
Saporita, intensa, magra, ricca di proteine: la carne di cinghiale è una selvaggina molto apprezzata e tutto sommato facilmente reperibile. Come altri ungulati, tra cui daini, caprioli e cervi, il cinghiale lega la sua disponibilità alla stagione della caccia: il suo nome scientifico è sus scrofa ed è l’antenato selvatico del maiale, con cui ha in comune molte caratteristiche fisiche, che riguardano anche le parti utilizzate in cucina e la loro lavorazione. Vivendo allo stato brado, una volta cacciato il cinghiale per arrivare sulle nostre tavole è sottoposto a rigorosi controlli sanitari, tra cui quello relativo alla trichinella, presentando un certificato veterinario che ne esclude la presenza di questo parassita che può attaccare anche l’uomo.
La carne è tenace e subisce un periodo di frollatura che ne intenerisce le fibre, operazione che viene fatta da macellai o addetti ai lavori nelle aziende in quanto necessita di celle con temperatura controllata e specifiche norme igieniche. La polpa, in particolare nei cinghiali adulti ha bisogno di una robusta marinatura prima di essere consumata, per eliminare la decisa nota selvaggia, che riguarda sia l’aroma sia il gusto, e per essere ulteriormente ammorbidita, così da risultare più digeribile. In genere, la marinatura si realizza a freddo con vino rosso, cipolla, sedano, carote, uno spicchio d’aglio, erbe aromatiche e spezie a scelta, lasciando riposare la carne in frigorifero per tutta la notte (come abbiamo fatto nel nostro cinghiale in umido). Per gli esemplari più giovani, fino ai 3 mesi non è necessaria.
A questo punto non ci resta che vedere come valorizzare questa preziosa materia prima ai fornelli, se esaltarla in rustici spezzatini, gustosi ragù o raffinati piatti a seconda del taglio che abbiamo a disposizione.
1. Filetto

Iniziamo con il taglio più pregiato: il filetto si ricava dalla lombata, e come nel maiale e nel manzo è una delle parti più rinomate, perché tenero e magro. Si presenta come un cilindro allungato di colore rosso intenso, da cucinare intero o, nella maggior parte delle volte, tagliato a medaglioni, protagonista di preparazioni eleganti dalla cottura è veloce. Il consiglio è quello di farlo rosolare brevemente prima in padella con un po’ di olio, per creare la crosticina esterna e poi passarlo in forno. Essendo una carne con poche infiltrazioni di grasso tende ad asciugarsi e per questo una salsa di accompagnamento è sempre raccomandata. Punta su un abbinamento collaudato tra selvaggina e agrodolce, con salse a base di miele, senape, frutti di bosco e mele.
2. Spalla e coscia

Seppur provengano da due parti dell’animale distinte – la spalla dagli arti anteriori e la coscia da quelli superiori – sono tagli che hanno più destinazioni d’uso, perché possono essere stagionati, quindi confezionando salumi e prosciutti, oppure consumati freschi. Entrambi sono magri, particolarmente indicati per i brasati e gli spezzatini in umido: tra le ricette più celebri c’è il cinghiale in salmì toscano, con la carne tagliata a cubotti lasciata prima marinare per almeno una notte e poi cotta sempre nel vino rosso. La spalla è leggermente più ricca di grasso rispetto alla coscia e la loro combinazione è ottima per macinati con cui fare le pappardelle al ragù, un altro grande classico. Un piatto altrettanto popolare è il cosciotto al forno, con la coscia che mantiene l’osso, restando più succosa: la cottura è quella di un arrosto al forno, profumando con aromi e bagnando con vino o brodo. L’aggiunta di scalogno, cipolla o gli ortaggi da soffritto aiutano a mantenere la carne umida.
3. Arista e lonza

Sempre dalla zona dorsale del maiale ecco altri due tagli molto noti, in quanto pur essendo magri hanno una buona quantità di grasso che li rende teneri e saporiti. L’arista è conosciuta anche come carrè, quindi la parte di lombo con l’osso, molto scenografica da fare al forno intera o da cui ricavare le bistecche, chiamate come nel caso del suino braciole, da mettere sulla griglia o sulla piastra. La lonza è, nella pratica, l’arista disossata, ed è più delicata: un buon modo di mantenerla morbida è farcirla, sia che si tratti di fettine, facendo degli involtini con erbe aromatiche, prosciutto e formaggio, sia un arrosto ripieno.
4. Costolette

Un taglio economico e prelibato del cinghiale è quello delle costolette, note anche come costine. Da un macellaio toscano è possibile sentire anche il termine rosticciana, come la ricetta a base di maiale che vuole il pezzo ricavato dalle costole dell’animale cotto intero alla griglia e poi porzionato nelle diverse costine. Si cucina in ugual modo anche con il cinghiale, ma bisogna fare attenzione a non dimenticarsi della marinatura, sempre con aromi, verdure e vino rosso, fondamentale per ammorbidire e ingentilire la nota selvatica delle carni. Le costolette sono valorizzate tradizionalmente anche con la cottura in umido, immerse nella passata di pomodoro, per ottenere contemporaneamente un sugo corposo per la pasta e un secondo piatto.
5. Altri tagli

Questi appena elencati sono i tagli del cinghiale che vengono maggiormente usati per portare in tavola questo tipo di selvaggina, ma le opzioni non finiscono qui. Anche se sono meno utilizzate rispetto alle precedenti, ci sono altre parti che vale la pena menzionare:
Guancia
La guancia è un taglio molto saporito, ricco di collagene che garantisce gusto e succulenza a patto che venga lasciata a lungo a fuoco dolce. Spazio ai brasati, agli stufati e, in genere, alle cotture in umido. Il sapore è intenso e robusto: la polpa va marinata e ben aromatizzata. Non è diffuso come quello di maiale, ma in commercio si può trovare anche il guanciale di cinghiale.
Pancia
Il trattamento che si dedicata alla pancia del cinghiale è molto simile a quello del suino: anche in questo caso, infatti, siamo di fronte a un taglio che presenta del grasso residuo, rispetto alla magrezza delle altre parti. L’antica arte della norcineria trasforma la pancia nella sfiziosa pancetta, mentre in chiave fresca si presta a essere farcita e cotta come un arrosto, oppure a bassa temperatura, per risultare tenerissima.
Stinco
Si tratta di un pezzo composto dai muscoli che circondano la tibia, situato nella parte inferiore della zampa del cinghiale, sotto la coscia. Un’area dell’animale che è sempre in movimento e che per questo abbonda di tessuto connettivo: vincono le cotture prolungate, meglio se associate a un liquido, come brodo, vino e birra.