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29 Settembre 2025 12:22

Ortaggi brutti e danneggiati? Recup li “salva” e li distribuisce a chi ne ha bisogno

Volontari provenienti da tutta Italia con un solo obiettivo: recuperare e donare gratuitamente tutti quei cibi che vengono scartati dai mercati italiani. Oggi sono presenti solo a Roma e a Milano, ma con il desiderio di poter presidiare tutto il Paese, contribuendo a ridurre lo spreco alimentare e l'inquinamento ambientale.

A cura di Arianna Ramaglia
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Foto dal profilo ufficiale Facebook Recup

Quanto sarebbe bello se non esistesse il problema dello spreco alimentare? Quanto sarebbe gratificante se potessimo pensare che le risorse vengano distribuite in maniera equa in tutte le zone del pianeta? Perché è un po' difficile, e fa pure male, pensare che, nel mondo, circa un miliardo di tonnellate di cibo viene gettato via, di cui 4 milioni solo in Italia.

Ma per fortuna c'è chi a queste cose ci pensa e si impegna per cercare di trovare una soluzione. In passato abbiamo già parlato del supermercato danese che vende soltanto cibi danneggiati o scaduti ma commestibili e ora vogliamo raccontarti di un'altra bellissima realtà, questa volta tutta italiana: si chiama Recup e salva il cibo scartato per donarlo a chi ne ha bisogno e, nel frattempo, salva anche il pianeta.

Quando il cibo di scarto diventa una possibilità per aiutare il prossimo

Presenti in 20 mercati rionali, i ragazzi di Recup hanno l'obiettivo di salvare tutti quegli alimenti considerati poco appetibili: frutta e verdura in eccesso, scartata solo perché considerata poco "bella". Nata nel 2016, il modello dell'associazione è su base volontaria, fatta di persone il cui unico desiderio è quello di dare una seconda possibilità a tutti quei prodotti visivamente brutti o che non possono essere adeguatamente conservati per mancanza di celle frigorifere, distribuendoli in maniera totalmente gratuita a chi lo desidera. Un obiettivo da perseguire con estrema dedizione, riuscendo a raggiungere cifre decisamente incoraggianti: come si legge sul loro sito ufficiale "solo nell’ultimo anno abbiamo salvato 343 tonnellate di cibo ancora buono".

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Foto dal profilo ufficiale Facebook Recup

Un traguardo degno di nota che si traduce anche in un forte impegno sociale, sostenendo tutte quelle persone che non hanno, purtroppo, la possibilità di procurarsi del cibo: si stima infatti che "in Italia 1 persona su 10 non ha cibo a sufficienza". Non si tratta quindi "solo" di salvare degli alimenti assolutamente sani e commestibili, ma anche cercare di ridurre una disuguaglianza esistente su ciò che riguarda un bene di prima necessità e a cui tutti dovrebbero avere accesso.

E se non fosse già abbastanza così, per i ragazzi di Recup lo spreco alimentare è un problema che riguarda anche l'ambiente, e non in modo secondario, perché porta "un drastico aumento dei rifiuti organici e della produzione di gas serra e CO2 equivalente con gravi ripercussioni in termini di cambiamento climatico, deforestazione e perdita della biodiversità". Quindi, salvare il cibo dai rifiuti non solo, in questo caso, aiuta migliaia di persone in difficoltà, ma contribuisce a limitare un problema che riguarda il benessere del nostro pianeta e, di conseguenza, il futuro nostro e delle generazioni successive.

C'è bisogno di regolamentazione

E se tutto questo non fosse solo l'eccezione, ma la regola? Questo è quello che probabilmente si sono domandati i ragazzi di Recup quando hanno deciso di chiedere che il recupero di cibo dai mercati diventi una pratica sostenuta e regolamentata dalle istituzioni, dando il via a una petizione con l'obiettivo di arrivare a 5.000 firme. La richiesta è rivolta ai rappresentanti di Governo e Parlamento italiano, all'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e al Tavolo di coordinamento per la prevenzione e il contrasto degli sprechi alimentari. Lo scopo è quello di far sì che tutto ciò che fanno nei 20 mercati che presiedono, tra Roma e Milano, possa essere fatto in tutti quelli italiani, che si aggirano intorno ai 5.600. Nello specifico, come riportato sul loro sito, viene chiesta l'applicazione di alcuni obblighi:

  • istituzione di aree di recupero e redistribuzione del cibo nei mercati rionali, dove i commercianti ambulanti possano portare la frutta e la verdura invenduta, in modo che possa essere redistribuita a chi ne fa richiesta, senza distinzioni;
  • assegnazione delle aree di recupero alle organizzazioni del terzo settore, senza oneri a carico delle stesse, perché la redistribuzione avvenga secondo criteri etici e senza l'obiettivo di lucrare, bensì con il solo obiettivo di raggiungere quante più persone possibili che fanno richiesta del cibo rimasto invenduto;
  • incentivi economici, anche eventualmente nella forma di sgravi fiscali per i commercianti rionali che decidono di conferire le eccedenze alimentari nelle aree di recupero (per esempio, minori tariffe comunali);
  • istituzione di una campagna di sensibilizzazione sullo spreco alimentare a livello nazionale che preveda iniziative di informazione dei consumatori e percorsi di formazione per gli operatori del settore alimentare che faticano a cambiare modelli organizzativi e sono ancora troppo poco attenti agli sprechi alimentari.

"Chiediamo inoltre la nomina di un rappresentante di Associazione RECUP tra i membri del Tavolo di coordinamento per la prevenzione e il contrasto degli sprechi alimentari, nell'ambito dei ‘quattro rappresentanti designati dalle associazioni comparativamente più rappresentative della distribuzione'". Perché la lotta allo spreco alimentare e la salvaguardia del pianeta è un problema che riguarda tutti noi e abbiamo il dovere di intervenire prima che sia troppo tardi.

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