta, invece, è bianco crema o giallastra, compatta, priva di occhiature e con la maturazione tende a scagliarsi, diventando friabile. Non è un caso, infatti, che il caciocavallo podolico sia definito “il Parmigiano Reggiano del Sud”: è un prodotto caseario che esalta le sue proprietà organolettiche grazie alle lunghe stagionature. Si parte da un minimo di tre mesi a qualche anno (dai 3 ai 6 di media), prolungandosi anche fino a 10, sviluppando in questo modo una complessità di sapori (aumentando di sapidità e piccantezza) e aromi straordinaria
Tutto l’universo che ruota attorno a questo formaggio vuole collegarsi al rispetto del territorio, del benessere animale (parliamo di allevamenti estensivi e non intensivi a conduzione familiare, composti da qualche centinaio di esemplari) e delle tradizioni: il caciocavallo podolico, per esempio, in Puglia e in Basilicata è tutelato come Presidio Slow Food e nel Gargano a essere promossa è la stagionatura nelle grotte di tufo, un processo lento e naturale che conferisce maggiore qualità. Tutte le fasi della produzione avvengono in modo artigianale, come quelle del Caciocavallo silano Dop, che tra le diverse razze bovine prevede anche quella podolica: ci sono la coagulazione con il caglio animale, il riposo nel siero una volta rotta la cagliata, la filatura, dove la pasta viene modellata a mano con abilità ed esperienza e la salagione in salamoia. Infine, l’affinamento, con le forme legate a coppie da una corda o una retina e appese nella classica posizione “a cavallo” di un’asse o di una trave all’interno di una cantina o di una grotta
Nobile sì, ma il caciocavallo podolico è un cibo che si presta a essere consumato in modo semplice. Tradizionalmente è un formaggio da mangiare in purezza. Quando le stagionature sono brevi si può gustare alla piastra, esaltando la scioglievolezza della pasta come si fa nel caciocavallo impiccato, mentre le forme invecchiate maggiormente sono perfette per arricchire un tagliere accompagnate da miele, particolarmente consigliati sono quelli di corbezzolo o castagno, oppure affiancate a confetture dalle note piacevolmente piccanti, per esempio quella di pomodori verdi. I vini da abbinare? Resta sulle tipicità locali scegliendo un rosso caldo, morbido e di buon corpo tipo l’Aglianico.