
"Mio padre mi sconsigliò con forza di fare il cuoco, ma io volevo solo questo, avevo le idee chiare. Oggi mio figlio vuole seguire le mie orme e io non posso commettere lo stesso errore che fece papà con me". È da qui che parte il racconto di Antonino Cannavacciuolo, oggi tra i migliori chef italiani, giudice di MasterChef Italia, host di Cucine da Incubo e uno dei personaggi gastronomici più amati del nostro Paese. Ospite del podcast BSMT by Gianluca Gazzoli, lo chef ha ripercorso la sua vita dal punto di vista professionale e da quello personale, partendo dal complesso rapporto con il papà, i sacrifici degli inizi e una carriera costruita controcorrente, guidata da una convinzione profonda. "Si vede nello sguardo quando qualcuno vuole davvero dedicare la vita alla cucina – puntualizza -. Cucinare è un atto d'amore, il cibo è centrale nella nostra vita e con questo non si deve scherzare".
Maradona, Napoli e il primo sogno realizzato
Tra i racconti più simpatici dell'intervista c'è quello legato alla figura di Diego Armando Maradona. Lo chef Cannavacciuolo ha spiegato che nella vita tutto ha un prezzo tranne i sogni che si realizzano e la maglia autografata del pibe de oro. "Vedere giocare Diego allo stadio mi faceva emozionare – racconta – non avrei mai immaginato che poi me lo sarei ritrovato seduto a un tavolo del mio ristorante. Vederlo mangiare i miei piatti, per me, fu qualcosa di assurdo, ancor di più il fatto che mi chiamava "Tonino", era una cosa che proprio mi faceva perdere l'equilibrio emotivo o, per dirlo alla napoletana, che mi faceva letteralmente squagliare".

Il fenomeno sudamericano gli fece una proposta indecente e cioè che, se fosse diventato allenatore della Nazionale argentina, Cannavacciuolo sarebbe diventato lo chef ufficiale della squadra. "Maradona diventò davvero commissario tecnico dell'Argentina – confessa – volevo chiamarlo e ricordargli della sua promessa e, se devo essere sincero, è stata una della cose più difficili della mia vita. Quel momento mi ha spinto a fermarmi e a fare delle riflessioni, ma poi ho deciso di rimanere qui in Italia".
Lo chef sostiene che molto spesso non ci accorgiamo delle cose che viviamo perché facciamo tutto troppo velocemente. "La questione di Maradona e la possibilità di diventare chef ufficiale della Nazionale argentina era una cosa troppo bella per essere vera ma, ogni tanto, bisogna fermarsi e pensare a quanto abbiamo fatto e quanto abbiamo raccolto, solo così capiamo davvero ciò che siamo", confessa.
Il rapporto difficile con il padre e la formazione in Francia
Antonino Cannavacciuolo ha raccontato anche del complesso rapporto con il padre, segnato da un forte contrasto agli inizi della sua carriera. Lui era un professore al liceo alberghiero e, quando gli confessò di voler intraprendere quegli studi, il padre cercò in tutti i modi di fargli cambiare idea. "Quando decisi di voler essere un cuoco, non mi parlò per un mese – ricorda lo chef – quel rifiuto mi ha segnato profondamente, ma io avevo un solo obiettivo in testa". Diverso il ruolo della madre che, invece, lo ha sempre sostenuto, tanto da sognare l'apertura di un ristorante di famiglia. Nonostante i primi successi, varie menzioni sugli articoli di giornale, l'approvazione paterna invece è rimasta sempre misurata, quasi contenuta e trattenuta, ancora oggi. "Io però lo so che papà non potrebbe essere più orgoglioso di me, me lo dimostra in altri modi e sono felicissimo lo stesso", spiega emozionato.
La vera svolta nella formazione di Antonino Cannavacciuolo arriva all‘Hotel Quisisana di Capri, dove entra in contatto con la cucina stellata e con l'influenza decisiva di Gualtiero Marchesi che era un consulente del ristorante."Li ho capito che la cucina fosse completamente diversa – racconta – Marchesi mi ha trasmesso letteralmente il senso della bellezza gastronomica, della delicatezza e del pensiero dietro ogni piatto". Da quell’esperienza nasce il desiderio di perfezionarsi all’estero. Cannavacciuolo parte per la Francia, dove affronta due stage fondamentali per la sua crescita. “La Francia mi ha insegnato la precisione, l’organizzazione e l’eleganza”, spiega, aggiungendo di aver imparato come si possano creare grandi piatti anche con ingredienti semplici. Un bagaglio che diventerà centrale nella sua identità culinaria.
Villa Crespi, le stelle Michelin e MasterChef
La storia di Villa Crespi nasce quasi come una scommessa. lo chef ha spiegato che dopo il Quisisana, lavorava sul Lago d'Orta e, dopo aver servito il proprietario di Villa Crespi, quest'ultimo gli chiese di accettarne la gestione del ristorante. La svolta arriva quando, in una giornata difficile, a mangiare da lui arrivò Giancarlo Perrotta, direttore della guida del Gambero Rosso. "Quella visita fu totalmente inaspettata ma guadagnai le Tre Forchette. Fu il mio primo riconoscimento, significava che stavo facendo le cose per bene e mi emozionai così tanto che volevo urlare per la gioia". Nello stesso anno arrivarono il matrimonio e le prime Stelle Michelin.

Qualche anno dopo arrivò l'ingresso di MasterChef Italia che, come ha raccontato lo chef, ha inciso profondamente sulla sua carriera. Inizialmente aveva rifiutato la proposta di diventare giudice, poiché era concentrato sull'obiettivo della terza stella. Fu la moglie Cinzia a convincerlo. "MasterChef oggi offre una cultura del cibo a 360 gradi – sottolinea – è un punto fisso del nostro Paese ed è un programma di responsabilità visto che è rivolto a tutte le generazioni e persone di ogni età".
Anche Cucine da Incubo nasce da una resistenza iniziale, superata ancora una volta grazie alla moglie e alla possibilità di girare nei mesi di chiusura programmata del ristorante. Per Cannavacciuolo la cucina resta prima di tutto un atto d’amore. Cucinare per gli altri significa prendersi cura della vita, perché il cibo può accorciarla o allungarla. Ed è proprio questa consapevolezza che lo ha portato a costruire non solo un impero gastronomico, ma anche un ruolo di guida per le nuove generazioni, dentro e fuori dalla televisione.