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20 Ottobre 2025 15:37

Trenta erbe e un’anima: chi è la Pacchiana, il volto fiero della Lucania che si rinnova

La figura femminile ritratta in etichetta è diventata il simbolo di questo amaro, con una storia che inizia più di 130 anni fa. Si tratta della "Pacchiana", la contadina che racchiude nel suo costume tradizionale l'anima di un territorio.

A cura di Federica Palladini
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Molti prodotti enogastronomici made in Italy nascondono storie che arrivano da lontano, in un affascinante intreccio tra ingegno, passione e amore per il territorio: il più delle volte è un simbolo grafico a raccoglierne l’essenza, con il primo che diventa iconico e la seconda che resta misteriosa. Ti sei mai chiesto, per esempio, chi sia la donna protagonista dell'Amaro Lucano? Spicca sull’etichetta della bottiglia dalla fine dell’800, è vestita con abiti tradizionali e porta con sé erbe e piante officinali che rappresentano le 30 botaniche di cui si compone la celebre bevanda spiritosa dalla ricetta segreta ideata dal Cav. Pasquale Vena e prodotta in quel di Pisticci (Basilicata) dal 1894. Facciamo la sua conoscenza.

La Pacchiana: tutta la bellezza della Lucania

La figura femminile che ruba la scena da più di 130 anni è la “Pacchiana”: una popolana, contadina o artigiana, che indossava abiti appariscenti e che nel corso del tempo è diventata simbolo dell’anima più autentica di diverse realtà del Sud Italia, comparendo in modo trasversale dal Lazio alla Calabria, passando per la Basilicata. Il costume, in base a come si componeva, tra gonna, sottogonna, camicia, stola, corpetto era differente non solo a livello regionale, ma anche all’interno dei piccoli paesi, compreso Pisticci, delizioso borgo-presepe in provincia di Matera: si arricchiva di monili, in particolare orecchini di diversa foggia, di un pendaglio e di una spilla, con i colori delle stoffe e gli ornamenti che cambiavano sia a seconda dello stato civile (nubile o maritata) sia dell’occasione, tipo quelle dei giorni di festa. L’abito tradizionale all’interno della comunità era un vero e proprio modo di comunicare attraverso il quale si distinguevano le appartenenze di ceto: sembra che furono le nobildonne a definire “pacchiane” le loro compaesane meno abbienti, con il termine usato in accezione dispregiativa – significato che arriva fino a noi – per indicare un modo di abbigliarsi grossolano, vistoso e di cattivo gusto (a loro parere).

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Amaro, non è più solo una cosa da uomini

A mettere la Pacchiana in etichetta è stato il capostipite Pasquale: la donna lucana al centro come matriarca, pilastro della famiglia e, quindi, della società. Da quel momento la Pacchiana è stata anche il collegamento visivo più esplicito con il territorio, oltre che l’emblema dell’Amaro Lucano, in quanto si tratta del primo amaro che vede ritratta una donna. Un ponte tra passato e presente che non solo resiste ancora, ma a cui il brand ha voluto dare maggiore importanza con un recentissimo e importante restyling, che ha visto una reinterpretazione della Pacchiana in chiave contemporanea: gli abiti storici restano, ma rispetto alla precedente ora è raffigurata a mezzo busto, in primo piano, con il volto e lo sguardo rivolto verso chi osserva la bottiglia. Non è un caso che la sua espressione sia fiera, come spiega Francesco Vena, pronipote di Pasquale e Ceo dell’azienda, arrivata alla quarta generazione, mostrando una donna emancipata e consapevole: una Pacchiana che non disdegna neppure lei un bicchierino di amaro a fine pasto o al momento dell’aperitivo, magari come ingrediente di un buon cocktail.

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