Già da qualche mese la Tunisia ha vietato la pesca del polpo per tutelare la specie che è minacciata da sfruttamento eccessivo e cambiamenti climatici. Una scelta coraggiosa per salvare il Mediterraneo.
Al giorno d'oggi viviamo in un costante clima di crisi ambientale che, seppur in modo meno visibile, ha coinvolto anche i nostri mari. Oggi andremo a trattare una notizia che ti farà riflettere e forse sperare perché, già da qualche mese, la Tunisia ha vietato la pesca del polpo a tempo indeterminato. Lo sappiamo che è una scelta drastica ma, secondo il governo del Paese nordafricano, è stata necessaria per salvare una delle specie più affascinanti e intelligenti del mare. La nostra insaziabile golosità ha portato il polpo a essere a rischio estinzione in molte aree del Mediterraneo.
Se tutto questo non bastasse, dinanzi al declino dei polpi pescati in mare, alcune aziende di diversi paesi hanno proposto l'apertura di allevamenti intensivi. Grecia, Spagna e altre nazioni sul Mediterraneo stanno investendo milioni di euro per sviluppare tecnologie di acquacoltura dedicate ai cefalopodi. Tutto ciò ha sollevato più di un interrogativo per quanto riguarda sostenibilità ed eticità.
Per la prima volta la Tunisia ha deciso di vietare completamente la pesca del polpo su tutto il territorio. Stiamo parlando di una misura coraggiosa che va oltre i classici divieti stagionali. Il decreto del ministero dell'Agricoltura e della Pesca è stato pubblicato a fine marzo cogliendo impreparati tutti gli operatori di settore. A Tunisi e dintorni, durante l'arco dell'anno, c'è un tempo preciso per la pesca che solitamente va da novembre al 15 maggio. Con il decreto di marzo, le attività sono state improvvisamente interrotte con più di un mese di anticipo. Tutto ciò dimostra che la situazione stava diventando emergenziale e, per questa motivazione, si è preferito non aspettare ulteriore tempo che avrebbe trasformato la questione in un disastro da cui non si può più tornare indietro. Una scelta che comporterà tante, tantissime difficoltà economiche per migliaia di famiglie di pescatori che, come diverse persone nel Paese, non navigano nell'oro.
I tunisini lo avevano capito già da tempo che i polpi stavano sparendo dai mari, non si trattava di una sensazione ma di un vero e proprio allarme ecologico. Era da inizio anno che stavano segnalando che gli stock di octopus vulgaris – la specie più comune del Mediterraneo – sono stati "decimati". Tutto ciò è dovuto a una combinazione esplosiva tra sfruttamento eccessivo delle risorse, catture fuori stagione, esemplari troppo "piccoli" pescati prima del tempo e, sullo sfondo, un mare che si riscalda e cambia sempre di più.
Prendiamo come esempio le isole Kerkennah, un simbolo della pesca tradizionale in Tunisia. Oggi questo luogo è diventato il volto della crisi, qui la pesca del polpo è cultura, storia e sussistenza ma, da mesi, le reti tornano sempre più vuote. La volontà del governo del Paese del Nord Africa è quello di ripristinare l'equilibrio ecologico marino e garantire una sopravvivenza duratura alla popolazione dei polpi. Nonostante le varie difficoltà, anche i pescatori locali sono stati d'accordo con la decisione del governo che tuttavia ha annunciato piani di sostegno economico per le comunità colpite.
Quel che è certo è che ciò che ha fatto il governo tunisino è un gesto politico forte, capace di lanciare un messaggio che va ben oltre i confini del proprio Paese. Una decisione che ha acceso i riflettori sull'urgenza di cambiare approccio nel Mediterraneo dove i mari sono sempre più vuoti e la biodiversità è in crisi. Serve una pesca più selettiva, meno invasiva e regolamentata con rigore e visione a lungo termine. Di certo la soluzione non si troverà negli allevamenti intensivi, in quanto creature senzienti e quindi capaci di provare emozioni, richiudere questi animali in vasche strettissime sarebbe disumano. Bisogna agire prima che il silenzio diventi definitivo e ogni decisione presa sarebbe inutile per una situazione che potrebbe diventare irreversibile.