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31 Luglio 2025
16:00

Birre trappiste: cosa sono e che differenza c’è con le birre d’abbazia

La birra trappista è prodotta in abbazia da monaci trappisti secondo rigide regole, mentre quella d’abbazia si ispira alla tradizione monastica ma è di libera produzione. Scopriamo insieme tutte le curiosità che legano questi due prodotti.

A cura di Enrico Esente
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Se hai mai acquistato una birra e hai letto sull'etichetta "trappista" probabilmente avrai pensato che è quella fatta dai monaci. Dopodiché ti sarai imbattuto anche in un birra "d'abbazia" e avrai pensato alla stessa cosa o, magari incuriosito, ti sarai chiesto se fossero due prodotti uguali o differenti. Il mondo della birra può essere un bel labirinto tra nomi antichi, origini, tradizioni monastiche e marchi curiosi. Adesso mettiti comodo che cercheremo di spiegarti in modo semplice e chiaro le differenze sostanziali tra birra trappista e d'abbazia. Piccolo spoiler: sono due cose nettamente diverse.

Fare chiarezza con il boccale: la birra trappista e la certificazione ATP

Partiamo da un concetto abbastanza scontato, lo dice il nome: entrambe le birre (d'abbazia e trappista) hanno un forte legame con la tradizione monastica europea ma non sono la stessa cosa. Tutte e due condividono lo "stesso dna" ma viaggiano su due binari differenti. Iniziamo con quella più ortodossa: la birra trappista oltre ad avere un nome suggestivo, presenta un bollino esagonale disegnato sulla bottiglia. Trappista non è il nome di uno stile birrario (come Ipa, Pils, ecc), ma una certificazione. Per poter essere definita tale deve appunto possedere il bollino esagonale "Authentic Trappist Product" di cui facevamo menzione qualche riga più su. Oltre a questo deve rispettare rigorosamente tre criteri:

  1. Essere prodotta all'interno di un'abbazia trappista, quindi appartenente all'Ordine Cistercense della Stretta Osservanza. L'impianto produttivo deve trovarsi all'interno della struttura monastica.
  2. Deve essere realizzata da monaci trappisti o anche da personale laico purché sia supervisionato obbligatoriamente dai monaci.
  3. I ricavi devono essere investiti per il sostentamento della comunità monastica o devoluti a opere di carità, mai destinati al profitto.
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Una volta rispettati questi parametri poi una birra trappista può appartenere a qualsiasi stile. Al giorno d'oggi i birrifici trappisti attivi sono davvero pochi: undici per la precisione e inoltre sono divisi in sei nazioni diverse. La maggior parte si trovano in Belgio, Paese in cui la cultura della birra trappista è molto sentita. Qui vi sono cinque birrifici: Chimay, Orval, WestvleterenWestmalle e Rochefort. 

In Olanda ce ne sono due: La Trappe e Zundert. Gli altri quattro sono tra Austria, con la Engelszell, Inghilterra con la Tynt Meadow che si fa presso l'abbazia Mount St. Bernard e Usa con la Spencer. C'è una birra trappista anche italiana, la Tre Fontane che viene fatta nell'abbazia da cui prende il nome e che si trova a Roma. Il mondo trappista conta oltre 170 monasteri sparsi per il mondo, ma solo quelli indicati producono birra certificata con il logo esagonale ATP.

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È impostante sapere anche alcune curiosità storiche che ti faranno capire la solennità dei Trappisti e del perché oggi le loro birre siano così ricercate. L’Ordine dei Trappisti nasce fra il 1662 e il 1664 presso l’abbazia di La Trappe, in Normandia (Francia), come riforma interna all’Ordine Cistercense. Fu fondato dall’abate Armand-Jean Le Bouthillier de Rancé, che voleva riportare i monaci a una vita più austera e fedele alla Regola di San Benedetto. L’ordine nacque quindi per contrastare il lassismo e la mondanità che si erano diffusi in alcuni monasteri del tempo, promuovendo una vita basata su silenzio, penitenza, preghiera e lavoro manuale. Nel 1892 i Trappisti vennero riconosciuti ufficialmente come ramo autonomo: l’Ordine dei Cistercensi della Stretta Osservanza.

Birra d'abbazia: un territorio "più libero"

Se quindi adesso hai capito cos'è la birra trappista, ti starai chiedendo in effetti cosa sia invece quella d'abbazia. Come dicevamo, qui entriamo in un territorio molto più ampio e assolutamente più libero da vari disciplinari. Si tratta di birre che si ispirano alle ricette e alle tradizioni dei monasteri ma che in realtà non sono necessariamente prodotte dai monaci e neppure all'interno di un'abbazia. Alcune portano avanti un legame storico con un monastero esistente o scomparso, magari producendo su licenza, altri invece rievocano solo uno stile. Tutto questo ovviamente, ci teniamo a dirlo, non significa che queste siano birre di qualità inferiore, anzi alcune sono davvero eccellenti. Ma se ben hai capito, non posseggono l'aura e quel rigore di spiritualità che accompagna una vera trappista.

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A livello di gusto in realtà potrebbero anche assomigliarsi: entrambe sono ad alta fermentazione, corpose e con gradi alcolici sostenuti, anche se questa non è una regola fissa. Gli stili trappisti sono sostanzialmente tre: dubbel, tripel e quadrupel. Il primo (colore ambrato, quasi marrone) presenta un profilo ricco e complesso. Le tripel sono birre chiare, forti, complesse ma allo stesso tempo anche bilanciate e secche. Le quadrupel sono le più forti della famiglia trappista, quelle con il gusto più deciso e corposo.

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La differenza non sta quindi nel sapore ma nella filosofia produttiva di cui parlavamo precedentemente. Le birre trappiste sono legate a un contesto monastico autentico, vivente, in cui la produzione di birra è parte integrante della vita in comunità. Quella d'abbazia si muove con più libertà commerciale e meno rigore. Insomma alla fine la scelta sta tutta nell'esperienza che si desidera: se vuoi bere qualcosa che nasce da secoli di silenzio, preghiera e passione artigianale, la birra trappista è assolutamente consigliata. 

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A cura di
Enrico Esente
Laureato in Scienze della Comunicazione e giornalista professionista. Dopo le prime esperienze presso il Corriere del Mezzogiorno, Sky Sport e Rompipallone.it e un periodo di studio a Tokyo, ho orientato il mio percorso lavorativo verso il mondo dell’enogastronomia, spinto da una grande passione per la cultura gastronomica giapponese e un amore autentico per il buon cibo. Amo raccontare piccoli aneddoti legati alle abitudini alimentari di culture diverse, perché credo che il vero viaggio culturale inizi proprio a tavola.
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