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17 Luglio 2025 15:00

Quali sono le differenze tra concentrato, doppio e triplo pomodoro

Il concentrato di pomodoro è un aiuto molto valido in cucina, un vero e proprio ingrediente “magico”. Ma lo sai che ne esistono tre versioni, semplice, doppio e triplo? Differiscono in base alla concentrazione di residuo secco, una caratteristica che influenza il gusto e la consistenza con quello classico più semplice e delicato, quello triplo particolarmente intenso e corposo, il doppio che è una via di mezzo tra i precedenti. Quali sono le caratteristiche di ognuno e come si usano? Ecco tutto quello che devi sapere.

A cura di Martina De Angelis
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Il concentrato di pomodoro è un ingrediente “magico” a cui non puoi più rinunciare se lo hai provato: si tratta di una conserva sotto forma di pasta densa e saporita che si ottiene dalla lunga cottura della polpa dei pomodori – soprattutto San Marzano e altre tipologie di perini e datterini maturi, dolci, sodi e poco acquosi – privata dei semi, che viene parzialmente disidratata per ottenere una salsa rossa molto più densa del classico sugo e, poichè privata di buona parte della componente acquosa, anche ancora più ricca di gusto. Proprio per questo il concentrato di pomodoro è “magico”: ne basta davvero poco per dare più sapore a ogni pietanza, che sia un semplice riso in bianco o un pollo alla cacciatora, anche se si usa principalmente per insaporire sughi, ragù, stufati e minestre.

A seconda della quantità di residuo secco presente, il composto di pomodoro si divide in tre tipologie diverse: il concentrato semplice, con un residuo secco non inferiore al 18%, il doppio non inferiore al 28% e il triplo non inferiore al 36%, tutti al netto del sale eventualmente aggiunto. I diversi livelli di concentrazione creano alcune differenze tra le tre salse, in particolare riguardo al gusto e alla consistenza: proprio per questo ogni tipologia di concentrato è adatto a un tipo di ricetta diversa. Ecco tutto quello in cui differiscono le tre tipologie di concentrato di pomodoro e come utilizzarle al meglio per sfruttare le proprietà di ciascuna.

Come si ottiene il concentrato di pomodoro

Prima di addentrarci nelle distinzioni tra le tre tipologie è bene capire come si ottiene il concentrato di pomodoro, anche perché la lavorazione base è simile per tutte le lavorazioni, con l’unica differenza della quantità di acqua evaporata durante la lavorazione e quindi del residuo secco che rimane. Il concentrato di pomodoro si ottiene proprio riducendo la percentuale di acqua contenuta nell’ortaggio ai minimi termini, tramite una cottura lentissima e altri procedimenti particolari.

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Dopo un’accurata pulitura i pomodori vengono triturati e preriscaldati ad alte temperature all’interno dell’evaporatore (tra gli 85°C e i 100°C): proprio qui si ottengono le diverse tipologie, perché il livello di concentrazione è gradatamente aumentato fino a raggiungere la densità richiesta allo stadio finale, stabilito da specifici criteri legislativi che impongono le percentuali per ottenere il concentrato semplice, doppio o triplo.

Le quantità necessarie per ottenere il concentrato di pomodoro sono piuttosto importanti: per 1 solo kg di concentrato semplice sono necessari 5-6 kg di pomodoro. Per questo motivo la sua produzione è principalmente industriale e lo trovi facilmente al supermercato nella classica confezione in tubetto, ma in realtà puoi preparare il concentrato anche in casa. Anzi, è una tradizione antica quella da cui nasce questa salsa, nata dalla tradizione diffusa in diverse zone del Centro/Sud Italia di preparare la passata di pomodoro a fine agosto/inizio settembre. In alcune aree, come per esempio in Sicilia, è sempre stata consuetudine preparare il concentrato di pomodoro oltre che la passata, usando la tradizionale “scannatura”, dal nome delle grandi tavole di legno sulle quali viene stesa la salsa e fatta asciugare al sole. A lungo il concentrato di pomodoro industriale non ha goduto di buona reputazione, ma oggi se ne trovano di buoni anche sugli scaffali dei supermercati, a patto di sapere riconoscere quelli di qualità migliore.

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Differenze e caratteristiche del concentrato semplice, doppio e triplo

La differenza tra le tre tipologie di concentrato che si trovano comunemente in commercio è stabilita dalla legge e si basa sulla percentuale di sostanza secca (ovvero di pomodoro) presente nel prodotto finale: dipende dalla quantità di acqua evaporata durante la lavorazione e dal residuo di secco che rimane, caratteristiche che portano una notevole differenza a livello di consistenza, di sapore e di utilizzo tra le tre varietà. Non solo: l’aumento di concentrazione cresce anche il contenuto di licopene, il pigmento rosso del pomodoro noto per le sue proprietà antiossidanti.

Il concentrato semplice è definito tale quando contiene un residuo secco non inferiore al 18%, caratteristica che comporta una texture cremosa e un gusto delicato. Proprio per questa sua leggerezza viene usato più che altro come “tocco finale” o per aggiungere una lieve spinta di sapore, per esempio nelle minestre di verdure, nelle salse agrodolci e per rinforzare un sugo pronto come, tra i tanti, il pesto di pomodorini.

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Il concentrato doppio è un pochino più intenso, con una percentuale di residuo secco che non deve essere non inferiore al 28%. Proprio per questa sua concentrazione, né troppo bassa né troppo alta, è il concentrato più popolare: dalla consistenza densa e dal sapore intenso, è il prodotto della tradizione per eccellenza perché la sua resistenza alle lunghe cotture lo ha reso ideale da sempre per insaporire e migliorare la consistenza di ragù, stufati o spezzatini, ma anche per arricchire sughi, salse e piatti che richiedono una lunga cottura. Si può anche usare in ripieni, torte salate e per dare un tocco in più a piatti già pronti.

Il concentrato triplo è quello più intenso di tutti i concentrati di pomodoro: per essere definito tale deve avere una percentuale di residuo secco non inferiore del 36%, motivo per cui produrne appena 1 kg richiede fino a 8-9 kg di pomodori freschi. È denso e intenso, da usare in dosi moderate proprio per il suo sapore molto deciso e per la consistenza corposa, caratteristiche che lo rendono ideale per piatti strutturati o a lunga cottura come stufati, spezzatini e sughi corposi, oppure come base per altre preparazioni più complesse, per esempio il ketchup o altre salse fatte in casa.

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