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8 Maggio 2025 13:53

Mercurio nel tonno, uno studio spiega che con un probiotico si può ridurre l’assorbimento

Una ricerca condotta negli Stati Uniti riportata su Cell Host & Microbe ha spiegato che grazie a un probiotico particolare si potrebbe diminuire l'assorbimento di mercurio presente nel tonno.

A cura di Enrico Esente
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Il mercurio è un metallo pesante che, già da qualche anno, ha iniziato a destare preoccupazione per la salute umana. Il fatto che sia presente nei prodotti ittici, in modo particolare nel tonno, ha creato allarmismo tra le persone in quanto è molto diffuso sulle nostre tavole. Bisogna capire perché il tonno contenga mercurio e quali sono i potenziali pericoli e i soggetti più a rischio per un tema che è ampiamente dibattuto. Uno studio condotto su modelli animali però spiegherebbe che, un batterio che si trova normalmente nell'intestino e considerato innocuo, potrebbe essere modificato a tal punto da poter ridurre l'assorbimento del mercurio in maniera drastica grazie ad alcuni enzimi che neutralizzerebbero il metallo.

Tutte le fasi dello studio

Pubblicato su Cell Host & Microbe, i ricercatori dello studio condotto sul mercurio provengono dalle Università di Los Angeles e San Diego. Durante le ricerche hanno pensato di provare a sfruttare le qualità di alcune specie di batteri capaci di resistere a un metallo pesante come il mercurio. Così facendo e proseguendo nella ricerca, hanno provato a modificare la struttura del batterio selezionando due enzimi che riescono a rendere il metilmercurio inoffensivo. In questo caso verrebbe trasformato in mercurio eliminando la molecola del gruppo metile che lo fa diventare una sostanza tossica.

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Il batterio in questione si chiama Bacteroides thetaiotaomicron, quindi i ricercatori hanno inserito le sequenza del dna, che codificano questi enzimi, nel batterio citato prima e che si trova normalmente nell'intestino degli esseri umani e dei roditori. Attraverso un test in vitro, gli scienziati hanno sostituito il microbiota intestinale dei topi con il batterio modificato. Somministrando grandi dosi di metilmercurio, volendo simulare un'esposizione acuta al metallo, si è arrivati alla conclusione che dopo tre ore i livelli erano scesi notevolmente e che, dopo quattro giorni, si erano abbassati ancora di più.

Perché il mercurio si trova nel tonno e quanto ne possiamo mangiare

Prima di proseguire con quella che potrebbe essere una scoperta importantissima è giusto spiegare come il mercurio si trovi nel tonno e nei prodotti ittici. Le attività umane, le industrie, l'uso di combustibili fossili non fanno altro che far aumentare la concentrazione di mercurio negli oceani. I microrganismi del mare trasformano il mercurio in metilmercurio che, come specificato poc'anzi, è la forma tossica di questo metallo e che si accumula nella catena alimentare marina. Essendo il tonno un predatore di grandi dimensioni, mangiando pesci più piccoli (che hanno accumulato metilmercurio), concentra tutto nel suo organismo in quantità maggiore.

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Le normative europee hanno fissato i limiti massimi di mercurio consentito ingeribile dai prodotti ittici. Per il tonno, il limite massimo è di 1mg/kg. Importante notare che il tonno in scatola può avere una maggiore concentrazione di mercurio rispetto al tonno fresco perché durante la lavorazione perde acqua, concentrando di fatto il metallo pesante. L'assunzione di troppo mercurio farebbe andare incontro a difficoltà muscolari, peggioramento della vista, perdita della memoria e difficoltà a concentrarsi. Le donne in gravidanza sono considerate come categoria a rischio in quanto, gli effetti del mercurio potrebbero avere ripercussioni sul feto. 

Il probiotico della svolta

Ritornando allo studio e al batterio modificato, per aumentare le certezze gli scienziati hanno dato alle cavie da laboratorio una dieta a base di tonno rosso (la specie contenente più mercurio). Anche questa volta i risultati sono stati soddisfacenti e hanno confermato l'efficacia del Bacteroides thetaiotaomicron che ha permesso di ridurre il metilmercurio anche nel cervello e nel fegato, organi dove si deposita generalmente di più. La maggior parte dei test effettuati anche con altri pesci, sono stati positivi ma non siamo ancora giunti alla certezza massima. 

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Si sta cercando di mettere in pratica nuove ricerche con altrettanti esperimenti. Se confermeranno le potenzialità di quanto scoperto finora, si potrebbe ottenere una soluzione a un problema che finora è sempre stato irrisolto e a cui nessuno ha sputo dare spiegazioni esaurienti. Gli esperti consigliano l'assunzione di probiotici specifici che potrebbero neutralizzare i rischi, soprattutto per le categorie più a rischio come le donne incinte.

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