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Non solo sushi, ramen, anime e manga: in Italia la cultura e la gastronomia giapponese hanno preso il sopravvento anche grazie alla carne. Si chiama wagyū ed è quella più pregiata al mondo, talmente tanto buona da costare tanto ed essere trattata solo nei ristoranti specializzati. Letteralmente wagyū significa "bovino giapponese" ed è così succosa e speciale che, appena la provi, tutte le altre carni sembrano inferiori per qualità e sapore. Oggi parliamo di una prelibatezza mondiale che è capace di trasformare una cena in pura estasi gastronomica. Quando si parla di questo prodotto però si crea spesso una gran confusione specialmente con il manzo di Kobe che è quello più famoso. Cerchiamo di fare insieme chiarezza per capire tutte le differenze tra le carni provenienti dal Paese del Sol Levante.
La storia della carne che ha conquistato il mondo
Dal momento che tutti hanno sentito parlare di manzo di Kobe, è giusto specificare che quest'ultimo è solo una delle varietà del wagyu che invece è la tipica razza bovina. Piccoli di taglia, pelo nero e selezionati per avere un'importante quota di grasso intramuscolare che viene chiamata marezzatura, ossia ciò che rende la carne eccezionale. Sono quattro le razze principali del wagyu e sono in ordine: Kuroge Washu (Japanese Black), che rappresenta il 90% del bestiame nazionale; Japanese Brown (Akage Washu), Japanese Polled, Japanese Shorthorn. Quindi in sostanza non tutte le wagyu sono Kobe ma tutte le Kobe sono wagyu.

Per oltre mille anni, il Giappone ha vissuto quasi senza carne bovina a causa di tabù religiosi legati al buddismo e interpretazioni shintoiste che allontanarono il consumo dei mammiferi. Questa rigida proibizione durò fino a quando l'apertura del Paese all'Occidente (XIX secolo) cominciò a frantumare barriere culturali e alimentari. Nel 1853 il commodoro Perry costrinse il Giappone a dialogare con il mondo esterno e, con la Restaurazione Meiji del 1868, anche la dieta divenne uno dei campi di modernizzazione. In quel caso anche l'imperatore stesso, per lanciare un messaggio di cambiamento, si mostrò pubblicamente mentre mangiava carne di manzo.
L'allevamento dei bovini fu introdotto nel Paese nipponico molto prima della Restaurazione Meji. Animali provenienti da Cina e Corea che però furono usati esclusivamente come forza lavoro e non come fonte alimentare primaria. Le quattro razze che abbiamo precedentemente citato furono riconosciute successivamente nel 1944 e nascono da incroci con altre mucche occidentali. Le due uniche specie a essere"giapponesi doc", quindi non nati da incroci, sono la Mishima e la Kuchinoshima.
Non solo Kobe
Quando si parla di wagyu molti pensano subito alla Kobe, ma dobbiamo chiarire alcuni aspetti. Quest'ultima fa parte della razza Tajima (un ramo della Japanese Black) e può essere prodotta solo a Kobe, nella prefettura di Hyōgo (antica provincia di Tajima). Per essere allevata deve seguire un disciplinare in cui c'è scritto che i bovini devono avere tra i 28 e i 60 mesi e che ogni capo deve essere certificato con il sigillo Japanese Chrysanthemum Association, unico ente autorizzato a certificare la carne.

Oltre al manzo di Kobe, il panorama è molto più vasto. Una delle denominazioni più antiche è l'Omi-gyu, della Prefettura di Shiga, considerata da alcuni superiore anche al Kobe. Altre celebri carni sono quella di Matsusaka (Prefettura di Mie); Hida (Gifu); Yonezawa (Yamagata) e Sendai (Miyagi). Ogni zona ha selezione, alimentazione, terroir e metodi di allevamento che influenzano sapore, marezzatura e texture finale della carne.
Cosa rende così speciale il wagyu
Il segreto della tenerezza del wagyu è lo stato di benessere assoluto degli animali, cosa che rassicura anche il consumatore più attento all'ambiente. Le mucche vivono felici in tranquillità, hanno gli spazi adeguati e la loro crescita è naturale con l'intervento umano che serve solo a migliorarne la qualità della vita. Un modello che non grava in modo significativo sull'ecosistema che rende questa carne non solo preziosa ma anche sostenibile.
Negli anni, gli allevamenti giapponesi di wagyu si sono specializzati al punto da creare vere e proprie identità locali come quelle che abbiamo raccontato. Il vero marchio di fabbrica, come dicevamo, è il grasso intramuscolare unico ed esclusivo di questa carne: la marezzatura. Esistono anche delle scale specifiche per stabilire la qualità della carne. Il grado di giudizio è bssato su vari fattori tra cui marezzatura, colore, consistenza, lucentezza del grasso e può andare da 1 a 12 dove dodici indica un livello estremo. Combinato con il fattore di qualità, il massimo riconoscibile oggi è un A5-12, ossia resa, freschezza e marezzatura al top.

Oggi, però, il wagyu non è più soltanto giapponese. È allevato anche in Australia, Scozia, Stati Uniti, Canada e persino in Italia, con risultati eccellenti soprattutto in Oceania, dove la cura degli animali ha raggiunto standard molto alti. Pur rimanendo un prodotto di lusso, questa diffusione ha reso la carne più accessibile. I prezzi oscillano moltissimo: si può arrivare anche a cifre record da 3000 euro al chilo, ma già con 80 euro si acquista un wagyu di qualità superiore alla media.
L'esperienza wagyu davanti al banco dello chef
Sono tantissimi i ristoranti giapponesi che offrono l'opportunità di assistere alla preparazione della carne direttamente davanti al bancone dello chef. In questo modo si crea un'atmosfera coinvolgente ed educativa in cui il wagyu master seleziona e prepara con maestria i tagli di carne. Durante l'esperienza tutti i commensali non solo possono apprezzare la qualità della carne, ma anche la competenza dello chef che spiega le caratteristiche di ciascun taglio e le tecniche di cottura ideali.

Tuttavia i prezzi di quest'esperienza sono notevolmente alti anche per la qualità della carne scelta e per il tipo di ristorante. In generale, un menu degustazione di wagyu può partire da circa 10 mila yen a testa (60-70 euro) fino ai 30 mila yen (180 euro) per scelte come la Kobe A5. Solitamente le porte comprendono una selezione di tagli pregiati che vengono preparati con diverse tecniche culinarie che ne esaltano le caratteristiche. I piatti possono spaziare da tartare e carpacci a costate e filetti grigliati che vengono accompagnati da contorni stagionali, salse tipiche e una classica scodellina di riso bianco. In alcuni ristoranti, l'esperienza è arricchita da abbinamenti con sake o vini selezionati, che completano il profilo aromatico della carne.