video suggerito
video suggerito
21 Ottobre 2025 10:48

Spritz, carbonare e cliché: la feroce critica del New York Times all’Italia “parco giochi del cibo”

Il New York Times critica la trasformazione delle città italiane in parchi tematici del cibo, dove la tradizione gastronomica è ridotta a un'attrazione turistica, con spritz e carbonara che soffocano l'autenticità e la vita locale. In un paese dove il cibo è identità, il quotidiano statunitense mette in guardia contro la "foodification". Ma questo fenomeno non è appannaggio esclusivo del nostro Paese.

A cura di Francesca Fiore
0
Immagine

Il New York Times ha sollevato una critica impietosa nei confronti di come le città italiane stiano evolvendo sotto l'assalto del turismo gastronomico. Dalle strade di Bologna a quelle di Roma, passando per Firenze e Torino, i centri storici italiani sono sempre più simili a parchi tematici del cibo, dove la tradizione gastronomica viene esibita come una merce da consumare, ma spesso perde la sua essenza autentica.

"Le vie di Bologna, Firenze, Roma e Torino sono diventate una sorta di ristorante a cielo aperto, dove si serve la carbonara in padelle ‘instagrammabili' e le sfogline lavorano dietro vetrine come in un zoo delle nonne italiane", scrivono Emma Bubola e Motoko Rich nel loro articolo. La descrizione non lascia spazio a equivoci: ciò che una volta era simbolo di tradizione e cultura alimentare si sta ora trasformando in un’attrazione turistica, pensata per soddisfare il desiderio di foto perfette e cliché gastronomici. Non è più la vera cucina italiana che si offre, ma un prodotto confezionato, spesso ridotto a stereotipi che nulla hanno a che fare con la realtà quotidiana delle città italiane.

Il parco giochi dei social network è globale

Il fenomeno della "foodification", come viene definito, è ormai evidente. In molte città italiane, i centri storici stanno diventando luoghi dove ristoranti e bar si somigliano tutti, offrendo piatti simili e omologati, senza alcuna connessione con la tradizione locale. A Roma, Firenze e Venezia, per esempio, i residenti sono sempre meno, mentre la città si riempie di turisti in cerca di un'esperienza gastronomica che si ripete all'infinito. Le botteghe storiche sono sostituite da negozi di limoncello e tiramisù, mentre i ristoranti servono spaghetti e pizza a ogni angolo, senza distinguersi per originalità o qualità. Questo fenomeno sta portando a una crescente omologazione che minaccia di cancellare l’identità unica di ciascuna città e la sua cultura culinaria.

Ma l’Italia non è l’unico paese a essere colpito da questo fenomeno: la "foodification" è un fenomeno che sta prendendo piede in molte città del mondo. Dalle strade di Tokyo a quelle di New York, dai quartieri storici di Barcellona a quelli di Istanbul, l’idea di trasformare i centri urbani in parchi tematici del cibo si sta diffondendo ovunque. Ovunque, i cibi tipici e le tradizioni gastronomiche stanno perdendo il loro legame con la cultura locale, per diventare merce da consumare rapidamente, spesso in contesti artificiali e superficiali. Le tradizioni culinarie, un tempo simbolo di appartenenza e identità, sono ora vendute come una mera esperienza turistica, e rischiano di scomparire sotto il peso della globalizzazione gastronomica.

Immagine

Un turismo che soffoca la vita quotidiana

La trasformazione dei centri storici in un "luna park gastronomico" ha anche un impatto sulla vita quotidiana. Le città italiane, un tempo ricche di vita e cultura locali, stanno vedendo un massiccio esodo dei residenti, che si sentono sempre più emarginati dalle proprie città. Questo cambiamento è particolarmente evidente nelle città come Roma, dove in 15 anni la popolazione del centro storico è diminuita di oltre un quarto. Le vie non sono più percorribili dalle persone che ci vivevano, ma sono diventate strade per i turisti in cerca di piatti "autentici" ma privi di anima. La vita urbana si sta trasformando in una mera rappresentazione per il consumatore, dove tutto è messo in vendita, e nulla resta davvero legato alla tradizione.

Ma questo fenomeno non si lega solo alle grandi città o a quelle turistiche per vocazione: il New York Times cita ad esempio Palermo, dove le vie del centro storico sono invase da ristoranti che servono piatti tipici come arancine, cannoli e Aperol spritz, ma a scapito dell’autenticità e della vita locale. Il quotidiano statunitense fa riferimento a via Maqueda, una strada di Palermo che ospita ben 31 ristoranti, creando un'atmosfera più adatta a un parco divertimenti gastronomico che a un vero centro storico.

Immagine

Quale futuro per la gastronomia italiana

Se è vero che la cucina italiana è parte integrante dell'identità e dell'economia nazionale, non si può ignorare il rischio che questo sovraffollamento gastronomico ne stia soffocando il carattere. Mentre il turismo gastronomico cresce e contribuisce al Pil, con il fenomeno della "foodification" che rappresenta ormai una parte significativa dell’offerta turistica, è altrettanto vero che questa evoluzione sta minando il valore culturale della cucina stessa. Non è più la passione per il cibo a guidare il flusso turistico, ma la ricerca di un'immagine, di una cartolina da condividere sui social, dove tutto è preparato per essere consumato in fretta e via.

Il governo italiano ha recentemente candidato la cucina italiana a Patrimonio UNESCO, un riconoscimento che, da un lato, valorizzerebbe agli occhi di tutto il pianeta l'eccezionalità di una cucina italiana (anche se dovremmo dire "le" cucine italiane) ma, dall'altro lato, rischia di contribuire alla standardizzazione e alla commercializzazione della tradizione culinaria.  Se il Paese non troverà un modo per riequilibrare il rapporto tra il turismo gastronomico e la tutela delle sue tradizioni autentiche, rischierà di perdere la sua vera essenza, lasciando al posto delle sue meravigliose città solo una versione surrogata, incentrata su spritz e carbonara.

Immagine
Quello che i piatti non dicono
Segui i canali social di Cookist
api url views