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7 Agosto 2025 11:00

Le cozze non vanno mangiate nei mesi con la R: mito popolare o verità scientifica?

La regola del “non mangiare cozze nei mesi con la R” nasce dai nostri nonni: in quei mesi (settembre‑aprile) le cozze sono in fase di riproduzione, quindi meno saporite e più “stressate”. Scopriamo da dove arriva questa simpatica credenza.

A cura di Enrico Esente
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Ce l'abbiamo ancora davanti agli occhi la scena di nostra nonna che, dopo aver comprato le cozze tra settembre e aprile, ci sgrida dicendoci che non dovrebbero assolutamente essere mangiate nei mesi con la "erre". Una regola ferrea che è ancora viva sulle tavole italiane, soprattutto su quelle delle città di mare. Ma qual è il vero motivo di tutto questo ed è quindi vero quanto ci diceva nostra nonna? Tra credenze antiche e intuizioni sagge, scopriamolo insieme.

Qual è la verità di questa credenza: la risposta scientifica

La regola è una ed è semplice: evita le cozze nei mesi che contengono la lettera "R" e gustale tra maggio, giugno, luglio e agosto (gennaio è una macchia che in inglese e francese viene cancellata "january/janvier"). A tutto questo ovviamente risponde la scienza che ci spiega che le cozze mediterranee, da maggio ad agosto, hanno completato il loro ciclo riproduttivo e si presentano con carne soda, polposa e saporita. Al contrario, durante i mesi con la erre e quindi quelli autunnali-invernali, i mitili sono in piena fase di riproduzione e per questo meno pregiate. Le cozze che acquistiamo nei mesi invernali sono sicuramente di importazione e coltivate nei mari oceanici e con temperature molto diverse da quelle del Mediterraneo. La loro fase riproduttiva è un processo molto complesso che altera la chimica interna del frutto di mare. Le loro risorse energetiche sono impegnante e la polpa è meno gustosa. 

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Ci sono invece altre persone che sostengono che i frutti di mare vadano mangiati nei mesi con la erre, quindi l'esatto contrario di quanto detto fin qua. Questa usanza affonda le sue radici in tempi lontani, quando i frigoriferi non esistevano e il consumo di pesce crudo era molto più comune di oggi. All’epoca, mangiare prodotti ittici senza cottura significava doverli consumare appena pescati e mantenuti in perfette condizioni, per scongiurare il rischio di spiacevoli intossicazioni. Ovviamente dato che i mesi invernali sono più freddi, c'era "più tempo" per conservare gli alimenti.

Prima delle catene del freddo e dei controlli sanitari, il rischio di intossicazioni da tossine algali (come quelle estive) era concreto. Alcune fonti sostenevano quindi di evitare di mangiare frutti di mare nei mesi più caldi in quanto le alghe tossiche proliferavano proprio in estate. Oggi, però grazie alla depurazione e ai controlli, è molto raro incontrare cozze pericolose anche in estate.

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In conclusione, diciamoci la verità: non si tratta solo di sapore. Rispettare la stagionalità non solo sta alla base della cucina ma significa anche dare respiro agli allevamenti, permettere la riproduzione naturale e contribuire a una pesca più sostenibile. E poi, siamo onesti: c’è qualcosa di affascinante nell’onorare un’indicazione che viene dai tempi dei nostri nonni e faremo di tutto perché questa credenza rimanga viva ancora per tanti anni.

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Quello che i piatti non dicono
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