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4 Gennaio 2022 15:00

Utili e pericolosi: cosa sono i cetrioli di mare e perché dal 2022 è vietato pescarli

Qualche tempo fa è stata firmata una legge che vieta la raccolta dei cetrioli di mare dai fondali. Niente più pesca di oloturie insomma, specie fondamentale per la salvaguardia della biodiversità subacquea ma anche potenzialmente dannosa per la nostra salute.

A cura di Alessandro Creta
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Per mantenere per quanto possibile inalterato l’ecosistema marino, dal 1 gennaio del 2022 in Italia è stata vietata la pesca delle oloturie, specie più comunemente conosciuta come cetriolo di mare. La raccolta incontrollata di questi autentici spazzini dei fondali non solo sta mettendo a grave rischio la biodiversità marina, ma anche la salute di chi si ritrova a consumare esemplari potenzialmente molto dannosi per l’uomo. Appartenenti alla famiglia degli echinodermi, le oloturie (nome scientifico Holothuroidee) sono conosciute anche come cetrioli di mare per via della loro forma allungata, simile a quella del famoso ortaggio.

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Al mondo ne esistono 377 specie (di cui 16 considerate a rischio estinzione), per lo più in acque temperate o tropicali, e il loro ruolo come detto è quello di “pulire” i fondali. Si nutrono infatti delle particelle organiche del fango e la loro asportazione massiccia sta comprensibilmente mettendo a rischio l’ecosistema marino. In Italia ma non solo.

Ma per quale motivo c’è una caccia (anzi, una pesca) così sfrenata? Le oloturie hanno un grande valore commerciale: sono considerate delle autentiche prelibatezze in molti Paesi, tanto da raggiungere anche i 100 dollari al chilo. Non solo, alcune varietà particolarmente pregiate possono costarne anche tremila.

Cetrioli di mare: firmata la legge per il divieto di raccolta

Il loro ruolo all’interno dei mari è fondamentale: tramite le oloturie avviene un riciclo di sostanze nutritive che può, conseguentemente, alimentare alghe, coralli e altre specie della flora subacquea. Allo stesso tempo, però, l’uomo mangiando una specie “spazzina” dei mari rischia di incorrere in intossicazioni alimentari. Questi animali possono assorbire virus, batteri, tossine, e per questo la loro pesca (a livello mondiale) è limitata a tratti di mare non inquinati.

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Dopo la firma della legge che ne vieta la pesca il sottosegretario Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) Francesco Battistoni ha dichiarato: “La decisione è stata presa alla luce di un sempre maggiore prelievo della risorsa ittica in questione, che ricordo essere destinata principalmente ai mercati extracomunitari – specifica il Senatore – … questo tipo di pesca potrebbe portare ad un impatto severo nelle aree ecologicamente di grande pregio, e questo avrebbe degli effetti negativi sulla biodiversità”.

Recentemente alcuni pescatori pugliesi sono finiti a processo con l’accusa di asportazione di oloturie dai fondali marini. Nello specifico gli indagati dovranno rispondere del reato (risalente addirittura al 2016) di inquinamento ambientale, per aver procurato un significativo deterioramento del tratto in cui questi esemplari (per un totale di 11 tonnellate, destinate al mercato estero) sono stati pescati in modo abusivo.

Anche la Sardegna ha adottato un provvedimento simile, ma che riguarda i ricci di mare. La loro pesca è stata vietata fino al 2024, per permettere ai fondali di ripopolarsi di questa specie.

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