
Pochissimi ingredienti di base, farina di castagne, acqua, olio e un pizzico di sale che, combinati insieme, danno vita a una delle ricette più amate e diffuse dell’autunno italiano: è il castagnaccio, uno squisito dolce basso e umido, dal cuore morbido e compatto e dall'irresistibile crosticina croccante, ideale da portare in tavola a merenda o fine pasto insieme a una tazzina di caffè espresso. Proviene dalla cucina povera tradizionale della Toscana, è una ricetta plurisecolare ed ha superato di gran lunga i confini della sua regione di origine: il castagnaccio si trova nelle campagne e sui rilievi dell’Appenino, dove ovviamente sono più diffusi i castagni, con molte varianti regionali che si distinguono da nomi diverse e tipi di ingredienti aggiunti a questa combinazione base. Oggi vi raccontiamo la storia del castagnaccio e vi portiamo in viaggio alla scoperta delle varianti più famose e golose.
La storia del castagnaccio
L’impiego delle castagne nella cucina povera italiana risale a secoli fa: questi frutti tipicamente autunnali, grazie al loro ricco profilo nutritivo e alla loro grande versatilità, sono sempre stati una fonte fondamentale di nutrizione per le popolazioni che abitavano le regioni montane. Erano, infatti, facilmente coltivabili e fornivano un'importante fonte di carboidrati, essenziali soprattutto nelle zone dove altri cereali non crescevano facilmente.

Il castagnaccio rientra in questo filone di ricette realizzate usando le castagne. Come è nato questo dolce? Come tutte le preparazioni antiche e di origine contadina è difficile riuscire a stabilire esattamente come sia nato, né tanto meno la precisa ricetta perché ogni famiglia ha praticamente la sua versione e il suo modo di prepararlo. La storia più diffusa è quella per cui il castagnaccio nasce dall’inventiva di un lucchese di nome Pilade da Lucca, che pare sia stato l'inventore nel 1554 della prima torta di castagne. È quanto si legge nel Commentario delle più notabili et mostruose cose d'Italia e di altri luoghi, di Ortensio Landi (Venetia, 1553), che cita "Pilade da Lucca" come "il primo che facesse castagnazzi e di questo ne riportò loda".
L'uso di questa farina è probabilmente derivato dalla necessità di creare un alimento sostanzioso e facilmente conservabile per l'inverno, ottenuto da un impasto denso, corposo e nutriente a base di ingredienti facili da reperire; tradizionalmente veniva cotto su pietre calde o lastre di terracotta, poiché i forni a temperatura controllata non erano comuni nelle zone rurali. A lungo il castagnaccio rimase solo una specialità locale, poi nel 1644 iniziarono a essere note le prime varianti: ne parla il medico bolognese Vincenzo Tanara raccontando versioni che rendessero più dolce la torta, che di dolce ha ben poco; in questa occasione viene citata una variante con l’aggiunta di Parmigiano e cacio “grasso e tenero”.

Non a caso molto tempo dopo Pellegrino Artusi inserì “il migliaccio di farina dolce, volgarmente castagnaccio” tra i suoi “tramessi”, cioè le portate a cavallo tra dolce e salato che servivano a intervallare le pietanze durante un banchetto. Nel XIX secolo la ricetta prese a circolare altrove, incorporando nuovi ingredienti per arricchire il composto di base che, in origine, è molto semplice: la farina di castagne ricavata dalla macinazione delle castagne essiccate, densa, saziante e nutriente, si mescolava con acqua, olio e rosmarino per ottenere un pane basso, non lievitato, che sostituiva quello più prezioso ottenuto dalla farina di frumento.
Già in origine, però, non si conosceva una ricetta codificata del castagnaccio, perché trattandosi di una ricetta molto rurale ogni famiglia usava prepararne una sua versione in base agli ingredienti che aveva a disposizione. Alcuni ingredienti hanno però hanno iniziato a essere più apprezzati di altri, per esempio l’uvetta e i pinoli, che oggi sono diventati ufficialmente parte della ricetta considerata classica.
Le varianti regionali del castagnaccio
Il castagnaccio è diventato nei secoli il dolce autunnale per eccellenza ed è rimasta una tipicità associata principalmente alla Toscana dove viene preparato in varie occasioni come le feste patronali, le solennità religiose, ma anche solo come dolce da preparare la domenica, magari da offrire a parenti e amici in visita. Ma come abbiamo accennato, questa torta nel corso dei secoli è diventata popolare in molte altre zone, assumendo sapori, profumi, consistenze e nomi diversi in basi alle regioni; nella stessa Toscana ne esistono molteplici versioni, diverse in base alla zona di appartenenza. Vediamo alcuni tra i castagnacci più noti.
1. La torta di neccio
La farina di neccio, termine toscano che si riferisce alla castagna, ha un sapore caratteristico e una consistenza leggermente granulosa. Viene utilizzata per la preparazione di diversi piatti, tra cui la torta di neccio, una variante del castagnaccio a cui, oltre alle castagne mature e secche, si aggiungono pinoli e uvetta. Questi ingredienti conferiscono alla torta un sapore dolce e una consistenza più morbida rispetto al tradizionale castagnaccio.
2. La pattona
Nella a zona della Lunigiana troviamo la pattona, una versione che viene preparata con farina di castagne DOP della Lunigiana e che si distingue per la sua consistenza morbida e avvolgente, impreziosita da una leggera nota di dolcezza e un profondo sapore di castagne tostate, arricchita dalla presenza di pinoli e uvetta. Lo spessore è molto sottile, circa 1-2 centimetri, motivo per cui ricorda più un piccolo pane sottile che un dolce: secondo la tradizione il nome deriva proprio da questa caratteristica, in particolare dal movimento fatto con le mano per schiacciare l’impasto e renderlo ancora più sottile. Tradizionalmente si cuoce nel forno a legna, avvolto in foglie di castagno.

3. Il ghirighio
Questa variante è tipica della Toscana, ma anche dell'Umbria. Il ghirighio è una torta molto sottile, fatta con farina di castagne e acqua, a cui si aggiungono pinoli e uvetta. Si cuoce in forno per circa 30 minuti e viene servita tiepida o fredda. Dolce tipico dell’autunno, si accompagna con una bevanda calda o con una macedonia di frutta.
4. Castagnaccio ligure
Il castagnaccio ligure, conosciuto nella regione anche come pan di castagne, è sempre stato considerato il dolce dei bambini, che solitamente lo portavano a scuola avvolto nella carta per gustarlo durante la ricreazione; oggi viene considerato un tipico dolce da merenda ed è entrato a far parte della tradizione gastronomica ligure. Cosa lo distingue dagli altri? L’uso dei semi di finocchio, che si mescolano con la farina di castagne direttamente nell’impasto, per poi decorare la superficie con olio, pinoli e uvetta.
5. Con mele e amaretti: la versione piemontese
In Piemonte non esiste solo una versione locale del castagnaccio ma ben due: la prima è una torta alta e soffice, una variante molto ricca perché all’impasto si aggiungono mele renette, latte e miele, dando come risultato un dolce un po’ più elaborato. Ne esiste anche una seconda versione, dal sapore ancora più complesso, che prevede di arricchire ulteriormente l'impasto con amaretti sbriciolati.
6. La versione pugliese
Niente rosmarino, né uvetta: la versione pugliese del castagnaccio si discosta ampiamente da quella originale, con cui ha in comune praticamente solo la farina di castagne. In questo caso si usano infatti anche cacao, uova e zucchero, ma soprattutto si aggiunge il lievito, che rende il dolce una vera e propria torta molto più alta e morbida rispetto al castagnaccio originale. È tipica del periodo autunnale, ma si consuma tradizionalmente anche durante le festività natalizie.
7. Il castagnaccio calabrese
Pinoli e uvetta, oltre ovviamente alla farina di castagne, fanno invece parte del castagnaccio calabrese come vuole la tradizione, ma la versione calabra si arricchisce anche di noci e, talvolta, scorza d'arancia e miele. Può essere tagliato in piccoli quadrati o rombi e gustato a temperatura ambiente. La combinazione di sapori, tra cui il dolce delle castagne, il croccante delle noci e l'aroma agrumato della scorza d'arancia, rende questo dolce un'autentica delizia per il palato e una rappresentazione delle ricche tradizioni culinarie della Calabria.
8. La variante sarda, al mirto
La versione sarda del castagnaccio è il perfetto esempio di come una regione possa “personalizzare” una ricetta aggiungendo ingredienti tipici della sua terra e dandole così una o più note distintive che la rendono unica. Il castagnaccio sardo, infatti, oltre a farina di castagne, pinoli e miele, prevede che l'impasto venga profumato con un po' di liquore di mirto, un'erba aromatica tipica della Sardegna che conferisce un profumo e un sapore unici al dolce.