
Siamo costantemente alla ricerca del modo perfetto per far venire i nostri impasti belli, soffici, ariosi, pieni di alveoli, profumati e chi più ne ha più ne metta. E stiamo lì ore e ore a provare le diverse tecniche: più acqua, meno acqua, riposo di due ore o di quindici, per non parlare di quando ci sentiamo così impavidi da cimentarci nella preparazione di pani di tutti i tipi. Ed è proprio per questa passione che ci prende di tanto in tanto che vogliamo parlarti dell'autolisi, una tecnica che serve a rendere l'impasto finale più soffice e malleabile, ma che non è adatta certo a tutti gli impasti. Ecco tutto quello che devi sapere sull'autolisi e per quali preparazioni è più indicata.
Cos'è l'autolisi
Scoperta dal chimico francese Raymond Calvel, si tratta di una tecnica utilizzata nella preparazione di pane, pizza e altri prodotti lievitati. In biologia, quando si parla di autolisi si fa riferimento a un processo di auto disgregazione di alcune cellule: il termine deriva dal greco ed è la fusione della parola auto, "sé stesso", e lysis, ossia perdita, dissoluzione.
Nel nostro caso, quello della panificazione, si tratta di un processo durante il quale gli enzimi presenti nella farina scompongono le proteine e gli amidi in essa contenuti. Per essere più chiari – o almeno ci proviamo – diciamo che gli enzimi chiamati amilasi iniziano a scomporre l'amido in zuccheri più semplici, migliorando, di conseguenza, la successiva lievitazione (ricordiamo che il lievito si nutre di zuccheri). Le proteasi, invece, tagliano le catene proteiche del glutine, rendendole più corte e flessibili: questo si traduce in un impasto più estensibile e meno tenace, con una maglia glutinica più equilibrata.
Acqua, farina e riposo: come si fa l'autolisi
La preparazione è proprio quella di un pre-impasto – come la biga o il poolish – e si ottiene mescolando acqua e farina, in proporzioni variabili, lasciati riposare per un tempo più o meno lungo. Anche in questo caso abbiamo l'unione di questi due ingredienti: non ci sono delle quantità precise né tanto meno dei tempi stabiliti da dover necessariamente rispettare, ma tutto dipende dal tipo di ricetta che vuoi ottenere.

Il procedimento comunque è sempre lo stesso e si articola in tre fasi: bisogna unire tutta la farina prevista dalla ricetta insieme a una percentuale d'acqua – c'è chi utilizza il 55% rispetto al peso della farina ma anche chi arriva al 75-80% e, in questo caso, bisogna allungare i tempi di riposo – e mescolare, giusto il tempo che la farina assorba tutta l'acqua. A questo punto, bisogna lasciar riposare il composto: i tempi possono variare dai 20 minuti a circa 4 o 5 ore, arrivando addirittura anche alle 24 ore ma, ripetiamo, ciò dipende dalla ricetta e anche dal tipo di farina che utilizzi (e più avanti ti spieghiamo perché). Trascorso il tempo di riposo, aggiungi sale, lievito ed eventuali altri ingredienti e impasta normalmente.
Perché farla e quando è consigliato evitare
Con la promessa di un impasto soffice, malleabile e facile da maneggiare, chi non userebbe questo tipo di tecnica per tutti gli impasti? Purtroppo però dobbiamo darti una triste notizia: non puoi usarla per tutto. O meglio, potenzialmente puoi prepararci qualsiasi cosa, ma in alcuni casi potresti solo complicare le cose e non avere il risultato sperato.
Per capire un po' meglio quando, ma soprattutto perché utilizzarla, abbiamo chiesto consiglio a Federico De Maria, proprietario de I Vesuviani, pizzeria Tre spicchi Gambero Rosso, che ci ha raccontato come e perché utilizza l'autolisi: "È una tecnica molto interessante per la panificazione perché ci consente di diminuire i tempi di lavorazione meccanica nell'impastatrice e, di conseguenza, ci aiuta a rendere più bassa la temperatura finale dell’impasto". I risultati, in alcuni casi, soprattutto per il pane, sono estremamente interessanti perché "dà maggiore estensibilità, migliora l'alveolatura e il volume del prodotto in cottura".

Ma, nonostante i notevoli vantaggi, la tecnica dell'autolisi è sconsigliata in alcune circostanze, ad esempio "quando si utilizzano farine troppo deboli o quando utilizzo un pre-fermento, come nel caso dell'impasto della nostra pala, perché quasi tutto il quantitativo di farina della ricetta è già nella biga e, quindi, i processi enzimatici sono già abbondantemente avanzati".
L'autolisi quindi è preferibile con farine forti – quelle che posseggono un elevato contenuto di proteine e di P/L, ossia il rapporto tra tenacità ed estensibilità – o quelle integrali e semi-integrali, che contengono ancora una percentuale più o meno alta di crusca, rendendo il processo di assorbimento dell'acqua più lento: con l'autolisi quindi hanno tutto il tempo di idratarsi nel modo corretto. Al contrario, farine più deboli potrebbero produrre un impasto appiccicoso, difficile da lavorare, e con una maglia glutinica troppo debole, a causa della prolungata fermentazione.