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16 Aprile 2025
15:00

Che cos’è il pisco: l’anima distillata del Perù (e non solo)

Si tratta di un'acquavite d'uva chiara, aromatica e intensamente caratterizzata, considerata il distillato nazionale del Perù e del Cile. Perfetto per i cocktail, molto gustoso e dal sapore particolarmente intenso.

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pisco

Il pisco è il distillato tipico del Perù, un'acquavite di vino ottenuta dalla distillazione di vino fermentato da specifiche varietà di uva. È un distillato puro, nel senso che, a differenza di alcuni brandy, non può essere invecchiato in legno (o può esserlo solo in contenitori che non rilasciano aroma) e non prevede l'aggiunta di acqua dopo la distillazione. Questa è anche la principale differenza tra brandy e pisco: uno è invecchiato, l'altro no. Ha anche un profilo aromatico completamente diverso e una propria tradizione ma in linea di massima sta nell'invecchiamento la differenza. Il pisco è prodotto principalmente in Perù e in Cile, e proprio per questo nasce la secolare disputa sulla sua origine. Entrambi i Paesi rivendicano la paternità della bevanda, una questione che ha appassionato storici, produttori e amanti del buon bere anche perché questo prodotto è profondamente legato alla geografia, alla cultura e alla storia dei due Paesi andini che da secoli si contendono il titolo di "culla" di questo spirit.

Storia e origini del pisco

Per capire davvero il pisco dobbiamo partire dal XVI secolo, quando i conquistadores spagnoli portarono le prime viti in Sudamerica, soprattutto in Perù. Le zone costiere, come Ica, Arequipa e Moquegua, si rivelarono perfette per la coltivazione della vite. Lì, nel clima arido ma temperato dal Pacifico, le uve maturavano in modo eccellente. Nel Seicento, la produzione vinicola peruviana era talmente florida che iniziò a competere con quella importata dalla madrepatria. Gli spagnoli, per proteggere i propri produttori, arrivarono a vietare la produzione di vino in Perù. Fu proprio questo divieto a spingere molti agricoltori a trasformare il vino in distillato: nasce così il pisco che come molto spesso accade nella storia, ha la sua origine nella difficoltà sopraggiunta.

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Il nome deriva probabilmente dal porto di Pisco, nel sud del Perù, da cui partivano le navi cariche di botti dirette verso Panama e altri porti coloniali. Alcuni storici sostengono che il termine "pisco" sia di origine quechua (il gruppo di lingue originarie del Sudamerica) e significasse originariamente "uccello" o "contenitore", ma nel tempo è diventato anche il del distillato stesso.

Sembra tutto facile e lineare vero? No, non lo è, perché anche il Cile rivendica la paternità del pisco, con una propria zona chiamata "Pisco Elqui" e una produzione altrettanto antica. La questione è complessa e spesso addirittura fonte di tensioni diplomatiche: oggi entrambi i Paesi lo considerano prodotto nazionale e lo tutelano con denominazioni d’origine differenti. Il Perù si ritiene titolare della paternità perché la città di Pisco esisteva già prima della scoperta dell'America; il Cile non è così drastico e, anzi, accetta la cosa ma richiede che il termine "pisco" sia riferito anche alla loro bevanda nazionale. D'altro canto noi, in quanto europei, ci siamo schierati dalla parte del Perù e contemporaneamente riconosciamo il Cile grazie a un regolamento cervellotico. Il Regolamento (UE) n. 1065/2013 riconosce il termine "Pisco" come protetto e utilizzabile solo per il prodotto originale del Perù. La cosa bella è che c'è un accordo precedente in cui l'Europa accetta i distillati prodotti in Cile come Pisco e, quindi, nei bar puoi trovare sia delle acquaviti peruviane sia delle acquaviti cilene. I misteri della burocrazia continentale.

Come e dove si produce il pisco

Il pisco peruviano si produce esclusivamente in alcune regioni: Ica, Lima, Arequipa, Moquegua e parte della regione di Tacna. È un distillato non invecchiato, il che significa che dopo la distillazione viene lasciato riposare per almeno tre mesi in contenitori neutri (acciaio inox o vetro) per stabilizzarsi, ma non viene mai affinato in legno, perché deve mantenere la purezza del profilo aromatico dell’uva.

La produzione è interamente artigianale, regolamentata da una denominazione di origine controllata. Le uve utilizzate sono otto, suddivise in aromatiche (come Italia e Torontel) e non aromatiche (come Quebranta e Negra Criolla). Le uve vengono pigiate, fermentate naturalmente senza aggiunta di zuccheri, e poi distillate una sola volta in alambicchi di rame. Il risultato è un distillato puro, senza aggiunta di acqua né correzioni: il pisco peruviano esce dall’alambicco esattamente con il grado alcolico che trovi in bottiglia, una cosa molto rara nel mondo degli alcolici.

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Il pisco cileno, invece, si produce principalmente nelle regioni di Coquimbo e Atacama, con un processo leggermente diverso: è consentita una doppia distillazione e può essere diluito con acqua per regolarne la gradazione alcolica. Questo rende il pisco cileno generalmente più morbido e meno aromatico, ma più standardizzato nel gusto, forse migliore da usare in mixology mentre per il gusto in purezza dovresti assaggiare un pisco peruviano.

Le varietà di pisco

Quando bevi un pisco, non bevi solo un distillato: bevi il tipo di uva, la mano del produttore e la tradizione della zona in cui è nato, un po' come avviene con il vino, un alcolico con cui abbiamo più familiarità e che basa il proprio prestigio sul terroir e la biologia. In Perù esistono tre principali tipologie di pisco:

  • Puro: distillato da una sola varietà d’uva, solitamente Quebranta (la più diffusa), ma anche Italia o Negra Criolla. È il pisco più diretto, ideale per comprendere l'essenza di una specifica uva.
  • Aromáticas: ricavati da uve più profumate come Moscatel, Italia o Torontel. Il profilo aromatico è intenso, con sentori floreali, fruttati, quasi esplosivi. Se ami i distillati profumati, questo è il tuo campo di gioco.
  • Mosto Verde: qui il mosto viene distillato prima di completare del tutto la fermentazione, il che significa che parte degli zuccheri resta "intatto" e il prodotto finale è più complesso, morbido, elegante. È considerato il pisco di maggiore qualità e anche il più costoso.

Il Cile adotta una classificazione diversa, basata sul grado alcolico e meno focalizzata sulla varietà di uva. Anche per questo molti esperti ritengono che il pisco peruviano abbia una maggiore ricchezza espressiva e artigianale.

I cocktail a base di pisco

Probabilmente il cocktail più famoso a base di pisco lo conosci già: il Pisco Sour. È un vero simbolo nazionale, tanto in Perù quanto in Cile, e se fatto bene è un capolavoro. Gli ingredienti sono semplici: pisco, succo di lime fresco, sciroppo di zucchero, albume e qualche goccia di angostura. L’albume montato crea una spuma soffice, il lime bilancia la dolcezza, l’angostura aggiunge profondità. Il risultato è fresco, aromatico, elegante. Oltre al Pisco Sour, puoi provare anche il Chilcano, molto popolare in Perù: pisco, ginger ale, lime e bitter. Più semplice, dissetante, perfetto per l’aperitivo. C’è poi il Pisco Punch, nato curiosamente a San Francisco a fine ‘800, durante la corsa all’oro. È un cocktail storico a base di pisco, ananas e agrumi, riscoperto negli ultimi anni dai bartender più creativi.

Se sei appassionato di mixology, il pisco può diventare il tuo distillato "di rottura", per creare twist originali su classici come Martini, Negroni o Collins. La sua versatilità e aromaticità lo rendono ideale anche in miscelazioni moderne.

Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.
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