;)
Tra le specialità più rinomate della nostra gastronomia un posto d’onore lo occupa senza dubbio il tartufo: un fungo che cresce sotto terra – detto perciò ipogeo – che vive in simbiosi con le radici di alcuni alberi, come querce, pioppi, castagni, noccioli a seconda del territorio. In Italia se ne contano diverse varietà commestibili distribuite in quasi tutte le regioni, con caratteristiche peculiari che le contraddistinguono l’una dall’altra: a spiccare per il loro valore sono il Tuber Magnatum Pico, il tartufo bianco (famosi quelli di Alba e di Acqualagna) e il Tuber melanosporum, ovvero il tartufo nero pregiato. Ne basta pochissimo, lamellato o grattugiato, per dare un sapore e un aroma distintivo a risotti, pastasciutte, uova e crostini, portando in tavola ricette raffinate: d’altronde i costi sono elevati e quando si ha la possibilità di comprare un tartufo fresco – da consumare nel giro di pochi giorni per godere pienamente delle sue proprietà organolettiche – è difficile capire se si ha davanti un prodotto di qualità. Purtroppo, per riconoscerlo serve molta esperienza e il modo migliore per tornare a casa con un tartufo sopraffino è quello di affidarsi a rivenditori garantiti. Nonostante questo, mettere in funzione i propri sensi può orientare anche chi è alle prime armi, così da arrivare preparati al momento dell’acquisto. In che modo? Vista, tatto e olfatto diventano gli strumenti per valutare la freschezza di un tartufo, notando la brillantezza del colore, l’integrità della superficie, la consistenza soda e compatta e l’intensità del profumo. Di seguito, ecco a cosa fare attenzione.
Esame visivo
Diciamo subito che a seconda delle varietà i tartufi hanno forme differenti, solitamente più arrotondate nei tartufi bianchi e maggiormente irregolari in quelli neri: sotto questo aspetto non ne esiste uno migliore di un altro. Le dimensioni contano? Sì, ma fino a un certo punto: a livello economico ed estetico un tartufo grande tende ad avere più valore, ma non è sinonimo di freschezza e, di conseguenza, di bontà. In termini puramente pratici, un tartufo grosso e globoso può essere più facile da maneggiare quando si pulisce e si affetta, ma non è detto che sia eccellente. Quindi, quali dettagli osservare davvero?

Colore
La parte esterna del tartufo, la sua "scorza" che sembra una corteccia si chiama peridio e l’analisi visiva non può che partire da qui. Il colore varia a seconda della tipologia di tartufo, con quello bianco che lo vuole chiaro, con tonalità che spaziano dal giallo-ocra al verdognolo, mentre in quello nero è scuro. In entrambi i casi, però, deve essere brillante e mai opaco, sintomo di un tartufo vecchio o conservato male.
Superficie
Tendenzialmente liscia nei tartufi bianchi e rugosa in quelli neri, la superficie è preferibile che sia integra, priva di spaccature o di graffi: questo in particolare è importante perché è indice di una cavatura (quando si porta alla luce il tartufo) fatta con la maggior cura possibile e comporta un mantenimento più lungo del fungo, in quanto l’interno è protetto.
Gleba
Si tratta della parte interna del tartufo che contiene le spore. Anch’essa nasconde indizi fondamentali per capire se siamo di fronte a un tartufo fresco, ma la sua ispezione può avvenire solo tra le mura domestiche. Una polpa marmorizzata, senza macchie, è indice di una giusta maturazione.

Esame tattile
Guardare e non toccare? Spesso, succede proprio così, per ovviare a possibili danni al prodotto. Se il venditore ti permette di tastare il tartufo, allora fai caso alla sua consistenza: deve essere soda, compatta, ma non dura come la pietra o sei davanti a un tartufo passato. Un esemplare non più buono perché probabilmente ha iniziato a marcire, invece, si presenta molle e spugnoso, mentre dovrebbe fare una certa resistenza quando premuto con delicatezza.
Esame olfattivo
L’olfatto è probabilmente l’alleato più valido, nonostante debba essere allenato a distinguere i tratti caratteristici delle diverse tipologie. Come regola generale, il profumo è intenso e ben distinguibile: se affievolito significa che il tartufo potrebbe essere stato raccolto troppo tempo prima. In linea di massima, nel tartufo bianco si riconoscono sentori di aglio, funghi e miele, mentre nel nero prevalgono note terrose di sottobosco: se percepisci un odore di gas, stile metano, è perfettamente normale: anzi, è una sfumatura tipica, tanto che i detrattori dicono che il tartufo “puzza”. Quello che non va bene, invece, è un tartufo inodore o, al contrario, che sa di ammoniaca e fermentazioni acide, segno di deperimento.