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24 Dicembre 2025 15:00

Vino frizzante e vino spumante: perché non sono la stessa cosa

Frizzante e spumante non sono sinonimi: la differenza dipende da pressione, metodo produttivo e normativa. Capirla ti aiuta a scegliere meglio cosa bere.

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Se ami le bollicine, è facile fare confusione tra vino frizzante e vino spumante, perché vengono spesso usati come se fossero sinonimi. In realtà, vino frizzante e vino spumante non lo sono affatto: non è una questione di sfumature linguistiche, ma di categorie diverse, definite dalla legge e riconoscibili anche al palato.

In Italia questa distinzione conta ancora di più, perché il frizzante fa parte storicamente della nostra quotidianità, mentre lo spumante è spesso associato al brindisi e alle occasioni speciali. Nessuno dei due è "meglio" dell’altro, ma rispondono a logiche diverse. Per capirle davvero, basta osservare tre elementi chiave: pressione, metodo produttivo e normativa; una volta messi a fuoco questi aspetti, anche scegliere una bottiglia diventa molto più semplice.

Oggi vediamo capiamo insieme le differenze tra spumante e frizzante, andando alla scoperta di queste due prospettive diverse sul mondo delle bollicine.

Perché frizzante e spumante non sono sinonimi

Prima di parlare di bollicine e fermentazioni, serve chiarire un punto fondamentale: frizzante e spumante non sono due modi diversi di dire la stessa cosa. La differenza è riconosciuta ufficialmente dalla normativa europea e italiana.

Non è solo una differenza di nome

Entrambi sono vini con anidride carbonica disciolta, ma cambiano intensità, struttura e persistenza dell’effervescenza. Il frizzante punta su una sensazione più leggera e informale, lo spumante, al contrario, su una spuma più decisa e continua. Questa distinzione è stabilita dal Regolamento CE 479/08, confluito poi nel Regolamento UE 1308/2013, che definisce in modo preciso cosa può essere chiamato vino frizzante e cosa vino spumante.

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La pressione: dove tutto ha inizio

Il primo vero spartiacque tra frizzante e spumante è la pressione dell’anidride carbonica presente nella bottiglia. È un dato tecnico, ma è anche ciò che senti subito in bocca, non appena bevi un sorso.

Quanta pressione ha un vino frizzante

Un vino frizzante, per legge, deve avere una pressione compresa tra 1 e 2,5 bar, misurata a 20 °C. Questa pressione, molto contenuta, genera bollicine delicate, poco persistenti, che accompagnano il sorso con leggerezza. Dal punto di vista normativo, il frizzante deve rispettare anche requisiti precisi sul piano alcolico:

  • titolo alcolometrico totale minimo di 9% vol.
  • titolo alcolometrico effettivo minimo di 7% vol.

Sono parametri che lo collocano molto vicino ai vini fermi, motivo per cui il frizzante viene spesso considerato un vino "da tutti i giorni".

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La pressione dello spumante e cosa cambia nel bicchiere

Lo spumante parte invece da una pressione minima di 3 bar, sempre misurata a 20 °C, e può arrivare fino a 6 o 7 bar nei casi più strutturati, come gli spumanti metodo classico.

Questa pressione più elevata dà origine a bollicine fitte, eleganti e persistenti, che restano vive nel calice e sul palato più a lungo. Anche il requisito alcolico cambia: per lo spumante il titolo alcolometrico totale minimo è 8,5% vol., un valore leggermente più basso rispetto al frizzante, ma inserito in una categoria completamente diversa.

Come nascono le bollicine: i metodi produttivi

La pressione diversa non nasce per caso: è il risultato dei metodi di produzione e, soprattutto, dell’origine dell’anidride carbonica, che può essere naturale o aggiunta.

Vino frizzante da fermentazione naturale

Il vino frizzante "in senso stretto" deve contenere anidride carbonica endogena, cioè prodotta naturalmente dalla fermentazione. È un requisito esplicito della normativa. Nel metodo Charmat, la seconda fermentazione avviene in autoclave. Il vino sviluppa CO₂ in un ambiente chiuso, ma la fermentazione viene interrotta prima di superare i 2,5 bar.

Nel metodo ancestrale, invece, il vino viene imbottigliato prima che la fermentazione sia conclusa. I lieviti continuano a lavorare in bottiglia, creando bollicine in modo spontaneo. Finché la pressione resta sotto il limite previsto, il vino rimane legalmente un frizzante.

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 Il vino frizzante gassificato

Esiste poi il vino frizzante gassificato, che rappresenta un caso a parte. Qui l’anidride carbonica non nasce dalla fermentazione, ma viene aggiunta artificialmente a un vino già finito.

La normativa impone una comunicazione molto chiara: in etichetta deve comparire la dicitura "Vino Frizzante Gassificato", spesso accompagnata dall’indicazione "vino addizionato di anidride carbonica". È una forma di trasparenza fondamentale, perché dal punto di vista legale questo prodotto non rientra nella definizione di frizzante da fermentazione naturale.

I metodi di produzione dello spumante

Gli spumanti seguono processi più articolati, pensati per sostenere pressioni elevate.

  • Nel Metodo Classico, la rifermentazione avviene in bottiglia e il vino resta a lungo a contatto con i lieviti, sviluppando aromi più complessi e stratificati.
  • Nel Metodo Charmat per spumanti, la rifermentazione avviene sempre in autoclave, esattamente come per i frizzanti. La vera differenza, però, non sta nel tempo di fermentazione, ma nella pressione finale: se supera i 3 bar, il vino diventa legalmente uno spumante, anche se il metodo è lo stesso.
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Cosa dice davvero la normativa

Oltre alla tecnica e al gusto, la distinzione tra frizzante e spumante è prima di tutto giuridica, ed è qui che emergono alcune sfumature interessanti.

Anidride carbonica endogena ed esogena

Per il vino frizzante, la normativa richiede esplicitamente che l’anidride carbonica sia endogena, cioè prodotta dalla fermentazione; qualora non lo fosse, il vino dovrebbe essere dichiarato come frizzante gassificato.

Per lo spumante, invece, la normativa non specifica formalmente l’origine della CO₂. In teoria, quindi, ammette anche l’aggiunta di anidride carbonica. In pratica, però, gli spumanti vengono sempre prodotti per fermentazione naturale, perché solo così si ottengono qualità e stabilità adeguate.

Il caso italiano e la cultura del frizzante

L’Italia è un’eccezione nel panorama europeo: qui il vino frizzante ha una tradizione storica fortissima. Per questo la normativa nazionale distingue diverse categorie, come il frizzante generico e il frizzante Igt, riconoscendo un modo di bere legato alla convivialità e alla quotidianità, non solo alla celebrazione.

Capire la differenza tra vino frizzante e vino spumante significa bere in modo più consapevole, non tanto per scegliere quale sia "migliore", ma per sapere quale si adatta davvero al momento che stai vivendo: quando sai cosa c’è dietro una bottiglia, anche il brindisi acquisisce un altro significato.

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