
Se la globalizzazione di cui molto spesso ci lamentiamo ha portato qualche aspetto negativo, ogni tanto vale la pena ricordarne anche qualcuno positivo: tra questi, la possibilità di spostarci con più facilità da un posto all'altro, aprendo la strada all'opportunità di un continuo scambio interculturale tra popoli diversi, con le loro abitudini, usanze e, cosa che a noi piace tanto, il loro cibo. E se è vero che la cultura di un Paese si riconosce anche, e soprattutto, a tavola, mangiare cucine provenienti da altre parti del mondo, significa conoscerla in maniera più profonda. Ora, un nuovo studio inglese, afferma anche che se ci piacciono i cibi internazionali, siamo più tolleranti verso le persone straniere.
La ricerca
Lo studio è stato condotto dalle università di Birmingham e Monaco di Baviera e ha interessato circa mille adulti britannici: è stato analizzato il legame esistente tra l'apprezzamento di sei cucine straniere (indiana, turca, cinese, thailandese, caraibica e spagnola) e l'atteggiamento nei confronti di immigrati provenienti da Africa, Caraibi, Asia ed Europa. Ciò che è stato rilevato è sorprendente: sembra che chi nutre un amore verso le cucine internazionali, percepisca in maniera positiva anche gli stranieri, con una conseguente diminuzione del sostegno verso i politici "anti-immigrazione".
La correlazione non esiste solo perché le persone erano già di per sé più aperte, ma sembra che l'atteggiamento positivo nasca dall'aver avuto un maggior contatto proprio con persone di culture diverse, ampliato poi dall'esperienza sensoriale data dal cibo. Come riportato dal Guardian, il dottor Rodolfo Leyva, dell'Università di Birmingham e autore principale dello studio, ha affermato: "I ristoranti o le bancarelle di cibo tendono a offrire ambienti accoglienti che facilitano interazioni naturali e amichevoli con le persone delle comunità di immigrati. A differenza dei musei o dei concerti, che possono richiedere una conoscenza pregressa o un interesse per un'altra cultura, tutti mangiano e il cibo è uno dei modi più accessibili e piacevoli per sperimentare la diversità culturale".

Quali implicazioni sociali può avere questa ricerca
Non siamo più ai tempi dell'apartheid, ma di certo alcuni problemi restano: la xenofobia, la paura del diverso, sono ancora oggi esistenti, nondimeno in alcuni ambienti politici che, spesso, portano avanti (a volte con inconcepibile risolutezza) una sorta di supremazia di un'etnia rispetto a un'altra. Un problema ancora troppo insistente e su cui bisognerebbe lavorare e, per i ricercatori, questo studio potrebbe rappresentare proprio una piccola luce in fondo al tunnel, partendo proprio dal cibo. Organizzare nelle scuole, ad esempio, delle degustazioni con piatti provenienti da tutto il mondo per far sì di limitare, se non eliminare del tutto, i pregiudizi verso chi è "diverso da noi". Lo studio si basa, tra l'altro, sulla teoria del contatto intergruppi, secondo cui le interazioni tra gruppi etnici diversi favoriscono la tolleranza, riducendo pregiudizi e stereotipi.
È bene comunque specificare, come nel caso di altri studi, che la ricerca ha preso in esame mille cittadini britannici bianchi e quindi non è così facile poter generalizzare. Inoltre, potrebbe comunque essere difficile, per persone poco predisposte verso altre culture, avvicinarle a cucine straniere, anche se i ricercatori hanno aggiunto che "le associazioni sono rimaste solide dopo aver controllato tre distinte misure di preferenze politiche di destra, suggerendo che l'interazione con il cibo esercita un effetto anche tra gli individui che probabilmente presentano un livello di apertura inferiore".