
Se pensi a Genova il pensiero vola automaticamente a lei, la focaccia genovese, istituzione cittadina divenuta ormai un simbolo culinario di tutta la Liguria. La fügassa, che in dialetto ligure vuol dire “cotta al focolare”, è un vero must se visiti la città, rigorosamente da inzuppare nel latte o nel cappuccino quando è ancora appena tiepida e irresistibilmente croccante. Come tutte le ricette tradizionali, la focaccia è semplice solo all’apparenza: composta da pochi ingredienti – farina, acqua, lievito e poco altro – nella sua preparazione niente deve essere lasciato al caso se vuoi ottenerla perfetta, ovvero con dal tipico colore dorato, con l’interno morbido e l’esterno croccante, salata, umida, ben oliata e salata.
I passaggi più importanti? La lunga lievitazione e la realizzazione delle fossette. Si, proprio quei buchi che caratterizzano la superficie sono molto più di un vezzo estetico, sono un’operazione fondamentale per la perfetta focaccia: ti spieghiamo il perché e cosa è cambiato dalla ricetta più antica a quella attualmente riconosciuta come ufficiale dal disciplinare di produzione ufficiale stabilito dal Marchio Collettivo “Focaccia Genovese”.
La storia della focaccia genovese e il ruolo delle fossette
Prima di addentrarci nella scoperta del ruolo delle fossette, e di come questo passaggio sia cambiato nel corso del tempo, facciamo un piccolo salto indietro nel tempo alla scoperta delle origini della focaccia genovese. In generale, la focaccia è un alimento che vanta una storia davvero lunghissima: se ne trova traccia nella cultura mediterranea sin dei Fenici e dei Cartaginesi, e in seguito sia Greci che Romani ne avevano una loro versione. È probabile che non corrispondesse del tutto alla focaccia come la intendiamo noi oggi, ma di certo l’alimento preparato da queste antiche popolazioni ne è il diretto antenato.

Non è difficile immaginare come anche la focaccia genovese sia nata, agli albori della sua storia, proprio come derivazione dalla cultura alimentare dei Romani, anche se è difficile collocare con precisione le origini della ricetta: la sua prima citazione ufficiale si trova in un documento del ‘300, precisamente in un documento del 1392, un inventario dei beni di un fornaio in cui compare una “pala una magna pro fugacis”, una grande pala necessaria per introdurre nel forno un prodotto che sembrerebbe proprio l’antenato dell’odierna focaccia.
Nel ‘500 la diffusione di questo prodotto aumenta: sono tanti i documenti in cui compare e si racconta che fosse talmente diffusa da essere regolarmente mangiata perfino in chiesa in occasione di matrimoni e funerali, bevendo insieme del vino nel momento della benedizione, oltre ad essere presenza fissa nei banchetti delle tavole nobili. Si deve attendere però l’Ottocento per trovare la versione di focaccia più simile a quella attuale, anche se studiando le ricette originali si evince un’ulteriore evoluzione della ricetta stessa.
Ecco che arriviamo dunque alle nostre fossette, la cui presenza si trova già nelle ricette ottocentesche. Non sono un elemento trascurabile né un semplice fattore estetico, vengono per un motivo ben preciso: servono a trattenere la salamoia e l'olio d'oliva, perchè penetrano nell'impasto creando così una combinazione di interno soffice ed esterno croccante. L'olio e l'acqua, infatti, si raccolgono in queste cavità presenti sulla superficie, rendendo di conseguenza la focaccia molto saporita e migliorandone la consistenza, che proprio grazie ai famosi buchi diventa come da manuale, ovvero più morbida all’interno e leggermente croccante all’esterno.

Non solo: le fossette, abbondanti e realizzate rigorosamente con polpastrelli e falange delle dita, permettono all’aria di distribuirsi in modo omogeneo in tutte le parti dell’impasto, assicurando così la formazione di una struttura soffice e leggera durante l’ultimo periodo di riposo della focaccia prima della cottura in forno. Le fossette, infatti, si realizzano alla fine, una volta steso l’impasto nella teglia e dopo averle create è necessaria un’altra mezz’ora di riposo: questa è la fase in cui si aggiunge la salamoia e questa ultima lievitazione permette al composto di penetrare a fondo nell’impasto e di accumularsi nelle fossette, un passaggio fondamentale per ottenere la consistenza e il sapore perfetti. Le fossette sono anche un modo per capire se il tuo impasto ha lievitato bene e per il tempo necessario: quando premi con le dita e crei i buchi, infatti, l’impasto deve rimanere abbassato, se torna indietro quando lo tocchi vuol dire che non lo hai fatto lievitare abbastanza.
Fossette ieri e oggi: le differenze
Il procedimento di preparazione della focaccia ha subito diverse modifiche nella sua storia: esistono alcune differenze, infatti, tra la ricetta originale dell’Ottocento e quella odierna, in particolare per quanto riguarda il lievito (oggi è accettato il lievito chimico, spesso di birra, mentre un tempo si usava solo il lievito madre) e per quanto riguarda il modo in cui sono realizzate le fossette. Nella descrizione più antica degli alveoli si invitavano massaie e fornai a pizzicare appena la superficie della pasta, mentre ad oggi il modo di procedere è affondare per intero la falange delle dita nell’impasto per ottenere buchi profondi (ma senza bucare il fondo dell’impasto).

È difficile capire in quale momento, di preciso, gli alveoli pizzicati sono diventati gli iconici “occhi” – così vengono chiamati localmente dai genovesi – ma quello che è certo è che la focaccia ne ha guadagnato in sapore e consistenza, conferendo alla ricetta la morbidezza e il gusto che oggi la rendono tanto amata. Questa differenza indica come tutto si evolve, anche le ricette più tradizionali, ma senza perdere il loro animo legato alla tradizione. Tutt’oggi, infatti, eseguire i buchi sulla focaccia non è solo un gesto automatico: i panettieri genovesi assicurano che è un rito da eseguire con calma e delicatezza, quasi un gesto d’amore, il tocco finale di una preparazione lunga, che richiede tempo, attenzione e cura per risultare il prodotto tanto amato in Liguria e in tutta Italia.