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6 Ottobre 2025 11:37

Mai più “tipo Parma”: il prosciutto più famoso d’Italia vince la battaglia contro le frodi

Il Prosciutto di Parma vince la sua battaglia: la Cassazione dice basta ai “tipo Parma”. Solo chi ha davvero diritto potrà portare quel nome simbolo d’Italia e della sua autenticità.

A cura di Enrico Esente
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Il Prosciutto di Parma Dop è uno di quei prodotti che ti fa obbligatoriamente pensare all'Italia, soprattutto se lo ritrovi in un viaggio all'estero. Tra gli alimenti più istituzionali e riconosciuti non solo del nostro Paese, ma dell'intero panorama gastronomico a livello mondiale, ha vinto la sua battaglia contro le frodi commerciali. Ma effettivamente cos'è successo? Bisogna tornare al 2017 quando il Consorzio Prosciutto di Parma avviò una battaglia legale. Con una sentenza destinata a fare epoca, la Suprema Corte di Cassazione ha fissato un confine netto: non si può accostare la dicitura "Parma" a nessun salume che non ha il diritto di farlo. Capiamo meglio nel dettaglio.

La sentenza che spezza una dicitura

La controversia muove i suoi passi partendo da un salumificio abruzzese che, nel 2017, ha immesso sul mercato confezioni destinate all'estero (Germania, Repubblica Ceca, Lussemburgo) con la dicitura "Jambon tipo Parma". Pur non scrivendo integralmente "Prosciutto di Parma", più di qualcosa faceva pensare a un'associazione tra i due prodotti. Una situazione che chiaramente ha fatto storcere il naso al Consorzio in quanto mossa di marketing, quella del salumificio abruzzese, che sicuramente avrebbe "deviato" il compratore straniero. Quest'ultimo leggendo la dicitura "Parma" accanto a un prodotto sicuramente inferiore in qualità, lo avrebbe acquistato pensando di mangiare quello "originale".

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A quel punto è così che è iniziata una battaglia legale che si è protratta fino alla Cassazione. Quest'ultima, con la sua decisione definitiva, ha confermato le condanne emesse nei gradi precedenti. "L'uso di espressioni generiche che evocano nomi protetti, costituisce frode in commercio e lesione della denominazione d'origine". In poche righe, i giudici hanno stabilito un principio chiaro: "Evocare un marchio è un inganno anche nel caso in cui il consumatore sa di acquistare un prodotto generico".

Cosa cambia, per il consumatore e per l’industria

Non si tratta solo di salvaguardare un marchio o un prosciutto: questa sentenza assume valenza simbolica per tutto il panorama delle Dop italiane. "Difendere la proprietà intellettuale significa difendere la fiducia del consumatore e l'immagine costruita da produttori che operano nel rispetto delle regole", ha sottolineato Alessandro Utini, presidente del Consorzio Prosciutto di Parma. "Ogni tipo, ogni piccola variante sulla dicitura – continua – richiama un nome protetto che diventa terreno di contesa".

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Da questo momento il consumatore avrà maggiore chiarezza. Non troverà più un prodotto indicato come "prosciutto tipo Parma" e nessuna vaga allusione potrà più confonderlo dall'acquistare quello conforme agli standard Dop. Per i produttori tutelati: una sponda giudiziaria robusta. Non dovranno più inseguire caso per caso chi sfrutta suggestioni. Il sistema giuridico ha definitivamente messo un sigillo contro usi scorretti del nome. Anche per il mercato c'è stato un segnale forte: se si vuole usare il nome “Parma” bisogna avere diritto di farlo.

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