
Abbiamo già parlato in altre occasioni dei dazi che il presidente americano vuole imporre sui prodotti enogastronomici italiani: questa volta a essere a rischio è la pasta, che potrebbe subire un dazio del 107%. Il motivo di tale scelta risiede nell'accusa di dumping e potrebbe significare, almeno in parte, lo stop alle esportazioni di uno dei nostri prodotti di punta. Ma cerchiamo di capire bene cosa sta succedendo: ecco tutto quello che c'è da sapere.
L'accusa di dumping e dazi aumentati di oltre il 90%
Tutti già sappiamo che per i prodotti che vengono esportati in altri Paesi esistono delle tasse che il Paese di destinazione impone sulle importazioni: attualmente, negli Stati Uniti, i dazi sulla merce proveniente dall'Unione Europea sono del 15%. Adesso, il Dipartimento del Commercio statunitense, dopo un'indagine condotta, ha stabilito che, per la pasta, questa tassa debba essere aumentata di un ulteriore 91,74%. Questo perché pare che alcune aziende italiane siano state accusate di dumping: ma cosa vuol dire questa parola? Con questo termine si intende una pratica illegale, secondo cui le aziende abbassano il prezzo della loro merce – a volte addirittura sotto il costo di produzione – in modo da sbaragliare la concorrenza. Per evitare questo comportamento illecito, gli Stati decidono di applicare quelli che vengono chiamati "dazi antidumping", appunto.
Tornando alla nostra pasta, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha condotto un'analisi su alcune aziende italiane sospettate proprio di dumping: è emerso che, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2023 e il 30 giugno 2024, alcuni produttori – nello specifico La Molisana e Garofalo – hanno applicato un margine di dumping pari a 91,74% (ovvero a costi inferiori del 91,74%) e, proprio questa percentuale, è la maggiorazione che si vorrebbe applicare su tutto il settore coinvolto, portando così i dazi al 107% (il 91,74% + il 15% già applicato).
L'amministrazione americana, quindi, accusa, oltre queste due aziende, anche altri esportatori menzionati su cui però non ha effettuato alcuna verifica: "È inaccettabile che il provvedimento nei confronti della Molisana e del Pastificio Garofalo sia stato poi esteso a tutta una serie di altre aziende in maniera assolutamente ingiustificata" ha affermato Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia.

Cosa significa per i nostri prodotti?
Se questo scenario dovesse diventare definitivo (con decorrenza, probabilmente, da gennaio 2026), il prezzo della pasta di questi marchi – e quindi non di tutta la pasta italiana – negli Stati Uniti aumenterebbe di più del doppio, rendendo così questo prodotto praticamente inaccessibile per molti consumatori americani. A essere colpite sono state molte aziende note nel settore, oltre alle due citate precedentemente: tra di loro troviamo anche Pastificio Tamma, Rummo, Antiche Tradizioni Di Gragnano, Barilla, Pastificio Sgambaro e tanti altri. Tuttavia, l'entità del dazio potrebbe variare, con margini più bassi, soprattutto per chi produce prodotti direttamente sul suolo americano, come Barilla: per questo motivo, come riporta il Sole 24 Ore, La Molisana è già pronta ad aprire uno stabilimento negli Stati Uniti, secondo quanto affermato da Giuseppe Ferro, amministratore delegato dell'azienda.
Quali sono state le reazioni
Dopo una notizia del genere, ovviamente, non è tardata la risposta di tutte le aziende e le associazioni del settore. Il ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, sta già lavorando per esaminare i documenti riguardo questo presunto anti dumping che "farebbe scattare un meccanismo iper protezionista verso i nostri produttori di pasta del quale non vediamo né la necessità né alcuna giustificazione". Secondo Cristiano Laurenza, segretario di Pastai Unione Italiana Food, si tratta di "un insulto al prodotto del Made in Italy per eccellenza, segno che si tratta di una decisione politica e non tecnica", mentre per Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, è "un colpo mortale" per i prodotti italiani rischiando, tra l'altro, di aprire "un'autostrada ai prodotti Italian sounding, favorendo le imitazioni".
Per Luigi Scordamaglia, invece, con i dazi al 107% si rischia di spostare la produzione di prodotti italiani in territorio statunitense: "Di fatto con questo strumento Trump interviene mettendo un dazio di oltre il 90% sulle nostre esportazioni di pasta negli Usa che verrebbero di fatto bloccate dal 1 gennaio 2026 perché rese non competitive, a unico vantaggio delle imprese anche italiane, oltre che di altri Paesi, che hanno iniziato a delocalizzare la produzione negli Stati Uniti e che non sempre indicano con sufficiente chiarezza in etichetta la loro produzione non italiana".