Usiamo ancora troppo sale, addirittura il doppio delle quantità raccomandate: la Settimana globale per la riduzione del consumo di sale vuole sensibilizzare tutti a un problema che è più reale di quanto pensiamo.
Ogni anno, in primavera, si accende una campagna globale silenziosa ma cruciale per la salute pubblica: è la Settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale. L'iniziativa, promossa dalla World Action on Salt, Sugar and Health (WASSH), ha un obiettivo semplice quanto ambizioso: farci mangiare meno sale. Non perché il sale sia un veleno, ma perché, come spesso accade, è la quantità che fa il danno.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), non dovremmo superare i 5 grammi di sale al giorno, l’equivalente di un cucchiaino da tè. Ma quasi nessuno rispetta questo limite: in molti Paesi, Italia compresa, ne consumiamo il doppio, spesso senza rendercene conto. Il motivo? Il sale è nascosto. Il sale, infatti, non è solo quello che aggiungiamo con la mano, ma soprattutto quello presente nei cibi confezionati: pane, formaggi, salumi, snack, salse pronte, piatti precotti e anche in alimenti insospettabili.
Eppure, quel pizzico in più può nel tempo può causare molti problemi, aumentando eccessivamente la pressione arteriosa, affaticare il cuore, danneggiare i reni e aumentare il rischio di infarti e ictus. Il problema non riguarda solo gli anziani: si tratta di una vera e propria emergenza sanitaria globale. Un’occasione per guardare l’etichetta (e il piatto) con occhi nuovi: durante questa settimana, associazioni, esperti e istituzioni sanitarie si mobilitano per informare, educare e stimolare cambiamenti. Si organizzano campagne informative, si diffondono materiali nelle scuole e negli ospedali, e a volte anche le aziende rispondono con impegni per ridurre il contenuto di sale nei loro prodotti.
Non si tratta di demonizzare un ingrediente, ma di recuperare un equilibrio: un invito a riscoprire il gusto autentico del cibo. Le alternative, infatti, sono molte: si possono usare spezie, erbe aromatiche, limone o aceto per insaporire i piatti, senza eliminare del tutto il sale ma, allo stesso tempo, senza abusarne.
Il consumo eccessivo di sale è una delle principali preoccupazioni per la salute pubblica a livello globale. Secondo l'Oms, l'assunzione media giornaliera di sale nella popolazione adulta è di circa 10,8 grammi, più del doppio rispetto alla soglia raccomandata di meno di 5 grammi al giorno. Per affrontare questo problema, l'Oms ha fissato l'obiettivo di ridurre del 30% l'assunzione media di sale nella popolazione entro il 2025.
In Italia, i dati raccolti nell'ambito del Progetto CUORE indicano che, nel periodo 2018-2019, il consumo medio giornaliero di sale era di 9,5 grammi negli uomini e 7,2 grammi nelle donne: valori che, sebbene inferiori alla media globale, restano comunque al di sopra delle raccomandazioni dell'Oms.
Nel nostro piccolo, ogni gesto conta: leggere l’etichetta prima di mettere qualcosa nel carrello, scegliere prodotti a basso contenuto di sodio, cucinare più spesso in casa. E magari iniziare a educare i bambini al gusto naturale degli alimenti, prima che il loro palato si abitui a sapori artificialmente “potenziati”.
In Italia, sono state avviate diverse iniziative per sensibilizzare la popolazione sull'importanza di ridurre il consumo di sale, tra cui campagne informative e programmi di educazione alimentare. Tuttavia, i dati indicano che solo una parte della popolazione riesce a mantenere l'assunzione di sale entro i limiti raccomandati, evidenziando la necessità di ulteriori sforzi per promuovere abitudini alimentari più salutari. È fondamentale continuare a monitorare il consumo di sale e implementare strategie efficaci per ridurne l'assunzione, per migliorare la salute della popolazione e prevenire le malattie correlate all'eccesso di sodio nella dieta.