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Il tonno costituisce da sempre una parte fondamentale della dieta dell’essere umano, non a caso è uno dei pesci più mangiati e richiesti al mondo: il prezioso tonno rosso del Mediterraneo, eccellenza dei nostri mari, ma anche specie che arrivano dagli Oceani, come il tonno a pinne gialle tipico degli oceani Pacifico e Indiano. Proprio questa grandissima richiesta, però, è la minaccia più grande per questa specie ittica.
Prendiamo in considerazione l’Italia. Il nostro Paese è uno e dei principali produttori di tonno in scatola a livello europeo, secondo solo alla Spagna, ma è anche tra i primi al mondo quanto a consumi, con un livello di penetrazione nelle famiglie che, secondo i dati Ancit (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare), sfiora il 96%. I dati del resto del mondo sono simili: il tonno, soprattutto quello in scatola, è tra i pesci più consumati e apprezzati perché ricco di nutrienti, economicamente accessibile, assai versatile e molto comodo. Ma è anche sostenibile?

Una richiesta di mercato così imponente porta naturalmente a un aumento della pesca industrializzata, che ancora troppo spesso è distruttiva e finisce per minacciare gravemente la sopravvivenza del tonno e, di conseguenza, la salute dei nostri mari. Per fortuna le azioni per migliorare la gestione globale del settore in ottica di tutela della specie e degli ecosistemi è in crescita, ma anche noi come consumatori possiamo fare il nostro. Come? Informandoci, imparando a riconoscere quali sono le aziende che lavorano con maggiore sostenibilità sfruttando i mezzi a nostra disposizione, come le certificazioni ufficiali e le ricerche proposte da enti come Greepeace e Altroconsumo.
Pesca del tonno e sostenibilità: quale è il problema
I tonni sono tra i pesci a maggior valore commerciale del pianeta e sostengono la pesca sia su piccola scala sia a livello industriale. Secondo l'ONU ogni anno nel mondo vengono raccolte più di 7 milioni di tonnellate di tonno e specie affini, che rappresentano il 20% del valore della pesca marittima e oltre l’8% di tutti i prodotti ittici commercializzati a livello globale, per un commercio dal valore annuo di quasi 10 miliardi di dollari.
I numeri parlano chiaro: il tonno ha un ruolo chiave nell’economia e nel sostentamento di migliaia di persone. Ma come abbiamo accennato questo comporta un enorme problema a livello di sostenibilità. Quando la richiesta è così alta, infatti, non si usano più metodi di pesca controllati e tradizionali ma tecniche di pesca industriale pensate per il profitto più che per il benessere dell’ecosistema. In particolare, la pesca del tonno è soggetta a queste criticità:
- pesca eccessiva, con rischi per la conservazione degli stock di tonno più commercializzati;
- pratiche di pesca illegali, non dichiarate e non regolamentate;
- impatto sugli ecosistemi e sull’habitat marino;
- perdita e abbandono di attrezzi da pesca (come il filo con cui sono fatte le reti da pesca), che oltre a intrappolare e uccidere gli animali inquinano i mari;
- utilizzo di dispositivi per l'aggregazione dei pesci (FAD, Fishing Aggregating Devices) pericolosi per gli altri animali e non biodegradabili.

I programmi di enti come la FAO e le campagne delle ONG stanno iniziando a dare risultati positivi, ma ancora non è sufficiente per dichiarare risolto il problema della pesca intensiva e delle sue conseguenze. Limitare la pesca eccessiva, combattere la pesca illegale, ricostituire gli stock ittici sovrasfruttati, mantenere le catture nei limiti dell'ecosistema e pescare in zone biologicamente sostenibili sono alcune delle azioni richieste ai grandi produttori per salvaguardare l'ambiente marino e il tonno che portiamo in tavola, ma anche noi nel nostro piccolo possiamo agire. Ricorda che i consumatori siamo noi e, come tali, abbiamo potere: di informarci, di acquistare con consapevolezza e di decidere di acquistare il nostro tonno in scatola solo da aziende che si impegnano davvero a essere sostenibili.
I marchi più sostenibili secondo Greenpeace e Altroconsumo
Quali sono gli strumenti che possiamo utilizzare per capire, effettivamente, se quello che stiamo comprando è un prodotto sicuro dal punto di vista della sostenibilità ambientale? Uno dei modi più utili è affidarsi alle ricerche di enti che si occupano di sensibilizzare su questo tipo di tematiche. Per esempio, Greepeace è molto attiva da questo punto di vista, tanto che qualche anno fa pubblicò la sua “classifica rompiscatole” riguardo alle marche più sostenibili presenti sul mercato italiano.

La valutazione aveva incluso gli 11 marchi di tonno più diffusi sui nostri scaffali, che rappresentano circa l'80% del mercato italiano, in base alle loro politiche di sostenibilità e equità, le specie catturate, i metodi di pesca usati e le informazioni che forniscono ai consumatori. Secondo questi criteri, tra i marchi migliori spiccava Asdomar in cima alla classifica, mentre erano bocciate o “rimandate” grandi nomi come Rio Mare, Nostromo e Mareblu.
La bella notizia è che questa campagna ha effettivamente portato dei risultati: proprio Rio Mare, al seguito di questa segnalazione, si è impegnata nell’essere più trasparente riguardo alle informazioni relative a zone e tecniche di pesca del suo tonno. Un impegno che ha ripagato. Basta osservare la classifica pubblicata nel 2024 da Altroconsumo, che ha effettuato i suoi test sulle scatolette di tonno per trovare il marchio più sostenibile. Indovinate chi si trova in cima alla classifica? Proprio Rio Mare, in particolare il suo tonno pescato a canna. Leggendo l’etichetta, infatti, si evince che si porterà in tavola un tonnetto striato pescato a canna nell'Oceano pacifico occidentale, zona FAO 71, in una zona cioè che la "Guida pesci e frutti di mare" del WWF indica "da preferire" perché in quell’area gli stock ittici non sono sovrasfruttati e i pesci catturati con metodi sostenibili.
Le zone di pesca FAO sono un ottimo strumento che possiamo usare per capire se il pesce arriva da un’area “buona”, ovvero dove gli stock non sono sovrasfruttati e i metodi di pesca sono più selettivi, così come lo sono le certificazioni di parti terze indipendenti mirate a garantire il rispetto di determinatati requisiti ambientali e/o etici durante la produzione e commercializzazione di un prodotto. Attenzione in questo caso: il sistema delle certificazioni non è ancora trasparente, visto il confitto di interessi legato al fatto che il controllato (il produttore) paga il controllore (l’ente certificatore). In secondo luogo, le certificazioni non sono tutte uguali, alcune hanno standard severi mentre altre sono ancora troppo limitate, vaghe o poco limpide.
Pur con tutti questi limiti, una certificazione è un valore aggiunto per chi è attento alla sostenibilità di ciò che acquista. Le quattro più affidabili relativamente alla questione della sostenibilità della pesca sono Marine Stewardship Council, Friend of the Sea, Dolphin Safee Aenor.
