Un piacevole pasto rischia di concludersi con una incomprensione che vede protagonista l'amaro e i digestivi in genere: per molti avventori si tratta di un bicchierino gratis, ma non c'è nessuna legge che obbliga il ristoratore a offrilo.
Quello dell’amaro è un rito molto amato che chiude pranzi e cene al ristorante. Un gesto che, in realtà, più che favorire la digestione, promuove la condivisione, venendo il più delle volte considerato un segno di ospitalità per cui non si deve mettere mano al portafoglio. E qui sorge una domanda: il ristoratore deve offrirlo quel bicchierino alcolico finale, sia anche di limoncello, grappa o liquore della casa? Rispondiamo subito alla domanda: no, non è obbligatorio. Nessuna legge, infatti, impone di regalare l’amaro o qualsiasi altro prodotto a conclusione di un pasto, così come il cliente non ha diritto di pretenderlo per sorseggiarlo al bancone o al tavolo dopo aver pagato. Si tratta di una scelta del locale, che può decidere di proporlo gratuitamente oppure di procedere come con un classico ordine che rientra nel conto: quello che è importante è ci sia coerenza e una chiara comunicazione a riguardo.
Se non è un obbligo, allora perché in tanti ristoranti si offre l’amaro a fine pasto? La risposta è semplice: per fidelizzare. Dare un bicchiere di liquore senza farlo “pesare” sul prezzo finale è un gesto di cortesia che può lasciare un buon ricordo dell’esperienza e far nascere quel sentimento di gratitudine che, magari, convince il cliente a tornare. È una forma efficace di marketing relazionale, un modo per concludere il servizio con un momento familiare, durante il quale spesso si scambia anche qualche parola.
Tuttavia, c’è una questione abbastanza delicata da affrontare per il ristoratore: quando e a chi si offre? Se l’intenzione è quella di “premiare” un frequentatore abituale, oppure chi ha ordinato in abbondanza o ha lasciato una mancia generosa, il rischio è di far percepire agli altri clienti un trattamento di serie B. E questo, in un’epoca in cui tutto si racconta sui social o si scrive in una recensione online, può generare danni d’immagine più che vantaggi. Per questo motivo molti esercenti ripiegano su una linea netta, o si offre l’amaro a tutti, o non lo si offre a nessuno, con qualche “licenza poetica”: se l’orario è vicino alla chiusura e ci sono pochi avventori affezionati, capita che gli amari vengano elargiti gratuitamente, cosa che non è avvenuta durante il servizio.
Esistono poi casi in cui il bicchierino si proponga a un tavolo come segno di scuse, per un’attesa troppo lunga o un disguido: un modo per rimediare a un imprevisto sottolineando la propria attenzione nei confronti del cliente.
Nei ristoranti gli amari compaiono nelle ultime pagine del menu, tra liquori, distillati e digestivi in genere, con indicato il relativo prezzo: tutto ciò che è in vendita e di cui si richiede un pagamento, infatti, deve essere inserito proprio per non incorrere in incomprensioni tra le due parti, come spesso avviene per il coperto o il cestino del pane che si materializzano sul conto senza essere previsti. Si tratta di un prodotto che ha un valore economico, da cui il ristoratore decide di trarre un profitto: in determinate situazioni la lista si compone di selezioni d’autore, con la possibilità di far scegliere al cliente etichette artigianali e insolite, valorizzando il lavoro di piccole distillerie. Nei locali di fascia medio-alta, l’amaro diventa parte integrante del racconto gastronomico, curando la proposta come quella del cibo e dei vini serviti. Quindi, se non esplicitamente indicato dal ristoratore o dal personale, l’amaro ordinato non è offerto, ma si paga.