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10 Agosto 2025 13:00

Il pane di Santa Chiara: la pagnottella che unisce fede, storia e sapore

Storia, profumi e memoria di una pagnottella che a Napoli, ogni 11 agosto, diventa gesto di fede e di condivisione: ecco la storia del pane di Santa Chiara.

A cura di Francesca Fiore
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A Napoli l’11 agosto non è soltanto una data segnata in rosso sul calendario liturgico. È un giorno in cui la città sembra rallentare, sospesa tra il calore estivo e il suono lontano delle campane che annunciano la festa di Santa Chiara d’Assisi. Nei vicoli, il profumo del pane appena sfornato si mescola all’odore salmastro che arriva dal porto, mentre davanti a qualche forno di quartiere si vedono file silenziose e pazienti. Non tutti sanno che, dietro quell’attesa, si cela una delle tradizioni più delicate e meno conosciute della cucina popolare partenopea: le pagnottelle di Santa Chiara.

Piccole, rotonde, fragranti e custodite spesso in cesti coperti da tovaglie bianche, queste pagnottelle nascono in un contesto monastico e si portano dietro una storia che intreccia fede e gastronomia, povertà evangelica e ingegno culinario. Ogni anno, per secoli, le monache Clarisse di Napoli le hanno preparate con cura, benedette e donate ai poveri, trasformando un cibo umile in un messaggio di accoglienza e speranza. Quel gesto, semplice solo in apparenza, ha attraversato i secoli ed è arrivato fino a noi come testimonianza viva di un legame inscindibile tra sacro e quotidiano, tra l’altare e la tavola.

Dalle grate del convento alle strade di Napoli

L’origine di questa usanza affonda le radici nel Monastero delle Clarisse di Napoli, dove le monache, in occasione della festa della loro fondatrice, preparavano centinaia di piccoli pani destinati ai più bisognosi. Il gesto non era semplice beneficenza: era un segno concreto dell’eredità di Santa Chiara, che aveva fatto della povertà e della condivisione la sua bandiera spirituale. Il pane, in questo contesto, diventava un simbolo di provvidenza e di legame tra il convento e la città, un modo per dire che nessuno, in quel giorno, doveva sentirsi escluso.

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La pagnottella di Santa Chiara nasce da ingredienti semplici, quelli che un tempo si trovavano facilmente nelle cucine popolari. La farina era la base, arricchita da patate lesse schiacciate per rendere l’impasto più morbido e duraturo. Lo strutto, quando disponibile, dava sofficità e sapore, mentre il lievito e il sale completavano la preparazione. Il cuore della pagnottella, però, custodiva una sorpresa: pomodorini freschi e alici sott’olio, un connubio tipicamente napoletano, capace di offrire in un solo morso la dolcezza dell’orto e la sapidità del mare.

Il rito della benedizione e la magia dell’attesa

Una volta pronte, le pagnottelle venivano cotte nei forni del convento fino a raggiungere una crosta dorata e fragrante. Il momento centrale della festa era la loro benedizione: il pane, carico di significato religioso, veniva distribuito durante la celebrazione o subito dopo, tra fedeli e poveri. Molti napoletani credevano che un pezzetto di pagnottella benedetta, conservato in casa, potesse proteggere la famiglia e portare abbondanza fino all’anno successivo.

Un filo di tradizione che resiste nel tempo

Oggi le pagnottelle di Santa Chiara non si trovano più facilmente: alcuni forni artigianali e comunità parrocchiali le preparano ancora in occasione dell’11 agosto, mantenendo viva una ricetta che è insieme patrimonio gastronomico e memoria spirituale. Chi ha la fortuna di assaggiarle scopre un sapore schietto, capace di raccontare in silenzio la storia di donne che, attraverso il pane, hanno saputo nutrire corpo e anima di un’intera città.

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