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Li trovi nei menu clandestini di certi ristoranti, serviti sottobanco come “specialità per intenditori”. Sono i datteri di mare, molluschi protetti la cui pesca è vietata in Italia e in tutta l’Unione Europea. Dietro al loro sapore intenso, però, si nasconde uno dei crimini ambientali più gravi del Mediterraneo: per estrarli bisogna spaccare la roccia in cui vivono, cancellando in poche ore ecosistemi che la natura ha costruito in secoli. Non è solo un reato, punito con multe salate e persino l’arresto: è una ferita irreversibile al mare. Eppure, il mercato nero prospera, alimentato da chi è disposto a pagare — e distruggere — pur di assaggiare un “piatto proibito”.
Cosa sono i datteri di mare
Il dattero di mare (Lithophaga lithophaga) è un mollusco bivalve dalla forma allungata, simile a un piccolo dattero, di colore bruno. Vive incastonato nella roccia calcarea delle coste mediterranee, in particolare nelle zone ben ossigenate e soggette al moto ondoso. La sua crescita è lentissima: può impiegare fino a 20 anni per raggiungere pochi centimetri di lunghezza.
In passato, il dattero di mare era molto apprezzato per il gusto intenso e la consistenza tenera. veniva consumato crudo o appena scottato, spesso condito con limone. Ma il problema non è nel mollusco in sé, ma nel modo in cui viene raccolto.
Il problema ambientale: cosa dice la legge
Per estrarre un dattero di mare, infatti, non basta “staccarlo” dal fondale, come si farebbe con una patella: bisogna spaccare la roccia in cui vive. Questo significa distruggere interi tratti di scogliera e annientare l’ecosistema che vi si è formato nel corso di decenni. In questo modo anche coralli, spugne, alghe, piccoli pesci e altri invertebrati muoiono o perdono il loro habitat. E, poiché la ricrescita di questi ambienti è lentissima (anche più di un secolo), il danno è praticamente irreversibile.

In Italia, la pesca, la detenzione, il trasporto, la vendita e il consumo di datteri di mare sono vietati dal Decreto Ministeriale del 16 ottobre 1998. A livello europeo, il Regolamento (CE) n. 1967/2006 conferma il divieto in tutti i Paesi membri. Le pene non sono simboliche: chi pesca o commercia datteri di mare rischia arresto fino a 2 anni e multe fino a 12.000 euro, oltre al sequestro delle attrezzature e della merce.
Eppure, il mercato nero esiste: nonostante il divieto, il dattero di mare continua a circolare illegalmente. Alcuni ristoranti disonesti lo servono “sotto banco” a clienti compiacenti, spacciandolo per una rarità. Questo alimenta un traffico clandestino che danneggia il mare, finanzia attività criminali e mette a rischio la salute dei consumatori: non essendo controllati, questi molluschi possono contenere alti livelli di batteri o inquinanti.
Il messaggio è semplice: dì di NO
Se qualcuno vuole venderti o offrirti datteri di mare, rifiuta senza esitazioni. Non esiste alcuna giustificazione “tradizionale” o “gastronomica” che possa compensare la distruzione di un ecosistema marino che ha impiegato secoli per formarsi. Ogni dattero di mare servito in un piatto è il risultato di scogliere frantumate, habitat cancellati e specie annientate.

Consumare datteri di mare non è una bravata da intenditori, ma un atto che alimenta un mercato nero pericoloso, finanzia attività illegali e contribuisce a un crimine ambientale di proporzioni enormi. Dire di no significa proteggere il mare, difendere la legalità e scegliere di essere dalla parte di chi il Mediterraneo lo ama davvero.