Il gestore di un locale, sia un ristorante sia un semplice bar, può decidere i prezzi che vuole per i servizi offerti? C'è una legge che li calmiera o li limita? A Como qualche giorno fa uno scontrino da 20 euro per acqua e caffè.
Ha fatto particolarmente discutere, sul finire di marzo, l'ennesimo scontrino della discordia uscito da un locale italiano. Se la scorsa estate era diventato virale un conto da oltre 500 euro per una cena di pesce nelle Marche, qualche giorno fa ha indignato e non poco uno scontrino da 20 euro equamente divisi tra un caffè e una bottiglia d'acqua da 750 cl.
Una cifra sproporzionata, anche se comunque uscita direttamente da un locale situato sul lago di Como. Anzi, "quel caro del lago di Como", verrebbe quasi da dire parafrasando un celebre passo del Manzoni, adattandolo a questa situazione di recente cronaca che ha fatto discutere e non poco. Soprattutto a livello di social. A questo punto un dubbio viene: il gestore di qualsiasi locale, sia bar o ristorante, può decidere i prezzi che vuole per i servizi a disposizione o le merci in vendita? Oppure questi devono essere calmierati secondo qualche legge di mercato?
Scontrini così pesanti, limitati comunque a luoghi particolarmente di tendenza, mondani, sono giustificati e giustificabili? Al netto di tutte le spese da sostenere (tra affitto, utente, personale ecc) per un gestore, lo stesso imprenditore può decidere i prezzi che vuole per i servizi messi a disposizione della clientela? Una bottiglia d'acqua, insomma, può arrivare a costare liberamente 10 euro? Si rischiano eventuali sanzioni per prezzi esorbitanti e fuori mercato? Ebbene, la legge in realtà non prevede nessun limite massimo per qualsiasi prezzo, quindi in sostanza sì, il gestore di un locale (sia bar o ristorante) può applicare le tariffe che vuole. L'importante, ma questo già l'abbiamo detto anche in altre sedi, che il listino sia messo ben in vista e il cliente sia informato chiaramente dei prezzi applicati all'interno, secondo quanto previsto dall'art. 180 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Pena una sanzione di 308 euro.
È ovvio che un bar in periferia non possa applicare prezzi di un bar, rimanendo nell'attualità, situato invece sul lago di Como (sono differenti i costi di gestione innanzitutto, tra affitto e altre spese), quindi in linea di massima sì: una bottiglia d'acqua può costare benissimo 1 euro nel primo e 10 volte tanto nel secondo. Essenziale però che il cliente lo sappia preventivamente, così da poter ponderare la sua scelta. Le tabelle con i prezzi devono anche prevedere eventuali maggiorazioni in caso di servizio al tavolo. Per quanto riguarda i prezzi in sé, quindi, non esiste nessuna norma in grado di limitarli. In poche parole se sulla tabella dei prezzi (visibile al pubblico) è segnalato il bicchiere d'acqua a 5 euro, allora dovremmo pagare tale cifra se vogliamo consumarlo. Senza poi sorprenderci per quanto battuto sullo scontrino.
Qualora, invece, il conto dovesse differire dai prezzi esposti al pubblico, allora il cliente è tenuto a pagare la cifra indicata in tabella, e potrà inoltre effettuare una segnalazione apposita alla Polizia Municipale per la pratica scorretta del locale. A maggior ragione se non ci sono indicazioni visibili riguardo i prezzi di servizi e merci.