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9 Giugno 2025 16:50

Report svela il lato oscuro della birra industriale. Trionfa la rivoluzione artigianale

L'inchiesta di Report sulla birra ha evidenziato le differenze tra birre industriali e artigianali, sottolineando l'importanza di qualità, corretta spillatura e consumo consapevole.

A cura di Enrico Esente
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Se pensi di conoscere bene la birra che bevi forse l'inchiesta realizzata da Report "Birra… e non sai cosa bevi" potrebbe farti ricredere. Firmata da Bernardo Iovene, il servizio ha fatto luce su un mercato da miliardi di euro rivelando segreti inattesi dietro le etichette più note, accedendo i riflettori sulla produzione industriale di massa. Grande spazio è stato dato poi alla rivoluzione artigianale o craft revolution, con la birra indipendente che sta ritornando al centro delle preferenze.

La valutazione negativa delle birre commerciali più vendute in Italia

Nel 2024 in Italia sono stati fatturati 101 miliardi di euro dal mercato della birra con una media a persona di 37,8 litri bevuti all'anno (gli anni scorsi la media era di 25 litri). A detenere il primato delle vendite con il 32% è Heineken, il cui gruppo ha acquistato altre birre italiane come Ichnusa, Moretti, Messina e Dreher. Al secondo posto c'è la giapponese Asahi con il 18% delle vendite grazie anche all'acquisizione di birre come Peroni e Kozel. Al terzo posto con il 10% c'è il gruppo ABinBev (primo nel mondo) che possiede marchi come Corona, Leffe, Stella Artois, Beck's, Tennent's e Bud. Durante l'episodio, grazie ad alcuni esperti sono state valutate le birre industriali più vendute in Italia (Peroni, Forst, Corona, Tennent's, ecc) con i pareri di personaggi dal calibro di Lorenzo "Kuaska" Dabove, uno dei massimi esperti mondiali di birra e promotore di quella artigianale, Luigi "Schigi" d'Amelio, Manuele Colonna e Carlo Schizzerotto (direttore consorzio birra italiana) che si sono lasciati andare a pareri non proprio esaltanti.

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Il voto non è andato oltre il sei politico. Eccessiva presenza di alcol, sapore troppo zuccherino e odore non proprio eccezionale: questa la valutazione degli esperti che hanno poi suggerito di non berle assolutamente a canna. Ciò che ha fatto più discutere è un problema relativo alla birra Ichnusa (birrificio di Assemini), dove un'azienda di fluoro vicina ha inquinato la falda acquifera. Iovene ha intervistato Ilaria Zaminga, responsabile della comunicazione Heinken Italia, che ha assicurato che in realtà tutto è in regola con l'acqua che viene filtrata per osmosi inversa che permette la rimozione dell'elemento chimico. Analisi indipendenti, però, hanno rivelato presenza di fluoro ben oltre i livelli consentiti. Per Heineken i livelli sono falsati perché le indagini sono fatte sulla birra (prodotto finito) e non sulla falda acquifera. Il programma della Rai lamenta una scarsa trasparenza da parte dell'Asl di Cagliari che, dopo diverse sollecitazioni telefoniche e via mail, non ha dato alcuna risposta che chiarificasse con certezza questi dati.

L'effetto della CO2: mai bere a canna

Nonostante nel nostro Paese sia un prodotto molto consumato, c'è ancora molta chiarezza da fare sul tema della birra. Ad esempio uno dei primi quesiti che in tanti si sono posti è quello del corretto metodo di spillatura e della schiuma (ritenuta superflua ma in realtà necessaria). L'inchiesta di Report si è occupata di tutto ciò che riguarda la birra e di come vada trattata e tutelata. Come si evince dalla puntata andata in onda su Rai 3, Iovene ha intervistato diversi mastri birrai ed esperti degustatori di birra che si sono concentrati sul ruolo dell'anidride carbonica presente nel prodotto. La CO2 in eccesso, se non correttamente gestita, può causare gonfiori e problemi gastrointestinali. Per questa motivazione gli esperti hanno fornito consigli pratici sulla spillatura suggerendo inoltre che non va mai bevuta "a canna", ossia direttamente dalla bottiglia.

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Questo perché berla in questo modo, spillarla/versarla senza far uscire la schiuma non permette alla CO2 in eccesso di liberarsi. Trasferirla in un bicchiere o spillarla correttamente permette all'anidride carbonica di "esplodere"direttamente all'esterno e non all'interno dello stomaco. La schiuma della birra, come suggerito dagli esperti, è quindi necessaria in quanto esalta i profumi e gli aromi del prodotto e protegge dall'ossidazione il liquido nel bicchiere. Michele Camastra, degustatore esperto intervistato da Report, suggerisce che la schiuma ovviamente non va bevuta e, per questa ragione, una volta spillata una birra in modo corretto, va bevuta con il gomito alzato guardando in alto, in questo modo, facendo scivolare il liquido sotto la schiuma, si evita di ingurgitare la CO2. 

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Nell'episodio si è parlato anche della "gestione" dei boccali che hanno un peso significativo sulla qualità della birra. Una volta usciti dalla lavastoviglie andrebbero riposti sopra a una piccola griglia che li separa dal piano cosicché possano arieggiare. Allo stesso modo il brillantante utilizzato per lavarli è un catalizzatore di CO2 e per questa ragione, prima di spillarci la birra dentro, andrebbero nuovamente sciacquati.

Birre vendute come artigianali ma che non lo sono

Nel corso della puntata grande spazio è stato dedicato anche a quel fenomeno conosciuto come "Craft Revolution" ossia rivoluzione artigianale. Gli esperti intervistati hanno spiegato che tanti pub o ristoranti, erroneamente, propongono alcune birre non filtrate (come la Ichnusa) nella lista di quelle artigianali. Questo è un errore grossolano in quanto la birra artigianale per essere tale, da disciplinare, non deve essere dipendente da multinazionali, non deve essere né pastorizzata e né filtrata. Durante l'episodio di Report la birra industriale è stata quindi data per netta perdente nei confronti di quella artigianale che è artefice proprio di una rivoluzione. La passione dell'artigianale è ritornata al centro del gusto di chi ama davvero questo prodotto: sperimentazione e valorizzazione battono la standardizzazione e la massificazione tipiche dell'industria tradizionale.

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I mastri birrai italiani si sono limitati a ricreare, con grande qualità, fantasia e dedizione, le birre della grande tradizione internazionale come quelle provenienti da Germania, Belgio e Gran Bretagna. Non c'è stato un vero e proprio Italian Style nel produrre birre artigianali. La rivoluzione artigianale italiana è iniziata in Piemonte nel 1996 e a Report sono state raccontate storie come quelle di Giovanni Faenza, mastro birraio che compra botti usate in precedenza per distillati di tutto il mondo per affinare i suoi prodotti. Il risultato? Birre eccezionali come la Choco Porter affinata in un ex botte di Bourbon o la Gose, birra salata di origine tedesca premiata persino in Germania.

Insomma, grazie alla rivoluzione della birra artigianale si premiano parametri come l'enfasi della qualità degli ingredienti, sperimentazione, creatività e innovazione. Con questo movimento l'intera industria ha migliorato la qualità dei propri prodotti diversificandone l'offerta e creando nuovi posti di lavoro.

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