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6 Giugno 2023 11:00

Chi è Cibo: lo street artist che copre i simboli fascisti con i piatti della nostra cucina

Pier Paolo Spinazzè, questo il nome di battesimo dell'artista, copre svastiche, croci celtiche e quant'altro con i prodotti e i piatti della nostra tradizione. Una sorta di "rieducazione" alimentare: "Copro il brutto con il buono" ci dice lo street artist.

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"Copro i simboli d'odio con qualcosa di buono e bello", questo il mantra di Pier Paolo Spinazzè, nome di battesimo di Cibo, lo street artist che da oltre 10 anni copre le scritte razziste, fasciste e di incitamento all'odio con la cosa più bella che ci sia: il cibo, appunto. L'artista scatena la potenza delle proprie bombolette contro svastiche, croci celtiche e altre simbologie di estrema destra con dipinti di pizze, fragole, budini e chi più ne ha più ne metta. Una vera e propria opera civica che sta riscrivendo l'arte contemporanea del Nord Italia, in particolare della zona di Verona, la città in cui vive Spinazzè. Una mission bellissima che sta davvero cambiando le cose: nascondere messaggi orrendi con i piatti della cucina italiana o le materie prime che ci hanno resi famosi in tutto il mondo. A volte i suoi lavori vengono danneggiati, sfregiati o distrutti ma non importa: Cibo risponde in maniera pacifica, rinnovando continuamente i soggetti della propria arte, arricchendo le "ricette da muro" che porta in giro.

Una fragola dove prima c'era una svastica

Dove prima c'erano le svastiche, oggi troviamo angurie, mozzarelle, pomodori e molto altro: Cibo copre brutte immagini con cose buone, realizzando dei dipinti con le bombolette spray in stile cartoon. Sono graffiti immediati, riconoscibili anche a distanza visti i colori accesi, che colpiscono sia gli adulti sia i bambini. Riesce a colorare muri vuoti, riempiti dall'odio, sostituendo frasi impronunciabili con l'ironia e la buona tavola.

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Per Spinazzè questa è una vera e propria opera di riconversione: "Cancello le scritte d'odio dai muri della mia città e le sostituisco con alimenti del territorio" dice l'artista, che ha dalla sua un occhio vispo e una faccia tosta che difficilmente si trovano in giro. Di questo entusiasmo ne ha bisogno anche perché "avere a che fare con gli estremisti non è mai una cosa buona. Sono persone violente, educate alla violenza ma sono molto stupidi e molto codardi, quindi uscendo di giorno non ci sono: loro escono solo di notte. Io mi mostro, non mi nascondo, di giorno sono protetto dalle persone comuni, dai bambini che giocano, dalle mamme che li accompagnano" ma ciononostante "molti degli estremisti tornano a cancellare i miei murales ma io sono più forte e quindi ci disegno nuovamente sopra. A volte li progetto proprio perché vengano rovinati. I fascisti migliorano la mia arte. Creo delle vere e proprie ricette, ampliando l'opera: posso cominciare con sedano, carote e cipolle, il classico soffritto, e poi aggiungerci il pomodoro, la pasta, i fagioli, qualsiasi cosa. Sono ricette da muro, solo alla fine scopri cosa c'è davvero". Dice queste parole senza mezzi termini e attacca una certa politica veronese che non fa il gioco della cittadinanza: "C'è il supporto di alcuni esponenti politici verso i razzisti di Verona. Non hai idea di quante denunce ricevo e fortunatamente c'è un avvocato che ha preso a cuore la questione e mi difende pro bono. I politici di Verona difendono l'ala di estrema destra: denunciano me per i disegni ma non i razzisti che scrivono frasi ingiuriose sui muri. È comico anche perché finora abbiamo vinto tutte le cause proprio perché lo faccio alla luce del sole. D'altra parte non penso ci sarà mai un giudice che mi condannerà per aver disegnato una cozza su un epiteto contro gli omosessuali, tanto per fare un esempio. Tra l'altro vorrei dire qualcosa a queste persone che tanto mi detestano: ci sono dei valori di destra che rispetto, come la patria o la famiglia. Non cancellerei mai un tricolore dal muro perché amo l'Italia. Se proprio vogliono esprimersi, riempissero il Paese di tricolori, non li toccherei mai. Ma finché vanno avanti con croci celtiche e svastiche, con frasi d'odio e minacce, non ho altra scelta che coprirli e sostituirli con qualcosa di buono e bello".

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Ma com'è nato questo "gioco" che lo ha reso famoso? In realtà Pier Paolo Spinazzè è un artista che ha tanti pseudonimi ed è possibile che tu abbia intravisto qualche suo lavoro in giro per l'Italia senza accorgertene. Ha dei "filoni" e per ognuno di questi, ha uno pseudonimo diverso. L'idea di Cibo arriva una decina d'anni fa perché "ero stufo di vedere tutti quei simboli d'odio tra le strade di Verona. Un po' per scherzo decisi di coprire una svastica con un würstel, quest'idea mi faceva ridere. Ho visto che funzionava per diversi motivi: siamo l'unico popolo che parla di cibo mentre mangia, che vede così tante trasmissioni, che studia così tante ricette, che mentre fa un pasto pensa a quello successivo e che parla di quello fatto in precedenza. Per noi è importantissimo e il cibo è super partes. Riesce a unirci e a mettere in comunicazione giovani e anziani, persone di destra o di sinistra. A tavola siamo felici, stiamo bene, quindi l'obiettivo era di usare il buono per coprire il cattivo".

Secondo Cibo "ogni cittadino dovrebbe fare qualcosa per la propria comunità, quindi lo faccio per questo motivo. Sono un ragazzo della campagna che ha preso a cuore la propria città e che usa i colori per renderla ancora più buona. Ho cancellato centinaia di croci celtiche e svastiche: eravamo abituati a vederle e non ci facevamo più caso e trovo assurdo che un simbolo atroce come una svastica venga percepito come parte del paesaggio cittadino. Questo era un problema molto serio a Verona e lo è tutt'ora. Ora ci facciamo caso proprio perché vediamo i disegni". La scelta del tema per coprire queste brutture è stata piuttosto immediata, stando a Spinazzè: il cibo è sacro per noi italiani, quindi è il suo modo di fare "arte sacra". Andare a disegnare piatti comuni che creano convivialità e discussione tra chi li vede: ci mette in comunicazione, è arte pubblica e diventa di tutti nel momento in cui se ne discute. Proprio per questo, secondo Spinazzè, i murales non sono suoi ma "sono di tutti, sono della cittadinanza che li vede".

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Quello che i piatti non dicono
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