Nata nel 4500 a.C. da alcune popolazioni delle steppe asiatiche, il kumis è una bevanda realizzata attraverso la fermentazione del latte di giumenta. Ha un sapore acidulo, è leggermente alcolico e viene spesso servito come segno di ospitalità e rispetto.
Forse poco conosciuto qui da noi, il kumis è una bevanda che affonda le sue radici nelle popolazioni e nelle tribù dell’Asia Centrale. Si tratta di latte di giumenta fermentato, nato all’incirca nel 4500 a.C., e oggi diffuso in tutto il continente asiatico per il suo sapore unico e le sue particolari caratteristiche. Ritenuto indispensabile per la vita quotidiana da alcuni popoli come i Mongoli e i Kazaki, il kumis non solo nutriva e idratava, ma si credeva avesse anche delle proprietà terapeutiche, utilizzato per contrastare ad esempio malattie respiratorie e combattere l'affaticamento.
Conosciuto anche come koumiss o kumiss, chiamato dai turchi kumiz, dai mongoli airag e dai russi araga, il kumis è una bevanda dalle origini antichissime: pare infatti sia nata circa cinquemila anni fa nelle zone dell’Asia Centrale, dove si sviluppò l’antica cultura Botai, ossia quella dei primi pastori di cavalli. Fino ad allora infatti, questi animali venivano cacciati per la loro carne, ma questa popolazione riuscì ad addomesticarli, trasformandoli così in un utilissimo mezzo di trasporto, e non solo. Pare siano stati loro i primi a fermentare il latte di giumenta, in quanto non poteva essere consumato in purezza a causa dei suoi effetti lassativi: è da qui che nasce il kumis.
Tradizionalmente viene servito freddo o gelato, all’interno di alcune coppette senza manico chiamate piyala e viene consumato in particolare dalle popolazioni nomadi russe e centroasiatiche perché si ritiene possegga diverse proprietà benefiche. In alcuni Paesi come la Mongolia e il Kirghizistan, le popolazioni che vivono all’interno delle yurte o gher – abitazioni mobili dei popoli nomadi – offrono generalmente agli ospiti il kumis in segno di ospitalità e rispetto. In alcune occasioni poi, come i matrimoni, viene servito come bevanda principale e ancora oggi continua ad avere un forte valore simbolico: condividere il kumis è visto come un modo per rafforzare i legami di solidarietà e di comunità.
Partiamo dal principio: il kumis fa parte delle bevande fermentate, deriva dal latte ed è considerata una bevanda alcolica, allo stesso livello della birra. Con quest’ultima, e anche con il vino, condivide il processo di fermentazione che avviene, più o meno, allo stesso modo: una differenza però risiede in uno degli ingredienti principali, infatti nel kumis questo processo non si realizza per via di cereali o frutta, ma da batteri lattici e, come gli altri due, da lieviti. La sua fermentazione avviene su due livelli: da un lato abbiamo quella lattica, in cui i batteri trasformano il lattosio in acido lattico, e dall’altro quella alcolica, in cui i lieviti trasformano parte dello zucchero in alcol etilico e anidride carbonica. La fermentazione prende il via da una tecnica molto particolare: il latte viene agitato in alcuni contenitori che, tradizionalmente, venivano realizzati in pelle di cavallo o capra, mentre oggi sono perlopiù di plastica o legno.
Il kumis è una delle poche bevande fermentate a base di latte e, a differenza del kefir a cui spesso viene paragonato, ha una gradazione alcolica più alta (tra l’1% e il 4%) per via del latte impiegato nella sua preparazione: il latte di giumenta infatti contiene più zuccheri rispetto ad altri tipi, come quello vaccino o di capra, e di conseguenza i lieviti che producono alcol hanno più cibo con cui alimentarsi. Da questo processo ne deriva una bevanda leggermente frizzante, schiumosa e con un gusto che va dall’agro al lievemente dolce.