
Se sei nato a Napoli, ci hai vissuto o semplicemente hai avuto un contatto diretto con la lingua partenopea, dovresti aver sentito almeno una volta il termine di cui oggi andremo a parlare. "Sij nu ricuttar!", ovvero "sei un ricottaro": una frase che spesso ti avranno ripetuto tua mamma e tuo padre, mentre eri steso sul letto a giocare ai videogiochi e oziare, piuttosto che studiare o lavorare. È un'espressione che arriva secca, diretta, senza bisogno di spiegazioni. A Napoli, e più in generale in Campania, tutti capiscono cosa significa e sanno che non è affatto un complimento, anzi. Eppure, come spesso capita nei linguaggi popolari regionali, dietro ogni espressione c'è sempre un significato che nasconde una storia più profonda. In questo caso passa dalla tavola alla società, dal cibo alla morale quotidiana. Oggi scopriremo insieme tutta l'etimologia di questo termine e magari, anche se provieni da altre città, potresti adottarlo e farlo tuo.
L’origine della parola: dalla ricotta al linguaggio popolare
Per ogni spiegazione che si rispetti, bisogna partire dall'etimologia del termine. Come avrai già intuito, ricottaro è una parola che ha a che fare con la ricotta, uno dei prodotti più antichi e diffusi della tradizione casearia campana e meridionale. La ricotta, come riportano fonti autorevoli quali l'Enciclopedia Treccani e numerosi studi di dialettologia partenopea, è il risultato della ricottura del siero del latte, un processo rapido che avviene dopo la produzione dei formaggi. Proprio questa caratteristica, e quindi dal fatto che richieda meno tempo rispetto alla produzione degli altri latticini, ha contribuito a creare un immaginario simbolico attorno al prodotto. Il ricottaro, in origine, era colui che produceva e vendeva ricotta, spesso ambulante e legato a un'economia povera e di sussistenza.

Con il passare dei secoli, il significato della parola ha iniziato lentamente a spostarsi. In una città come Napoli, storicamente fondata sul lavoro manuale, sull'ingegno e sulla fatica quotidiana, il mestiere del ricottaro è stato percepito come meno impegnativo e, da qui, arriviamo al significato vero e proprio. Chiamare qualcuno "ricottaro" implica il fatto che si stia dando del fannullone, scansafatiche o eccessivamente pigro a una persona. In sostanza, un ricottaro è colui che si rifiuta di lavorare, di cercare un'occupazione e preferisce poltrire ogni giorno, piuttosto che impegnarsi socialmente.
Insomma è anche uno che evita la fatica o che si accontenta del minimo indispensabile. Non si tratta neppure solo di una questione inerente al lavoro, ma di un atteggiamento verso la vita di una persona con poca personalità, che non ama prenderesi responsabilità o avere obblighi verso il dovere sociale.
Il paradosso della vera ricotta e dei casari
Dopo questa spiegazione, emerge poi un paradosso: il mestiere del casaro è una tradizione antichissima, che custodisce e tramanda un patrimonio di competenze e pratiche da secoli. Quindi chi davvero fa il "ricottaro", il casaro in questo caso, è davvero un fannullone? Ovviamente no, anzi è un mestiere che non ha nulla a che fare con la pigrizia. Produrre formaggi, latticini e anche la ricotta, significa avere una conoscenza del latte a 360 gradi e un'esperienza tramandata da generazione in generazione. I casari napoletani e campani, sono figure centrali della gastronomia locale, lavorano all'alba, seguono rituali precisi e custodiscono un sapere antico.

Il linguaggio popolare però non sempre segue la logica della realtà produttiva, ma quella della percezione sociale. Così la ricotta, alimento semplice ed immediato, diventa una metafora di chi nella vita cerca scorciatoie. Oggi la parola ricottaro è una di quelle che racconta Napoli. La si usa in famiglia, tra amici e compare spessissimo nelle discussioni quotidiane. È il classico rimprovero di mamma e papà che ti invogliano a fare di più, a impegnarti ogni giorno. Nella città partenopea, il cibo non è mai solo nutrimento: diventa misura del racconto sociale e quotidiano. Insomma, abbiamo appena descritto una storia che valeva la pena raccontare e, se mai vorrai dare del "ricottaro" a qualcuno, pensa a questo articolo.